L’abbiamo aspettato, l’abbiamo bramato e l’abbiamo sognato: tutto questo chiedendoci allo stesso tempo quanto fosse possibile migliorare una formula che è ormai divenuta leggenda. Finalmente possiamo parlarvi della nostra prova in anteprima di Elden Ring, a conti fatti un vero e proprio seguito – spirituale, ma non solo – di Dark Souls, tanto quanto lo fu a suo tempo Bloodborne.
Certo, non abbiamo potuto giocarlo interamente, ma una buona ventina di ore sono già volate nel suo Interregno. Quella di Elden Ring è una terra di draghi, mostri spaventosi e panorami smorti ma affascinanti; il suo mondo in rovina chiede a gran voce di essere esplorato e, mai come ora, il senso d’avventura colpisce forte quanto la bastonata di uno dei suoi mega-boss.
Avendo degli effettivi limiti nella mappa, non siamo potuti andare oltre una certa zona (vogliamo evitare spoiler, per adesso), ma tra poco tempo potreste avere anche voi la fortuna di provarlo con mano grazie alla beta.
Qui, potrete assaggiare in prima persona il suo mondo aperto, così come le battaglie, qualche boss primario e secondario e, soprattutto, il nuovo sistema di build. Vogliamo tranquillizzarvi: Elden Ring ha il feeling di un gioco From Software in tutto e per tutto, e il marchio di Hidetaka Miyazaki non è certo meno visibile che in passato.
Nel corso degli anni avevamo sentito di collaborazioni con Martin (autore del Trono di Spade), di un progetto grande come non mai, di un giro di boa necessario per un piccolo team che, ormai, tanto piccolo non è più. Nonostante sia palese la volontà di espandere ciò che si aveva per le mani, però, Elden Ring ha un retrogusto da Dark Souls molto più forte di quello che ci saremmo aspettati, quantomeno nelle sue fasi iniziali.
Anche avvallando qualche battuta di cattivo gusto, o il meme di Peter Parker che cambia prospettiva di vita solo aggiustando gli occhiali, sì: Elden Ring potevano chiamarlo anche Dark Souls 4 e saremmo tutti stati d’accordo.
Ogni elemento della saga principale From Software è stato mantenuto: l’alto livello di sfida, gli scontri tattici basati su un sempre presente sistema di stamina, dungeon pieni di trappole e nemici e una linea di potenziamento che premia tanto il giocatore occasionale quanto chi vuole testare più build possibili. Sono presenti anche dei simil-falò come checkpoint e una figura femminile alla quale rivolgersi per salire di livello.
Il loop è esattamente il medesimo, così come identica è la sensazione quando si ha il pad tra le mani. Un forte senso di familiarità colpisce il fan di lunga data fin da subito, e la sensazione di trovarsi a casa già dal primo minuto è travolgente. Una delusione, forse, per chi si aspettava un taglio netto con il passato, ma una gustosa continuity stilistica per chi aveva ancora voglia di stringere i denti con una delle formule più dure e riuscite degli ultimi decenni.
La grossa differenza di Elden Ring rispetto a Dark Souls, in realtà, non è nella struttura dei vari livelli, ma nella zona che c’è in mezzo a loro. Potendo cavalcare una bestia magica, infatti, il team ha approfittato della rinnovata velocità del protagonista per offrire ambientazioni vaste come non mai, terre selvagge piene di punti d’interesse e una rinnovata possibilità di gestire l’andamento dell’avventura a nostro piacimento.
Con il passare degli anni, uno dei problemi della saga di Dark Souls è stato sicuramente quello di stringersi sempre più in un corridoio senza troppa fantasia; per assurdo, a tanti anni di distanza, l’opera più aperta di From Software resta quel Demon’s Souls che ha appena ricevuto un fantastico remake per PlayStation 5.
Elden Ring, per quanto indirizzi comunque verso un obiettivo principale, sembra in qualche modo ripescare da quella vecchia, cattivissima idea. Siete da soli, senza indicazioni precise, su una mappa molto più grande di quelle abituali: gli obiettivi non sono segnalati su una mappa, ma sono palesi se ci guardiamo attorno. Un castello su una montagna, delle rovine sulla destra, una strana spiaggia sulla sinistra. L’invito è quello di lasciarvi andare e tentare la sorte finché non si trova la zona più adatta al vostro livello attuale. E se non riuscite a proseguire in un’area, potete sempre tornare indietro e cercarne un’altra.
Lo ripetiamo: abbiamo potuto provare solo un piccolo spicchio di quello che sarà l’overworld del prossimo febbraio, quindi è ancora difficile sancire il successo o meno di questa scelta. In linea di massima, controllando la zona palmo per palmo, ciò che ne abbiamo cavato sono un paio di dungeon secondari – neanche troppo brillanti, più brevi e persino meno interessanti dei Labirinti dei Calici di Bloodborne – e qualche mini-boss a sorpresa qui e lì. L’arrivo improvviso di un drago in una palude ci ha fatto saltare dalla sedia, mentre un cavaliere che pattuglia la mappa è presto diventato il nostro nuovo, imbattibile incubo.
In generale, non parliamo di una mappa chissà quanto piena, o che permetta chissà quanti nuovi approcci (c’è più verticalità, vero, ma le barriere naturali restano tantissime e le strade per un nuovo livello praticamente obbligate). La parola d’ordine, più che “libertà d’approccio”, sembra essere “ordine di scelta”.
I tempi quindi si diluiscono, i viaggi senza battaglie diventano numerosi e il risultato finale è un gioco con più momenti di tranquillità, ma che colpisce comunque duro quando deve. Da segnalare anche la presenza del ciclo giorno notte, sebbene per ora le differenze sembrino solo estetiche.
Tutti i boss che ci siamo trovati davanti si sono rivelati ispiratissimi e duri come la roccia. Sotto questo aspetto, Elden Ring ci ha convinto già fino in fondo; nella speranza, ovviamente, che mantenga questa qualità durante tutto il corso del gioco.
Ma tutto ciò che riguarda la battaglia, parlando più generalmente, è promosso. Del resto, basa il suo impianto su quello dei suoi capolavori precedenti e non fa nulla per nasconderlo. Ciò che funziona non va di certo stravolto, e se speravate di trovare battaglie forsennate, strategiche e sanguinolente come in passato…sì, le avrete, e anche più belle.
La possibilità di costruzione del personaggio è libera proprio come vi aspettereste: le classi di partenza sono dieci, e spaziano dal classico guerriero all’incantatore, ma potrete mescolarle come più vi aggrada. Non solo: per quanto sia ancora presto per dirlo, ci è sembrato anche più facile cambiare stile di battaglia. Le infusioni sulle armi sono ora legati ad oggetti collezionabili, e non a pietre o spese dai fabbri. Questo significa che passare da un’arma di fuoco a una arcana è solo questione di un clic nel menu, così come tornare indietro verso la prima scelta. Proprio per questo, ci si aspetta anche un respec delle statistiche più abbordabile, ma non possiamo ancora confermarvelo.
Il contro di mantenere il medesimo impianto di Dark Souls è, chiaramente, portarsi appresso tutti quei difetti storici che – sorpresa ma neanche tanto – son presenti ancora pure qui. Intelligenza artificiale dei nemici totalmente assente, pathfinding che tende a far incastrare gli avversari un po’ ovunque, hitbox sospette e, neanche a dirlo, enormi problemi di telecamera che – a causa della folta vegetazione – possono essere riscontrati anche nelle zone di più ampio respiro.
From Software non è mai stata un asso nella pulizia tecnica e, per adesso, questo possiamo dirlo anche per Elden Ring. Manca qualche mese all’uscita, ma la situazione che ci siamo trovati davanti è quella di un gioco che prova a raggiungere i 60fps (quasi mai stabili), ma ancora molto rozzo sui bordi. C’è un forte pop-up dell’erba e delle ombre, le lande aperte sono piuttosto spoglie e tante animazioni, asset e persino mostri sono presi di peso dai giochi precedenti, indice di un lavoro ovviamente encomiabile, ma furbetto in più punti.
La presenza di un tasto del salto (come accadeva in Sekiro) abbatte qualche barriera invisibile di troppo, e questo è comodo. Non possiamo ancora promuovere in toto la bontà di ogni differente approccio perché non abbiamo avuto granché tempo di testarli tutti. Per adesso ci siamo concentrati più sul combattimento corpo a corpo, appurando anche che gli avversari sembrano più coriacei che in passato.
Avendo molte zone bloccate, non abbiamo neanche farmato in libertà, quindi parlare di un qualunque bilanciamento è prematuro. Non sappiamo neanche se la formula si evolverà proseguendo o se l’intero gioco si atterrà ai canoni visti in questa prima zona. Sappiamo che si potranno evocare i nemici caduti per farli combattere al nostro fianco, e che in alcuni punti della mappa saranno presenti dei veri e propri “trampolini ventosi” per saltare ostacoli altissimi, ma le ore passate con Elden Ring ci hanno dato la sensazione di un gioco fedelissimo alle sue origini ma che prova allo stesso tempo a espanderne la sua filosofia, anche se più timidamente del previsto e con un comparto tecnico zoppicante in più punti.
Come dicevamo, a breve potrete provare anche voi la nostra test build, mentre tra qualche tempo noi di GameTime potremo mettere le mani sul gioco completo.
Le sensazioni dopo questa lunghissima demo son positive, seppur con qualche riserva. Non sappiamo se la nuova direzione intrapresa piacerà a tutti gli appassionati dei lavori From Software, né sappiamo se questa miglioria porterà con sé solo dei pro (come la possibilità di direzionare l’avventura dove più ci aggrada) o anche dei contro (il primo in cui siamo incappati, ad esempio, è il maggior numero di punti morti).
Le premesse sono buone, il gameplay ci ha effettivamente convinto e, arrivati a questo punto, non vediamo l’ora di scoprire la mole e qualità del gioco finale. Chi non aveva hype in precedenza, farebbe meglio ad averne ora. Elden Ring non sarà la rivoluzione che qualcuno si aspettava, o la grande produzione di un colosso tripla A, ma è la summa di una filosofia che ancora oggi fatica a morire. More of the same? Affatto. Ma sentirsi a casa non è sempre una sensazione negativa. Anche se quella casa è piena di mostri pronti a farci la pelle, nascosti dietro ogni angolo.
Appuntamento, insomma, a febbraio per il verdetto definitivo.