One Piece Odyssey Recensione (PS5): Stavolta non siamo affatto delusi

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One Piece compie 25 anni, e in occasione di questo ennesimo enorme traguardo, i videogiochi a lui ispirati cambiano percorso e propongono qualcosa di diverso dal solito. One Piece Odyssey è la volontà degli sviluppatori di sondare nuovi territori e, se in passato la serie videoludica era principalmente famosa per averci gettati in caotiche arene musou o in una delle peggiori avventure open world di sempre (World Seeker, parliamo proprio di te, QUI la recensione), adesso è il momento di riavvolgere le lancette del tempo e provare qualcosa di più classico, ma forse anche più efficace.

One Piece Odyssey si presenta infatti come un Jrpg vecchia scuola: un gioco di ruolo pieno di menu, numerini, equipaggiamenti e turni statici. Qualcosa di inatteso forse, soprattutto per un marchio che è ormai sinonimo di battaglie forsennate, ma che riesce a donare nuova vita al brand dopo qualche fallimento di troppo.

Noi siamo riusciti ad agguantare il gioco completo ben prima dell’uscita, fissata per dopodomani 13 gennaio, e possiamo darvi un nostro parere dopo aver completato tutto ciò che c’era da completare. Abbiamo visto i titoli di coda, abbiamo bazzicato nell’endgame e, un po’ a sorpresa, dobbiamo ammettere di esserci ritrovati di fronte a un gioco onesto e sicuramente superiore alle aspettative.

Di base, One Piece Odyssey non fa nulla per riscrivere i canoni del genere e fissarsi come nuovo punto di riferimento del Jrpg. Anzi, parliamo di un prodotto sicuramente derivativo e senza alcun coraggio o volontà di innovare. Questo è certamente il suo peccato più grande, ma in un mondo in cui i titoli su licenza raramente riescono a essere già solo delle esperienze degne del nostro tempo, un prodotto derivativo ma comunque con una sua dignità è molto più di quanto ci saremmo mai sognati di chiedere.

One Piece Odyssey è un jrpg onesto, che ripesca a piene mani dai canoni classici dei Dragon Quest e ci butta in un’avventura con una direzione artistica di qualità, filmati ben girati e un gameplay a metà strada tra le mappe aperte e labirintici dungeon.

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Di base, la narrativa vuole Rufy e la sua ciurma sbarcare loro malgrado sull’ennesima isola misteriosa e non tracciata sulle mappe. Qui, fanno la conoscenza di Adio e Lim, due sopravvissuti con qualche segreto di troppo. Per una serie di vicissitudini che non vi anticipiamo, la ciurma di Cappello di Paglia finirà per perdere i poteri e dover rivivere i ricordi delle vecchie avventure per ritornare in forze.

Il racconto è un continuo ping pong tra la storia della peculiare isola di Waford e i ricordi di quattro delle più famose saghe del One Piece cartaceo: Alabasta, Water 7, Marineford e Dressrosa. Un ottimo compromesso tra novità e fan service; fan service che possiamo anche scusare, visto che il solo motivo di esistenza del gioco è appunto quello di autocelebrazione.

Non tutte le saghe vengono trattate con la stessa cura, ma in generale potete stare certi che vi ritroverete davanti a un tuffo nei ricordi fatto con cuore e tanta cura. Gli sviluppatori di ILCA non sono gli ultimi arrivati sulla piazza (solo ultimamente ci hanno regalato gli ottimi remake di Pokémon Diamante e Perla), quindi era anche lecito aspettarsi dell’effettiva qualità.

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Per quanto riguarda il gioco in sé, non c’è molto da segnalare all’infuori di quello che già vi aspettereste: un’alternanza di terre selvagge e città da esplorare, negozi in cui fare acquisti, abilità da potenziare e ricercati segreti da cui riscuotere taglie. Le varie abilità intrinseche della ciurma ci permetteranno di esplorare luoghi normalmente inaccessibili, mentre le peculiarità uniche di ognuno di loro andranno tenute a mente quando creeremo la formazione.

Un po’ come visto recentemente in Monster Hunter Stories 2, parliamo di un sistema di battaglia alla pari di un carta-sasso-forbici. Ogni personaggio, così come i nemici che affronterà, possono appartenere a una delle tre categorie esistenti: Forza, Tecnica e Velocità. Ognuna di queste è forte contro una tipologia e debole contro un’altra. Questo significa che in base a chi avremo contro, dovremo ragionare su chi far scendere in campo. Niente di troppo complesso a dire il vero, soprattutto contro i piccoli gruppi, ma particolare accortezza è richiesta invece nelle fasi più avanzate.

Di base, uno dei problemi di One Piece Odyssey è la linea di difficoltà, davvero troppo morbida per un numero eccessive di ore. Nel prologo è addirittura possibile tirare giù boss interi prima che loro abbiano possibilità di attaccarci una sola volta. Più si va avanti, fortunatamente, più le cose cambiano.

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Il gioco è abbastanza lungo, serve una quarantina di ore per vedere i titoli di coda della campagna principale, quindi possiamo anche dire che si prende il suo tempo per farci accomodare con le varie meccaniche. Simpatico il fatto che ogni arena sia divisa in più aree: non parliamo infatti di scontri composti dalle classiche due fila, quelle alleate e nemiche, ma di vere e proprie micro-isole dove ognuno si troverà faccia a faccia con solo una parte degli avversari.

Questo significa che prima di poter aiutare dei compagni in difficoltà, dovremo avere la meglio su chi abbiamo già di fronte, o sfruttare magari delle tecniche speciali che regalano movimento sul campo o addirittura scavalcamento di questa regola. Quando alcuni eroi si ritrovano nella stessa area, tra l’altro, è possibile che vengano inscenate delle gag che cambiano un po’ le carte in tavola: ad esempio, se Sanji e Zoro finiscono a combattere spalla a spalla, potrebbero sfidarsi a contare il numero di nemici abbattuti da lì in poi, potenziando così l’attacco di entrambi.

Allo stesso modo, una ragazza in difficoltà potrebbe costringere Sanji ad attivarsi maggiormente, e così via. Niente di trascendentale, ma tanti piccoli imprevisti che possono mantenere alta l’attenzione, soprattutto in un genere già di per sé basato sulla ripetitività.

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Nella maggior parte dei casi, comunque, vista anche la facilità della stragrande maggioranza degli scontri casuali, vi basterà attivare l’autopilota e lasciar fare il resto all’Intelligenza Artificiale. Dimostrazione, questa, che forse un po’ di ribilanciamento della difficoltà non avrebbe fatto male, soprattutto nella prima metà della storia.

Nota di merito a un paio di dungeon che, per complessità e fantasia, ci hanno effettivamente sorpreso; e alla cura riposta nelle animazioni di ogni protagonista, nemico o personaggio secondario. Tutte le mosse più famose del gruppo sono state ricreate con una cura maniacale, rafforzando ulteriormente la nostra convinzione di trovarci di fronte a un lavoro artistico fedele, coscienzioso e pieno di rispetto per l’opera originale.

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In definitiva, nonostante One Piece Odyssey non reinventi alcuno stilema del Jrpg a turni, si ispira comunque a quelli giusti, piazzandosi di fatto come una scelta onesta per chiunque cerchi un degno gioco di ruolo a turni senza troppi fronzoli, e un acquisto obbligato per tutti quei fan che ancora seguono le avventure dei Mugiwara e hanno una gran voglia di fare un bel tuffo nel loro passato.

One Piece Odyssey, come impostazione, va a scontrarsi contro mostri sacri che propongono esperienze simili da decenni e, proprio per questo motivo, difficilmente verrà ricordato per qualcosa in particolare. Allo stesso tempo, però, non ha errori eclatanti che lo rispediscono al livello dei classici tie-in senza arte né parte.

Un buon gioco, insomma che non mostra chissà quanto coraggio ma che neanche è interessato a farlo. Poteva andare molto, ma molto peggio.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
7
one-piece-odyssey-recensione-ps5 One Piece compie 25 anni, e in occasione di questo ennesimo enorme traguardo, i videogiochi a lui ispirati cambiano percorso e propongono qualcosa di diverso dal solito. One Piece Odyssey è la volontà degli sviluppatori di sondare nuovi territori e, se in passato la...