Una brulla vallata, tetra, spettrale, segnata da enormi crateri. Un paesaggio che potrebbe ricordare l’Islanda, o addirittura la luna, ma mai farebbe pensare all’America, con le sue metropoli, i suoi grattacieli, le sue highway. Tuttavia, è proprio sulle vestigia della ex nazione più potente del mondo che sfreccia Sam Porter Bridges, interpretato da Norman Reedus, a cavallo di una futuristica tre ruote.
Sulle sue spalle, un carico di medicinali e di responsabilità. Alle sue spalle, invece, un arcobaleno rovesciato e uno stormo di corvi in fuga da una terribile tempesta. La cronopioggia, capace di far invecchiare all’istante qualunque organismo e di corrodere anche il più resistente dei materiali, è solo una delle piaghe sovrannaturali che hanno colpito e affondato gli Stati Uniti.
Tutte le certezze sui concetti di vita, morte e fede sono state stravolte dalla scoperta della Spiaggia e delle Creature Arenate (le CA), entità da un’altra dimensione che rendono una potenziale bomba a orologeria il cadavere di ogni essere umano. Perfino morire è un lusso che non ci si può più permettere.
Come se non bastasse, gruppi di terroristi seminano il panico tra i superstiti di una nazione decimata, isolata dal resto del mondo (che probabilmente versa nelle stesse condizioni) e letteralmente tagliata a metà dalle conseguenze di un evento esplosivo catastrofico: il Death Stranding.
Il gigante è caduto, il sogno infranto, il futuro plumbeo, ma quei medicinali devono arrivare lo stesso a Capital Knot City. Perché ogni pacco spedito è una promessa, e ogni promessa…una piccola luce di speranza.
Bastano davvero pochi minuti, immersi tra quei paesaggi desolati in cui la natura ha prepotentemente ripreso il sopravvento, e avvolti dalle note post-rock dei Low Roar (non a caso di stanza proprio a Reykjavík), per rimanere catturati dalla straordinaria atmosfera dell’ultimo titolo di Hideo Kojima, accolto a braccia aperte da Sony dopo le note vicissitudini con Konami.
Dopo l’uscita in esclusiva console per PlayStation 4 a novembre 2019, Death Stranding approda oggi anche su PC (grazie a 505 Games), e lo fa portandosi appresso un carico importante di aspettative, ma anche gli stessi dubbi e la stessa diffidenza che hanno accompagnato il suo lancio su console. Ironico vero? Un gioco che parla dell’importanza di restare uniti, di come le persone abbiano la necessità di ricollegarsi tra loro (non solo virtualmente), eppure che ha diviso così tanto.
Ma la curiosità nel vedere in azione su PC il Decima Engine, sviluppato da Guerrilla Games e concesso in uso a Kojima Productions era evidentemente tanta. Al punto che Death Stranding arriva su PC essendo già in testa a tutte le classifiche di vendita su Steam. E non si tratta ovviamente di una semplice trasposizione 1:1. La versione PC di Death Stranding porta in dote tutta una serie di miglioramenti tecnici che gli utenti di questa piattaforma, liberi dai vincoli tecnologici di una console, giustamente si aspettavano.
Ma porta anche dei contenuti aggiuntivi (su cui non vogliamo svelarvi niente per non rovinarvi la sorpresa, trattandosi di vere chicche per appassionati) frutto di una collaborazione straordinaria con Valve, che ha concesso in licenza i suoi due brand più iconici, Half Life e Portal, dando vita così a una contaminazione che rende ancora più unico il nuovo gioco firmato Hideo Kojima.
Che tipo di gioco è Death Stranding?
Ma veniamo alla domanda essenziale: che gioco è Death Stranding?
Si tratta davvero di un walking simulator dove portare pacchi in giro? E la trama? Ma quando si spara?
La verità, dopo averlo passato sotto alla nostra lente, è che in Death Stranding c’è tutto questo, ma non solo, e cercare di ingabbiarlo in un genere ben definito è proprio impossibile.
Lo scopo di Sam è quello di rimettere in contatto tra loro le poche migliaia di persone rimaste in vita in America dopo il Death Stranding, tracciando nuove vie di passaggio e rotte commerciali, per cercare di dare nuovamente un futuro alla società umana.
Ma è innegabile che il core di questa avventura interattiva si traduca principalmente nel camminare. Dopotutto, per buona parte del tempo faremo proprio questo: attraversare quel che resta dell’America zaino in spalla e stivali ai piedi, tra acquitrini e scarpate, montagne innevate e fiumi da guadare.
Ma se pensate che il gioco possa essere limitato o superficiale, beh, vi sbagliate di grosso. Death Stranding infatti, come se fosse un vero e proprio simulatore, riesce a caricare di situazioni e meccaniche interessanti anche un atto apparentemente semplice e banale come il camminare, riuscendo a costruirci sopra l’ossatura del suo intero gameplay.
Ogni asperità o pendenza del terreno è ben avvertibile sotto ai nostri piedi, ci fa consumare stamina, logora la suola delle nostre calzature, e se affrontata troppo spavaldamente può farci sbilanciare e rovinare a terra.
Pianificare il percorso migliore è quindi fondamentale per minimizzare il rischio di caduta, o di ritrovarsi completamente spossati a metà del cammino.
La gestione dell’equilibrio di Sam è una meccanica così importante che ha due tasti dedicati per spostare il baricentro e controbilanciare le situazioni precarie.
Maggiore sarà il carico trasportato sulle spalle e più velocemente perderemo le forze e la coordinazione. Per affrontare una salita o un percorso molto accidentato quindi dovremo rallentare spesso, stringendo bene a noi i lacci dello zaino attraverso la pressione contemporanea dei due tasti prima menzionati, e fermandoci talvolta a riprendere fiato, bevendo dalla borraccia.
Ben presto ci sembrerà di sentire la fatica del protagonista anche sulle nostre gambe, e non di rado ci troveremo a pensare “e ora come ci arrivo lassù, con questo armadio di roba sulle spalle?”.
Ma sarà vivissima la soddisfazione per il proprio operato una volta giunti finalmente in cima a quel ripidissimo e apparentemente invalicabile altopiano, o al di là di quel fiume impetuoso.
Anche la distribuzione del peso è fondamentale, e impilare troppi oggetti uno sull’altro ci lascerebbe esposti alla forza dei venti, o potrebbe rendere vani e risibili i nostri tentativi di nasconderci nell’erba alta. Non tutti gli esseri umani che incontreremo in Death Stranding infatti saranno pacifici, anzi, e molti di loro dopo averci scoperti faranno di tutto per farci la pelle o, soprattutto, per mettere le mani sul nostro prezioso carico, lasciandoci scalzi e svenuti in qualche fossato.
Per non parlare della minaccia delle CA, che se dovessero individuarci tenteranno di trascinarci nella loro dimensione per poi divorarci.
Non è un luogo ospitale insomma l’America del corriere Sam, figura che nel mondo lacerato di Death Stranding è romantica ed eroica, un po’ come quella degli antichi pionieri ed esploratori della frontiera.
Ma fortunatamente avremo a nostra disposizione una vastissima quantità di strumenti e gadget per facilitare il nostro compito. Il più evidente, ovviamente, è il nostro personale Bridge Baby, strumento simbolo del gioco e capace di fare da ponte tra il regno dei vivi e dei defunti, permettendoci di vedere le CA.
I gadget
Meno moralmente complessi, ma non certo meno utili, sono i chiodi da arrampicata, le scale retrattili e gli esoscheletri, capaci di assistere la muscolatura permettendoci di portare più peso, o di accelerare l’andatura sui terreni più impervi. Ma potremo utilizzare anche stivali rinforzati, spray per riparare i pacchi danneggiati, borse aggiuntive, veicoli o addirittura veri e propri kit di costruzione, che ci consentiranno di creare ponti, ripari dalle intemperie, terminali postali a cui affidare pacchi in eccesso o generatori con cui ricaricare le batterie di gadget e mezzi. Non vorrete certo che l’esoscheletro vi abbandoni con due quintali di metalli sulle spalle no?
Inoltre potremo contare anche su un ampio armamentario, con strumenti di offesa sia letali che non letali, dalle granate stordenti a quelle ordinarie, dai fucili antisommossa a quelli d’assalto.
Esatto, volendo in Death Stranding si può sparare eccome. Ci sono tutti i tipi di arma del più classico dei third person shooter, ed è possibile rispondere con violenza alle minacce umane e non. Se una CA dovesse raggiungerci, potremo abbatterla con le granate composte dal nostro particolare sangue, o in altri modi più creativi che preferiamo non svelarvi.
Anche nel caso di avversari umani potremo decidere di ricorrere alle armi, ma la domanda da porsi in questi casi, viste le implicazioni esplosive che ha la morte nel mondo di Death Stranding, è se possiamo davvero prenderci la responsabilità di uccidere.
Insomma, sono le meccaniche di gioco stesse a spingerci a evitare lo scontro diretto, prediligendo un’azione stealth o, al limite, immobilizzando e stordendo gli avversari.
Come è facile intuire questo mix tra un’esplorazione lenta, solitaria , ragionata, e la chiara propensione al mantenimento di un basso profilo, donano a Death Stranding un ritmo di gioco molto particolare e che potrebbe far storcere la bocca a più di un videogiocatore.
Certo, i momenti ansiogeni non mancano, e quando ci ritroveremo lì, obbligati a muoverci rapidamente per impedire che la cronopioggia ci distrugga pacchi e attrezzatura, ma al tempo stesso dovendo trattenere il respiro per impedire che il minimo rumore allerti le CA, il cuore non potrà che batterci forte.
Ciononostante il passo del titolo rimane, per sua precisa scelta, abbastanza lento, e non di certo paragonabile a quello di altri open world che fanno della densità di incontri e scontri il loro punto di forza.
Death Stranding insomma non è affatto un titolo per tutti, ma vi invitiamo a non dare per scontato che non vi piacerà.
Provatelo, buttatevi.
A volte, le esperienze migliori sono proprio quelle che si vivono uscendo dal solito sentiero, e sfidando i propri dubbi e le proprie paure.
Ciò che non è oggetto di discussione invece è che l’ultima fatica di Kojima sia un videogioco vero, compiuto. Per nulla scontato e pieno zeppo di meccaniche inedite da scoprire, ben distribuite lungo tutta la sua avventura. Quando sarete convinti di avere ormai visto tutto quello che il titolo aveva da offrire, ecco arrivare un nuovo gadget, una nuova costruzione, o un suggerimento per un uso alternativo degli accessori, a impattare significativamente sul modo di giocare e di pianificare gli spostamenti.
Ogni missione secondaria ha la sua ricompensa ludica, e a mano a mano che le completeremo, magari dopo aver ottenuto dei bei punteggi per quanto riguarda i tempi di consegna o la condizione del pacco, otterremo ancora più missioni e ricompense.
Un loop che si trasforma in droga per i completisti, e che in realtà amplia le variabili e le possibilità a tutti quanti. Altro che walking simulator.
Poi ci sono le funzionalità online del gioco, che ricordiamo non sono affatto obbligatorie per godere dell’esperienza, ma che aggiungono gusto all’insieme, oltre a incarnare perfettamente il concetto espresso dal gioco, ossia la necessità di ricostruire dei legami, di riconnettere tra loro persone che solo in apparenza lo sono. Ecco quindi il cosiddetto Social Strand System, che similmente a quanto visto nella serie dei Dark Souls è un multiplayer asincrono, e non permetterà quindi di interagire direttamente con gli altri giocatori.
Cosa potremo fare allora? Potremo lasciare messaggi a terra, incoraggiando il prossimo o segnalando eventuali pericoli, oppure contribuire al completamento e al potenziamento delle strutture, che poi rimarranno a disposizione anche degli altri giocatori.
Potremo lasciare dei like a chi ci abbia regalato il servizio migliore, e chi volesse compiere la buona azione quotidiana invece potrà farsi carico dei pacchi smarriti in giro da qualche malcapitato, consegnandoli al suo posto o lasciandoli in una casella postale condivisa, in attesa di qualcuno che sia disposto a prendersene cura per recapitarlo al legittimo proprietario. Stessa cosa si potrà fare con attrezzatura o equipaggiamento in eccesso, lasciandola magari a disposizione di altri giocatori che potranno usufruirne nella loro missione condivisa.
Prima di poter accedere alla parte online sarà però necessario collegare la zona alla rete chirale, completando missioni al suo interno. La prima volta che esploreremo un’area sconosciuta quindi saremo inevitabilmente soli, e senza nessun aiuto.
Anche dopo esserci connessi comunque, per scongiurare che il mondo di gioco si riempia all’inverosimile di oggetti e segnaletica, ogni partita avrà un limite di banda, ossia di numero di oggetti e strutture che potranno essere collocati sulla mappa.
Death Stranding è uno spettacolo a 60fps su PC (sezione a cura di Roberto Buffa)
Come abbiamo già scritto la versione PC di Death Stranding non è una banale conversione 1:1 dell’originale PlayStation 4, ma trae vantaggio fino in fondo dalle caratteristiche di questa piattaforma, come il supporto a frame rate elevati, a formati di schermo UltraWide e anche a tecnologie innovative come il DLSS 2.0 di Nvidia.
Death Stranding su PC si dà un obiettivo preciso: girare a 60fps. E può coglierlo anche su configurazioni che non sono di fascia altissima. Non è un obiettivo vincolante, sia chiaro, perché il gioco può girare anche a 30fps ed essere godibilissimo come lo è stato su PlayStation 4.
Ma la maggior potenza a disposizione su PC non poteva precludere questa possibilità. E la scalabilità e flessibilità del Decima Engine di Guerrilla, unite al lavoro di affinamento e ottimizzazione hanno permesso di contenere al massimo i requisiti di sistema. Al punto che per giocarci è sufficiente possedere una CPU quadcore da poco più di 3GHz e vecchia di otto anni, 8GB di RAM e una scheda grafica da meno di 100€ di costo. Chiaramente questa è una configurazione da 30 fps in 720p, nulla di eclatante.
Ma basta fare un piccolo passo in avanti lato CPU e GPU, dotandosi a esempio di una CPU da 3.5GHz e di una scheda grafica da circa 200€ come la GTX1060 per arrivare agilmente ai 60fps, spingendosi oltre la versione console. Di seguito i requisiti di sistema dettagliati per giocare a Death Stranding:
Death Stranding PC – requisiti minimi (1280×720 a 30 fps)
- Sistema operativo: Windows® 10
- Processore: Intel® Core™ i5-3470 o AMD Ryzen™ 3 1200
- Memoria: 8 GB di RAM
- Scheda video: GeForce GTX 1050 3 GB o AMD Radeon™ RX 560 4 GB
- DirectX: Versione 12
- Memoria: 80 GB di spazio disponibile
- Scheda audio: DirectX compatibile
Death Stranding PC – requisiti minimi FullHD (1920×1080 a 30 fps)
- Sistema operativo: Windows® 10
- Processore: Intel® Core™ i5-4460 o AMD Ryzen™ 5 1400
- Memoria: 8 GB di RAM
- Scheda video: GeForce GTX 1050Ti 4 GB o AMD Radeon™ RX 570 4 GB
- DirectX: Versione 12
- Memoria: 80 GB di spazio disponibile
- Scheda audio: DirectX compatibile
Death Stranding PC – requisiti consigliati FullHD (1920×1080 a 60 fps)
- Sistema operativo: Windows® 10
- Processore: Intel™ Core i7-3770 o AMD Ryzen™ 5 1600
- Memoria: 8 GB di RAM
- Scheda video: GeForce GTX 1060 6 GB o AMD Radeon™ RX 590
- DirectX: Versione 12
- Memoria: 80 GB di spazio disponibile
- Scheda audio: DirectX compatibile
Fin dai primi momenti di gioco appare chiaro che la versione PC di Death Stranding sia una trasposizione solidissima e ottimizzata. Abbiamo testato il gioco su una configurazione molto particolare, composta da una CPU Intel Core i9 10980XE, una bestia da 18 core/36 thread, con 32GB di RAM e una scheda grafica Nvidia GeForce RTX2070, in abbinamento a un monitor UltraWide 21:9 ASUS ROG PG348Q.
Su questo sistema, a dettaglio massimo e alla risoluzione di 3440×1440 punti Death Stranding gira a 60fps, senza alcuna incertezza. Una cosa per nulla scontata visto che la CPU è sì potentissima, ma la scheda grafica è “solo” di fascia medio alta, e parliamo di una risoluzione che non sempre con una RTX2070 standard permette di raggiungere frame rate così elevati, soprattutto a dettaglio massimo.
Ma qui entra in gioco la tecnologia DLSS 2.0, che tramite addestramento di una rete neurale permette di ricostruire via intelligenza artificiale la qualità d’immagine di un rendering a risoluzione più elevata, partendo da immagini renderizzate a risoluzione effettiva molto più bassa. Riducendo in questo modo il carico sulla scheda grafica. Per poter utilizzare DLSS 2.0 è necessaria una scheda video GeForce RTX, perché solo su questa famiglia di schede a oggi sono presenti i Tensor Core che si occupano dei calcoli legati all’intelligenza artificiale.
Insomma Death Stranding gira a quella risoluzione e a 60 fps sulla nostra configurazione perché la RTX2070 è come se stesse renderizzando il gioco a una risoluzione effettiva di poco superiore al 720p. Ma la resa in termini di qualità d’immagine è indistinguibile rispetto a un rendering nativo in 3440×1440.
Volendo spingersi in 4K, la risoluzione effettiva di rendering usata per l’upscaling via DLSS 2.0 sarebbe il FullHD 1080p. Al punto che basta una scheda entry level come la RTX2060 per avere i 60fps in 4K e oltre 100fps in 1440p. Insomma 4K e 60fps garantiti con qualsiasi scheda GeForce RTX! Sembra incredibile ma questa è la magia del DLSS 2.0, che ricordiamo essere caratteristica esclusiva delle schede grafiche Nvidia RTX.
Death Stranding funziona solo su Windows 10 perché richiede DirectX 12. Le API Microsoft offrono un’ottima distribuzione parallela dei thread in fase di rendering e anche il gioco dimostra di fare un ottimo uso dei core multipli di CPU. Come vedete dal grafico che alleghiamo, sulla nostra CPU a 18 core tutti i core (sia fisici che logici) risultano equamente impegnati, anche se per una percentuale infinitesimale della loro capacità. A dimostrazione di quanto margine avrebbe ancora questo processore ma anche di quanto sia ottimizzato questo gioco per le CPU con tanti core. Motivo che gli permette di girare egregiamente pure su processori quadcore come dicevamo molto vecchi.
Il Decima Engine insomma regala un’altra conferma di potenza, e l’America di Death Stranding è davvero splendida da vedere, pur nella sua miseria.
I punti di forza del motore sono quelli che già conosciamo: l’estensione del campo visivo e la distanza di rendering sono eccezionali, così come la qualità degli shader, con una resa dei materiali e degli elementi dello scenario praticamente perfetta e ulteriormente enfatizzata in questa versione PC. Anche le animazioni sono splendide, con particolare menzione (e qui risiede la grande differenza con Horizon Zero Dawn) per quelle facciali.
Un cast stellare
Ci siamo più volte “lamentati” di come nessuno riuscisse mai a raggiungere i livelli di Naughty Dog in quanto a qualità ed espressività della recitazione digitale, ma con Death Stranding abbiamo finalmente trovato un serio contendente al trono. Il livello di credibilità del motion capture facciale dei protagonisti è davvero impressionante.
Su tutti, Mads Mikkelsen (che con quella faccia lì, nella vita poteva fare solo il grande attore) e Troy Baker, già una delle migliori voci del mondo dei videogiochi, che dopo averci regalato interpretazioni inarrivabili come il Joel di The Last of Us o il Sam Drake di Uncharted 4, vediamo qui finalmente con le sue fattezze e la sua mimica.
I due vanno a completare un cast a dir poco stellare per una produzione videoludica, che comprende anche nomi del calibro di Lea Seydoux, Margaret Qualley e Lindsay Wagner in una doppia versione: così come è adesso (non più giovanissima), e come ce la ricordavamo nei panni della donna bionica in tv negli anni 80. Ma nel cast appaiono anche registi amici di Kojima, come Guillermo del Toro e Nicholas Winding Refn, e in ruoli minori non è raro scorgere altri volti noti di cinema e televisione.
Tutti insieme vanno a comporre la ragnatela di personaggi che arricchiscono la trama di Death Stranding, sulla quale c’erano sia grandi attese che perplessità.
Death Stranding: 100% Kojima
Oltre al fatto che dai trailer, come sempre, non si capisse granché, in molti si sono chiesti cosa sarebbe riuscito a fare Kojima lontano dalla sua creatura Metal Gear Solid; finalmente libero da quel carrozzone di situazioni e personaggi che abbiamo tanto amato sì, ma che erano divenuti ormai anche una prigione da cui sembrava impossibile evadere.
Ci si chiedeva insomma se l’autore, lontano dal focolare, avrebbe perduto la sua anima.
Tranquilli: non è stato così.
Death Stranding è un titolo di Kojima al 100%, nel bene e nel male. Lo è per la sua trama assurda ma avvolgente, per le sue cutscene interminabili ma curatissime nella costruzione audiovisiva, per le sue distopie, per i suoi colpi di scena e anche per i suoi eccessi, che per dialoghi ed esposizione rischiano talvolta di scivolare nell’imbarazzo totale. Ma per fortuna il tutto è molto più circoscritto e misurato rispetto ad alcune esagerazioni del passato.
Ma 100% Kojima lo è, ovviamente, anche per i pregi. La storia di Sam Porter Bridges non è solo il viaggio di un uomo che cerca di rimettere insieme i frantumi di una civiltà come ultima richiesta di una persona cara, ma è anche l’occasione per proporre una riflessione sul mondo dei giorni nostri, su quanto siamo tutti connessi ma al tempo stesso isolati, su quanto ormai si misuri il valore di una persona coi suoi like sui social network e sui clic che genera.
E di quanto tutto questo, sotto sotto, sia estremamente fragile. Al suo interno, tra influenze culturali contemporanee e del passato (come i concetti di anima e corpo ripresi dagli antichi egizi) trovano spazio anche tematiche care a Kojima: i rapporti tra patria e individuo, la responsabilità verso le generazioni future, la paura della bomba.
Death Stranding, come Metal Gear, è anche un racconto di padri e di figli, con figure ormai tipiche del pantheon Kojimiano, come il soldato fedele, il geek fragile, o la ragazza che puoi piegare quanto vuoi, ma non riuscirai mai a spezzarla.
I colpi di scena sono all’ordine del giorno, e se si esclude una lieve flessione nella parte centrale la storia prosegue con un ritmo che si fa via via sempre più incalzante. All’inizio lascia modo al giocatore di impratichirsi con le mille meccaniche di gioco e di divertirsi a esplorare il mondo con calma.
Durante questa fase la molta carne al fuoco può far temere uno svolgimento fumoso e poco chiaro, ma in realtà, non appena la trama decide di ingranare, tutti i nodi cominciano ad arrivare uno dopo l’altro al pettine, sfociando infine verso un finale di straordinaria intensità, perfettamente autoconclusivo e già considerabile tra i più belli ed emozionanti degli ultimi anni.
Arrivati con gli occhi lucidi ai titoli di coda insomma, dopo la cinquantina di ore necessarie a portare a termine l’avventura, la sensazione è quella di aver partecipato a uno spettacolo straordinario, e che probabilmente non dimenticheremo mai.
Alti e bassi
Certo, durante il percorso non tutto è andato perfettamente.
Per esempio si poteva forse chiedere qualcosa in più alla varietà delle missioni, anche se il contesto narrativo non può permettere chissà cosa in fatto di sidequest.
La predominanza dell’approccio stealth inoltre tiene ben nascosto un gunplay leggerino e poco soddisfacente, e un’IA dei nemici niente affatto elaborata, anche ai livelli di difficoltà più alti.
A voler essere pignoli pure il protagonista, abituati come siamo ai vari Snake e Big Boss, ci è parso leggermente sottotono, pur rimanendo assolutamente apprezzabile. E molto probabilmente, pur essendo ben contestualizzata e affascinante, la componente online ci ha occasionalmente tolto qualcosa in termini di sensazione di solitudine e precarietà.
Ma sono inezie di fronte alla meraviglia che è stato il nostro viaggio con Death Stranding, un titolo che ci ha proposto una visione dell’open world estremamente originale e affascinante.
Un po’ Zelda Breath of the Wild, per la miriade di sistemi che regolano il suo gameplay, per la richiesta di soluzioni creative ai problemi in cui potremo incappare mentre consegniamo quei dannati pacchi, e per la possibilità di raggiungere a piedi quasi ogni angolo della mappa.
Un po’ Red Dead Redemption 2, per la sua andatura compassata e i suoi lunghi momenti di solitudine, accompagnati solo dal suono di ambiente o dalle musiche, sapientemente piazzate nei punti giusti per creare quei perfetti momenti di contemplazione e di totale immersione che, tra amici, chiamiamo “Rockstar moments“.
Death Stranding è solo…Death Stranding
Ma in realtà Death Stranding è solo Death Stranding, un’opera unica nel suo genere, e anche una prova di coraggio di un autore che, alla sua sfida più rischiosa, non si limita a fare il giochino di facile presa, ma va all-in puntando su ritmi e dinamiche che non vanno certo per la maggiore.
Quello che stupisce dell’opera di Kojima Productions però è anche la sua grandeur, la sua portata: Death Stranding infatti è un vero e proprio evento transmediale, che incorpora stelle del cinema e personalità dello showbusiness, product placement (ben fatto, Monster Energy), nonché un progetto musicale dedicato, con artisti da tutto il mondo (come i Chvrches o i Major Lazer) chiamati a scriverne la colonna sonora.
Un progetto che, accompagnato dalla fama del suo director, va ben oltre il nostro medium, ma allo stesso tempo nobilita il videogioco come mezzo di espressione artistica, nonché come veicolo di cultura pop contemporanea.
C’è molto più di quello che si vede in Death Stranding, e la sua esistenza è un monolite che ispirerà le generazioni di autori a venire, creando davvero connessioni tra le persone.
Potrà non piacere a tutti, ed è giusto che sia così, ma quel che è certo è che si parlerà ancora a lungo di quest’opera tanto polarizzante quanto meravigliosa, almeno quanto se ne è parlato prima dell’uscita.
Ma tornando coi piedi per terra: sì, Death Stranding è anche un eccezionale videogioco. Complesso e stratificato nel gameplay, con una bella progressione e una grande atmosfera. Solidissimo dal punto di vista tecnico e quasi inarrivabile da quello artistico.
Emozionante, autoriale, diverso, divisivo. E capolavoro.
Una vera pietra miliare, ancora di più in questa sua versione PC, a nostro avviso imperdibile per qualsiasi giocatore su questa piattaforma.
Tutti coloro che hanno preordinato il gioco riceveranno:
• Sfondi HD
• OCCHIALI DA SOLE “SAM” (GOLD E OMNIREFLECTOR)
• CAPPELLO (GOLD E OMNIREFLECTOR)
• ESOSCHELETRO VELOCITÀ GOLD E SILVER
• CORAZZA ORO e ARGENTO LV2 e superiore
Mentre tutte le copie PC del gioco includono:
• Colonna sonora digitale DEATH STRANDING Official Score Expanded Edition di Ludvig Forssell, che comprende 10 tracce bonus mai rilasciate prima.
• Libro digitale “Selections From ‘The Art of DEATH STRANDING’” (editore Titan Books)
• OCCHIALI DA SOLE LUDENS MASK (GOLD E OMNIREFLECTOR)
• ESOSCHELETRO POTENZA GOLD E SILVER
• ESOSCHELETRO GOLD E SILVER PER TUTTI I TIPI DI TERRENO
• PIASTRE GOLD E SILVER PER L’ARMATURA
Alcuni di questi oggetti si sbloccheranno solo avanzando nella trama del gioco.