Intelligenza Artificiale: risorsa o minaccia? – Editoriale

Intelligenza Artificiale

Non importa quante migliaia di anni siano trascorsi dalla comparsa di Lucy o quanti imperi siano sorti e tramontati nel corso dei secoli. Al netto di ogni processo di emancipazione scientifica giunto a compimento, l’uomo ha sempre mostrato un’endemica diffidenza nei confronti del progresso. Ben lungi dal declinarsi soltanto nei substrati sociali meno alfabetizzati o magari in contesti fortemente influenzati da ingerenze religiose, detta attitudine è, secondo alcuni, figlia dell’atavico timore del cambiamento inteso come potenziale alterazione dello status quo e conseguente destabilizzatore dei comuni costumi. Sopravvissuto all’età copernicana, all’Illuminismo, alla Rivoluzione Industriale e alle straordinarie scoperte del primo ‘900, questo atavico malvezzo tutto umano ha continuato a prosperare persino nell’Era Moderna spingendo moralisti e profeti di sventura a indicare prima le TV, poi i computer, quindi la Rete e, più di recente, i social come vettori di disgrazia.

L’ultima manifestazione di questo fenomeno che, in psicologia, è noto come metathesiofobia riguarda, fatalmente, il fiorire delle Intelligenze Artificiali e, nel dettaglio, la minaccia che la loro crescente autonomia costituirebbe per la sopravvivenza della nostra specie. Introdotto nel tritacarne dell’informazione generalista attraverso una forma di narrazione più adatta a descrivere l’improvviso approdo di un’astronave aliena nei cieli che l’aggiornamento di ricerche avviate già agli albori della Seconda Guerra Mondiale, un tema che avrebbe meritato ben altri palcoscenici si è ritrovato al centro di bieche speculazioni catastrofiste. Robaccia da circo mediatico in piena regola, rea d’aver dirottato l’attenzione del pubblico verso gli aspetti più fantascientifici del dibattito, lasciando dolosamente ai margini dello stesso le vere domande a cui gli Stati devono dare una risposta.

Per affrontare in modo responsabile la questione, occorrerebbe smettere di fissare il dito che indica la Luna e riconoscere, una volta per tutte, che le conseguenze legate all’impiego di uno strumento non dipendano da quest’ultimo in sé e per sé, bensì dall’utilizzo che l’uomo scelga di farne. Stabilito che ogni invenzione epocale possa essere garante di opportunità o veicolo di distruzione, sarebbe in tal senso preferibile vagliare con adeguata serenità il rapporto tra rischi e benefici senza cedere alla puerile tentazione di opporvisi a priori. Del resto, la Storia ci ricorda che non c’è stato tiranno, inquisitore o magnate industriale che sia mai riuscito a fermare il progresso e state pur certi che non accadrà neanche ora. Preso atto che le Intelligenze Artificiali non spariranno, né smetteranno di evolversi e che non si possano certo legare le mani agli uomini di scienza, la palla non può che passare ai politici. Sarebbero infatti costoro a doversi adoperare nella codificazione di una giurisprudenza ad hoc attraverso cui regolare l’utilizzo di questa risorsa onde evitare abusi che possano ledere al mercato del lavoro, alla privacy dei cittadini e alla manipolazione dell’informazione.

Sulla base di quanto accaduto con Internet, lasciata prima libera di proliferare per anni senza alcuna regola salvo poi venir goffamente normata solo a buoi già scappati dal recinto, ci si sarebbe in effetti aspettati maggiore reattività da parte delle autorità e, a parare di chi vi scrive, è probabilmente questo l’unico, concreto pericolo da cui dovremmo davvero guardarci. Ogni potenziale danno che i posteri potrebbero attribuire all’incontrollato dilagare delle IA andava infatti contenuto preventivamente attraverso l’immediata promulgazione di leggi condivise almeno dagli Stati del nucleo G7… Leggi che, ahinoi, languono ancora in forma di bozze sulle scrivanie di Primi Ministri spesso orfani di alcun know how.

In attesa di tardivi sviluppi in merito, non possiamo che esercitare il senso di responsabilità a livello del singolo, sperando che ogni altro essere umano faccia altrettanto. Se poi le cose dovessero andare male – e per male non facciamo riferimenti a scenari apocalittici alla Rise of the Machines, ma problemi molto più tangibili a livello economico e socio-culturale – potremmo magari provare a fare mea culpa, piuttosto che limitarci a maledire le IA come abbiamo fatto col fuoco che ha incendiato le nostre foreste, con gli aerei che hanno bombardato le nostre città e con le armi che mietono vite ogni dove.