Lo hanno annunciato nelle scorse ore familiari, amici e colleghi del docente britannico che ha continuato a lavorare a Edimburgo. Ian Wilmut è stato portato via dalle complicazioni derivate dal Parkinson di cui soffriva da tempo. Scienziato, embriologo per la precisione, Wilmut è ricordato soprattutto per essere stato a capo del progetto di clonazione di Dolly, primo mammifero nato con questo sistema.
Era il 1996 quando Dolly venne al mondo. La ricerca condotta dall’Istituto Roslin, dove Ian Wilmut lavorava, era stata un successo. La notizia venne resa di pubblico dominio solo l’anno successivo, nel 1997. L’opinione pubblica si divise tra chi difendeva il progresso scientifico e chi, invece, sentiva minacciata la natura umana.
Dolly è nata grazie all’utilizzo di cellule somatiche provenienti da un esemplare adulto, le cellule mammarie per la precisione. Il nome, invece, era un omaggio alla cantante country Dolly Parton. Dopo un delicato processo, l’embrione venne impiantato in un utero e dopo il periodo di gestazione venne alla luce l’esemplare. Un procedimento che, in qualche modo, deve aver finito con l’influenzare un certo signore giapponese ai tempi impegnato nella scrittura di un videogioco. Dolly ha vissuto in salute per circa 7 anni. È morta nel 2023.
Wilmut “ha trasformato il pensiero scientifico del suo tempo. Quel traguardo continua ancora ad alimentare molti dei progressi che oggi vengono fatti nella medicina rigenerativa”, osserva sul sito dell’università il vicecancelliere, Sir Peter Mathieson. Già ai tempi della pubblicazione dei risultati della ricerca, l’università di Edimburgo definì Wilmut “un Titano della scienza”. I risultati ottenuti dal suo team di ricerca – si intuì già allora – fanno parte della storia scientifica.