Tra vecchio e nuovo
Blake, accompagnato da sua moglie, è ancora in fase d’avvicinamento alla zona quando un problema sconosciuto costringe l’elicottero a un atterraggio d’emergenza. I due coniugi sono ora separati. Bastano pochi passi nella selva oscura per capire che le priorità, neanche a dirlo, sono improvvisamente cambiate. In questo paese, palesemente, c’è qualcosa che non va, ed è meglio avere a che fare con un solo cadavere, invece che tre. L’obiettivo è ora quello di abbandonare lo scoop, trovare nostra moglie e scappare il più in fretta possibile in direzione della prima zona civilizzata. Sempre che ce ne sia una.
Fin dai primi passi, Outlast 2 si presenta come la ricetta del seguito perfetto: gioco totalmente differente ma sempre e comunque familiare. Il cuore è ancora lì, intatto, ma la scocca esterna è mutata così tanto da sembrare quasi un’altra saga. Pad alla mano, il feeling è assolutamente lo stesso, ma è proprio il contesto generale a spezzare ogni legame con il passato.
Dopotutto, già il solo perdersi in zone naturali è una novità totale per la saga. Il gioco ci richiederà quindi di sfruttare tutto ciò che conosciamo (in primis, la videocamera a visione notturna) e di adattarci a situazioni sensibilmente rinnovate e pericoli mai visti prima. Se proprio dovessimo fare un paragone, è un po’ come il passaggio visto con Metal Gear Solid dal secondo al terzo capitolo, dove ci si è ritrovati a passare dall’infiltrazione in strutture asettiche alla mimetizzazione tra alberi e cespugli.
Fin dai primi passi, Outlast 2 si presenta come la ricetta del seguito perfetto: gioco totalmente differente ma sempre e comunque familiare.