Eh sì, come vola il tempo. Sembrava ieri che stavano tutti a scannarsi su Death Stranding la nuova opera di Hideo Kojima, papà di Metal Gear Solid. Capolavoro, fuffa, genialità d’avanguardia, fuffa senza sostanza. E adesso son sei mesi: mezzo anno è passato da quando il mondo videoludico, nel bene o nel male, è esploso ancora una volta.
Death Stranding non è un titolo per tutti. Ma quelli che sono riusciti a farsi abbracciare dall’unicità del viaggio di Sam Porter Bridges si son ritrovati avvinghiati in una fitta maglia di misteri, atmosfere sopra le righe e accompagnamenti sonori davvero indimenticabili. È facile darsi alle facile battute e notare come tutta la questione Coronavirus sembri in qualche modo richiamare ciò che l’opera ultima di Kojima in qualche modo narrava.
Un mondo di persone costrette a stare in casa, separate dal terrore di una morte invisibile che li attende all’esterno. E soli pochi, sparsi coraggiosi che sfidano suddetta morte per permettere a tutti i fraccomodi di sopravvivere. L’umanità ha bisogno di essere unita perché possa andare avanti, racconta Kojima in uno dei finali più intensi che il videogioco ricordi. Ora, a sei mesi di distanza, il game designer festeggia il primo mezzo compleanno del suo capolavoro, ma senza nascondere un po’ di amaro.
Il mondo, dopotutto, è davvero in un periodo difficile. E molti degli insegnamenti di Death Stranding, oggi più che allora, valgono come fossero oro.
“Death Stranding è stato pubblicato sei mesi fa“, possiamo leggere infatti sull’account Twitter ufficiale di Kojima Productions. “Siamo felici che in tutto il mondo, tante persone si siano divertite e collegate tramite il gioco. Ora il mondo è ancora in una situazione difficile, ma il futuro è nelle vostre mani. Viviamo oggi, colleghiamo il domani“.
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Fonte: Twitter