Willamette, Colorado. È il 19 settembre e qualcosa non va. La città è stata posta sotto quarantena dall’Esercito degli Stati Uniti. Alla TV ancora non se ne parla. È per questo che il foto reporter freelance Frank West si è recato sul posto per scoprire che sta succedendo. Giunto sul posto in elicottero, si accorda col pilota Ed: dovrà essere al rendez vous point sul tetto del centro commerciale entro tre giorni (il 22 settembre alle 12:00) se non vuole essere abbandonato lì. Le riconoscete? Queste sono le esatte premesse di Dead Rising Deluxe Remaster.
Capcom ha deciso di mantenere inalterato gran parte del lavoro già fatto e di offrire ai videogiocatori abbastanza miglioramenti da far percepire il titolo come ancora fresco e più vicino agli standard moderni, ma non troppo da risultare alieno a chi lo ha giocato per la prima volta quasi 20 anni fa. Ryosuke Murai, director del progetto è stato categorico: “non siamo di fronte a un remake, ma una remastered”.
Eppure va detto che una rimasterizzazione c’era già stata. Era il 2016 e il gioco originale festeggiava i suoi primi 10 anni dall’uscita. Capcom per quell’occasione decise di rsipolverare anche il capitolo due e di proporre un bundle con entrambi i giochi (che potevano pure essere acquistati separatamente). Quindi Murai si sbaglia? Non proprio: per quanto riportato agli standard che ci si aspetterebbe da un qualsiasi gioco nel 2024, Dead Rising Deluxe Remaster è – quasi – esattamente come l’originale, con le stesse meccaniche, la stessa trama e personaggi, lo stesso svolgimento e gli stessi limiti.
Un restyle parziale
Il team di Murai, quindi, non ha apportato modifiche che non fossero puramente di natura estatica. I modelli dei personaggi sono migliorati, gli ambienti più dettagliati, il framerate è più stabile. In termini squistamente ludici però, la Deluxe Remaster non presenta alcun tipo di differenza rispetto all’originale del 2006 o all’altro rilancio di quasi dieci anni dopo.
Facciamo dunque un ripassino. Una volta in loco Frank dovrà documentare ciò che gli succede scattando foto. A seconda del contenuto, la foto verrà classificata e ricompensata con un certo numero di punti prestigio che ci permetteranno di salire di livello e accedere ai perk che permetteranno di affrontare le orde di zombie con maggiore tranquillità. Attenzione: ogni miglioria viene sbloccata randomicamente al raggiungimento del livello successivo: può trattarsi di una nuova mossa, di una maggiorata capacità dell’inventario, di una barra salute in più e poco altro.
Ma in che senso ci servirà per farci strada tra gli zombi? Nel senso che oltre che scattare foto, Frank può – deve – anche spaccare crani e maciullare carni in putrescenza se vuole sopravvivere. In tal senso Dead Rising è stato – ai tempi dell’uscita come ora – più un ‘parco giochi’ dove dilettarsi nella nobile arte della caccia al non morto, a.k.a. ‘se si muove in modo strano riempilo di quanti più buchi possibili’. Il Willamette Park View Mall è un enorme centro commerciale con circa 80 negozi divisi per aree tematiche.
All’interno di ognuna delle attività troveremo un qualche oggetto utile distinto per tipologia dai colori dell’icona: l’azzurro caratterizza gli oggetti per la salute (cibi e bevande), il giallo gli elementi interagibili semplici (apri, attiva, cambia), l’arancione le armi. Queste ultime sono da fuoco, contundenti, non convenzionali e sono numerosissime. Potenzialmente, Frank potrebbe utilizzare qualsiasi cosa non sia ancorata al terreno o inchiodata al muro come mezzo di difesa e attacco. Insomma, il Centro Commerciale diventa un immenso luna park o, meglio ancora, una sconfinata rage room con giardino annesso dove sfogare ogni frustrazione e ansia.
Un inviato davvero speciale
L’abilità di Frank di farsi trada tra gli zombie gli vale la fiducia degli altri superstiti che – spesso – gli accorderanno il ruolo di loro salvatore. Non sempre, in alcuni casi bisognerà ovviamente trascinare a più miti consigli i sopravvissuti più paranoici. Una volta fatto li si dovrà accompagnare o scortare fino alla stanza della sicurezza cercando di evitare il più possibile di farli cadere sotto i morsi degli zombi.
Certo, se dotati di un’arma – che può fornire Frank stesso a discrezione – questi possono sopravvivere più a lungo difendendosi in prima persona. Non fate troppo affidamento sulle loro abilità però: saranno parecchio inclini a cadere vittima di morsi indesiderati.
Salvarli tutti diventa quasi impossibile soprattutto per una ragione: il limite di tempo imposto per terminare il gioco se si vuole accedere al finale canon che prevede, tra l’altro, la risoluzione di tutti i ‘casi’ che permetteranno a Frank di scoprire la vera origine del disastro cui sta assistendo. Non che giungere all’eliporto dopo le 12 del 22 settembre o con parte degli indizi non scoperta comprometta la nostra possibilità di vedere i titoli di coda, ma a seconda delle nostre abilità vedremo scene completamente diverse. Seguendo le missioni principali (i casi), potrà capitare di fallire l’obiettivo che ci permette di avvicinarci alla verità. A quel punto starà a noi decidere se optare per un retry o per il proseguimento della storia da quel punto in poi e demandare a una partita successiva l’onere della scoperta.
Ciò significa, ovviamente, che serviranno sia più run per vedere tutte le possibili conclusioni.
In tal senso, diventa chiaro che la salvaguardia di alcuni personaggi o l’esecuzione di determinate azioni entro un tempo limite siano conditio sine qua non per giungere ai titoli di coda nella migliore delle condizioni possibile. Questo rappresenta però anche una fonte di vera ansia nel corso della partita. L’orologio che Frank porta al polso ticchetta piuttosto velocemente. A ogni cambio di location avremo modo di vedere l’orologio aggiornarsi automaticamente e, credetemi, immaginare che possano essere stati necessari 10 minuti per attraversare un corridoio anche evitando qualsiasi interazione diventa qualcosa al limite tra il buffo e lo sconfortante.
Uno dei personaggi che individuiamo all’inizio – il custode del centro – ci fornirà una radiolina e alcune indicazioni. Osservando lo scenario dalle telecamere di sicurezza, il vecchio potrà indicarci la presenza di superstiti nascosti e darci indizi sul loro comportamento. Starà a noi decidere se seguire o meno queste missioni secondarie che però, ricordiamo, ci sottrarranno tempo ed energie. Il consiglio è, dunque, tralasciarle alla prima run per riprovarle in una successiva.
Dead Rising Deluxe Remaster: un parco giochi o poco più
Rispetto all’originale del 2006, dunque, sono pochissime le differenze. Murai e la sua squadra hanno provveduto a rifinire i modelli poligonali dei personaggi, a inserire alcune feature assenti nel 2006 (come l’auto save, ad esempio) e altre che non erano state inserite nemmeno nella remaster del 2016 (come la possibilità di mirare e muoversi contemporaneamente). Notabile, di livello e certamente sorpresa gradita è l’inserimento di un doppiaggio full ita dei personaggi.
Oltre queste migliorie, Dead Rising Deluxe Remaster vede anche la rimozione del genere erotico dalle foto che Frank può scattare. Ricordiamo che in West è un reporter: inquadrare qualcosa con la propria macchina fotografica e scattare offre al giocatore più o meno punti prestigio che possono dipendere dal tipo di scena inquadrata. Nell’originale, inquadrare e immortalare forme femminili dava accesso a punti bonus per il genere “osé”: Murai ha rimosso questo genere di bonus. Non che si tratti di chissà che perdita, ma era giusto menzionarla.
In termini puramente visivi va segnalata ancora qualche incertezza: qualche animazione ballerina e poco fair ci hanno mandato incontro a qualche Game Over di troppo.
Non sarebbe stato meglio un remake?
E qui veniamo alle conclusioni. Pur apprezzando parecchio gli sforzi di Capcom e del team di Murai per mantenere intatto lo spirito di una IP che tanti giocatori aveva conquistato quasi 20 anni fa, sorge il dubbio che si potesse fare di più.
Abbiamo voluto citare le parole del director in apertura perché fosse chiaro che Capcom mai aveva mentito circa la natura del progetto. Ed è pacifico che sia il giocatore a decidere se desidera immergersi in una esperienza in tutto e per tutto simile a quella già provata quasi 20 anni addietro oppure no. Il problema è però che non è possibile del tutto ignorare il numero di evoluzioni che il medium ha espresso nel corso di quasi due decenni attraverso soluzioni di gameplay più comode o profonde. Dead Rising Deluxe Remaster è da considerarsi un divertissement; un progetto celebrativo che null’altra ambizione ha se non rifiondare i videogiocatori in quell’inferno del consumismo che fu il Willamette.
Inutile pretendere da DRDR qualcosa più di questo. Forse, e diciamo forse, un remake completo avrebbe potuto rappresentare nel 2024 ciò che l’originale fece nel 2006 marcando un minimo di salrto evolutivo dai giochi precedenti. Allora forse, e ripetiamo forse, si può sperare che questo compito venga demandato a un eventuale capitolo 5? incrociare le dita non costa nulla, no?
Dead Rising Deluxe Remaster è dispoonibile su PC, PlayStation 5, Xbox Series X e Series S dal 19 settembre 2024.