Manuale di sopravvivenza
Dopo un periodo in Early Access e il successivo approdo su console, finalmente riusciamo a mettere le mani sulla versione completa di How To Survive 2. Seguito diretto di un survival di discreto successo, questo secondo episodio ha promesso fin da subito di fare tesoro delle esperienze del team e di migliorare ulteriormente tutto ciò che di più funzionava. Magari, facendo anche tabula rasa di quello che andava completamente riscritto. Ed ecco che così How to Survive 2 appare come un gioco rinnovato ma profondamente familiare. Ci sono gli zombie, ci sono dei grossi ambienti da depredare e ci sono anche tutti quegli elementi che ci costringeranno a tenere d’occhio non solo la salute, ma anche le nostre funzioni primarie.
Cibo e acqua sono elementi preziosi, dopotutto, in un mondo ormai allo sbando. Le meccaniche di crafting sono ancora tutte lì, i pericoli ambientali pure; così come il primo episodio, insomma, anche questo seguito spinge il piede sull’acceleratore del classico e – perché no – dello stereotipo. Ci sono gli zombie, ci sono i sopravvissuti, e ci sono i sopravvissuti che devono combattere gli zombie: nessun colpo di scena, nessuna sorpresa dell’ultimo secondo, si uccide solo per potenziare sé stessi e il proprio campo base. E, a dirla tutta, a noi sta benissimo così.
How To Survive è ludicamente puro, un titolo capace di sfruttare il suo contesto solo per costruire un mero collante tra le missioni: il giocatore, per immergersi nel suo universo, non ha bisogno di conoscere vita, morte e miracoli della sua Louisiana diroccata, né di comprendere a fondo la psicologia dietro i vari comprimari (alcuni dei quali sono anche vecchie conoscenze). Si entra in partita, si girovaga un po’ in giro alla ricerca di materiali, ci si lancia in una tra le tante decine di missioni selezionabili e si ripete il tutto, ancora e ancora.
Come avrete capito, How To Survive 2 si basa su una struttura di gioco classica e – per certi aspetti – persino arcaica. Struttura che, ironicamente, è più facile da trovare su indie PC piuttosto che su console, essendo il primo enormemente più aperto verso prodotti di questo genere. Il fatto che sia stato pensato con il PC come punto di riferimento, tra l’altro, è palese anche già solo guardando i menu. Purtroppo, gli sviluppatori non hanno fatto nulla per rendere l’interfaccia maggiormente console-friendly e, per questo motivo, navigare tra le varie pagine è davvero scomodo. La volontà di studiare un sistema che abbracciasse maggiormente il pad è venuta palesemente a mancare e, per quanto in-game risulti un twin-stick shooter isometrico fluido e divertente, lo stesso non si può dire delle fasi di gestione. E per un titolo fortemente basato su statistiche da spulciare ed equipaggiamento da scambiare continuamente, purtroppo, non è affatto un problema da poco.
così come il primo episodio, insomma, anche questo seguito spinge il piede sull’acceleratore del classico e – perché no – dello stereotipo. Ci sono gli zombie, ci sono i sopravvissuti, e ci sono i sopravvissuti che devono combattere gli zombie.