Dying Light 2 di Techland è uno dei titoli più attesi di questa prima metà del 2022. Noi abbiamo preferito di giocarlo a fondo, non limitandoci solamente alla main quest. Inoltre abbiamo voluto aspettare la pubblicazione delle prima patch e fix post-lancio per un’esperienza di gioco ottimane. Ecco quindi la nostra recensione della versione PlayStation 5 del survival horror.
Dying Light 2 – Recensione PlayStation 5
Dying Light fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno. E Dead Island, prima di lui, idem. Dopotutto, parliamo di un connubio più unico che raro: ambientazione dark e violenta, humor sopra le righe, parkour e tanti, tantissimi zombie. Questo B-movie che abbracciava Mirror’s Edge aveva finito per entrare nel cuore di tutti gli appassionati e, al netto di tante ingenuità, era riuscito a restarci. Un Dying Light 2? L’ovvia occasione per raddrizzare qualche bruttura e uscire con quello che prometteva essere uno dei capisaldi del genere.
L’esordio di Dying Light 2, risalente a qualche settimana fa, non era propriamente in linea con le più rosee aspettative degli sviluppatori, o anche già solo del pubblico. I problemi erano tanti, troppi, ma – per assurdo – riparabili. Vuoi un po’ la pandemia mondiale, vuoi per qualche deragliamento in fase di sviluppo, il prodotto finale era palesemente raffazzonato e tecnicamente superficiale. Molto, molto sporco, per giunta. Eppure il loop funzionava alla grande.
L’ambientazione di gioco è enorme, varia e studiata fino all’ultimo elemento, col suo alternarsi di zone rurali, negozi abbandonati e spaventosi grattacieli. La sensazione di potersi spostare come si vuole, quando si vuole e dove si vuole è di molto superiore a quella del suo capostipite, e anche già solo questo basterebbe per piazzare il seguito un paio di gradini sopra l’originale Dying Light.
Quelle che andavano aggiustate erano le performance e, per quanto non sia scusabile che un prodotto arrivi sul mercato solo per poter essere corretto in futuro, è proprio quello che è successo con Dying Light 2. Patch su patch si sono susseguite nel corso dei giorni e, al momento, la situazione è piuttosto differente da quella vista al lancio. Parliamo di crash continui, missioni che non potevano continuare, personaggi non giocanti che sparivano e bug di ogni tipologia che, nel migliore dei casi, costringevano a riavviare la partita per poter sbloccare l’intoppo. Nel peggiore, parliamo di giocatori addirittura impossibilitati a completare l’avventura.
Un prodotto dal grande potenziale, insomma, e che lasciava intravedere un po’ ovunque una forte area di miglioramento, si era ritrovato azzoppato da una miriade di problemi fortunatamente aggiustabili. E per quanto adesso non sia tutto rose e fiori, siamo quantomeno in linea con il polishing che ci si dovrebbe aspettare da un blockbuster di questa caratura. Con tutti i pro e contro che un open world – in questo caso addirittura cross gen – di questa grandezza possa portare con sé, soprattutto sul carico della resistenza delle console più vecchie.
Quello che ancora oggi è chiaro è che PlayStation 4 e Xbox One sono quasi fuori dai giochi: quella resta la versione da evitare, a meno che non siate proprio costretti, perché i compromessi continuano a essere davvero tanti. Su PlayStation 5, PC e Xbox Series X, invece, siamo già pienamente in zona salvezza.
Il mondo dipinto da Techland è variegato e profondo, e non solo lato ambientazione. Differentemente dai giochi precedenti, il team si è concentrato molto di più sulle storyline personali di protagonista e comprimari, creando un’ambientazione che vale la pena vivere fino in fondo.
Per quanto il personaggio principale non sia così interessante, tutti quelli che lo circondano hanno delle grandiose storie da raccontare, in cui le nostre azioni possono persino cambiare il corso degli eventi. Comportarsi in un modo preciso con una o l’altra fazione può precluderci intere missioni o far sparire dai giochi personaggi più o meno importanti, dandoci la sensazione di un mondo in costante mutamento sotto i colpi della nostra moralità. Niente di trascendentale, o nulla che finisca per cambiare il grande schema delle cose, ma tante piccole differenze che faranno sentire l’avventura come infinitamente più personale.
Il sistema di combattimento, invece, ripesca a piene mani quello già visto nel prequel e lo espande. Un occhio di riguardo, a questo giro, è stato dato al divertimento più puro, con armi fantasiose come non mai, tantissime possibilità diverse per risolvere ogni situazione e un protagonista che potremo costruire come più ci aggrada. La maggior presenza di armi ad area, poi, fa sì che anche gli scontri con zombie numerosi possano risolversi in meno tempo, andando a limare quella legnosità di fondo di cui ogni gioco Techland si “fregiava”. Questo forse intacca un po’ la sensazione survival più pura, con un protagonista che in più di un caso sembra una vera macchina da guerra invincibile, ma tempo di trovare qualche nemico più avanzato e il battito cardiaco tornerà a salire.
Questo anche grazie alla costante sensazione di urgenza data dal gioco. Il nostro eroe rischia infatti di trasformarsi in zombie da un momento all’altro, e l’unica cosa che lo tiene lucido sono i forti raggi di una fonte luminosa. Allontanarsi troppo dalle zone sicure significa andare letteralmente in apnea in un mondo misterioso dove, allo scadere del tempo limite, ci si ritroverà con un bel Game Over stampato in faccia. Ciò si traduce in spedizioni a sfondo di loot da studiare con accortezza: esplorare qualche negozio in più significa poi dover tornare più velocemente al campo base. Scommesse che possono ripagare, ma anche rovinare un’intera sessione di gioco.
Il lato debole, in questo senso, è sicuramente il combattimento contro gli esseri umani. Neanche in gruppi numerosi son capaci di darci filo da torcere, a causa di una intelligenza artificiale incapace di accerchiare e a una meccanica di parry e stordimento davvero permissiva. La loro continua tendenza a restare sulla difensiva, poi, costringe letteralmente a giocare solo di contrattacchi, e a lungo andare i ritmi ne escono distrutti.
Come il ciclo giorno/notte finisca invece per impattare le routine dei nemici, al contrario, è interessante. Gli zombie, odiando la luce del sole, tendono a popolare maggiormente gli edifici durante le ore diurne. Esplorare e lootare un complesso al chiuso di giorno è un vero e proprio incubo, mentre camminare tranquillamente per le strade è assolutamente impossibile di notte.
Qui entra in gioco il parkour, che trasforma Dying Light 2 nella versione più estrema di “The Floor is Lava” mai vista prima. Toccate terra e dovrete vedervela con orde apparentemente infinite di nemici: fortunatamente, il nostro avatar digitale potrà sfruttare appigli, lampioni e ogni tipo di tetto per andare da un punto all’altro della città senza farsi notare. Questo, almeno, quando si ha a che fare con i mob più basici.
Lo spostamento, quindi, smette di essere routine e si trasforma in vero e proprio gameplay, tenendo alta costantemente l’attenzione del giocatore anche durante le fasi che – in altri giochi – sarebbero semplici scocciature.
La costruzione del mondo di gioco è certosina; volare di palazzo in palazzo è divertente, semplice e fluido. Quando poi entreremo in possesso di un parapendio o di un rampino, il limite sarà letteralmente la fantasia.
Conclusioni
Di base, se parliamo di loop centrale, Dying Light 2 non si discosta troppo da quanto fatto dal predecessore né da un open world medio. Ma come si dice in questi casi: squadra che vince non si cambia. Al netto di dover chiudere un occhio sulla ripetitività classica del genere e su alcune dinamiche più frustranti che altro, è difficile non ritrovarsi immersi nel circolo virtuoso messo su dagli sviluppatori.
Su PlayStation 5 e Xbox Series X, graficamente parlando, il gioco si comporta bene. E gli appassionati della fluidità possono tranquillamente optare per l’ottima modalità Performance senza dover compromettere eccessivamente la fedeltà visiva. Da ripulire, volendo, c’è ancora, ma Dying Light 2 è attualmente in uno stadio in cui può essere giocato tranquillamente dall’inizio alla fine senza troppi problemi.
In verità, già buona parte delle problematiche era stata risolta con la patch day one: dimostrazione ennesima che serviva davvero poco agli sviluppatori per arrivare sul mercato con un prodotto più competitivo.
Ora come ora, se siete affamati di zombi, open world e meccaniche ultra-rodate, Dying Light 2 è sicuramente la ‘scelta facile’ tra uno spietato Elden Ring (Recensione) e un Horizon Forbidden West (Recensione). Ma anche quella che finirà per sollazzarvi più facilmente, al netto di meno pretese.
Vasto, denso e senza mai un punto morto, Dying Light 2 migliora ciò che ha fatto il primo episodio e fa già sognare un terzo capitolo che, stavolta, possa migliorare invece le ingenuità di quello attuale.