Le persone che sviluppano una forma di dipendenza dai videogiochi sono capaci di passare un sacco di ore davanti al monitor del computer o al televisore, tanto che in passato ci sono stati alcuni casi documentati di morte dopo una maratona di 40 ore di gioco (o più). Episodi tragici, ma ben più tragico è quanto è successo al ventisettenne Mark Sandland. Esasperato dalle urla di sua figlia di cinque settimane mentre lui cercava di superare alcune sessioni particolarmente complicate di Assassin’s Creed 3, il giovane padre è uscito di senno e l’ha uccisa. Questo gli è valso ora una condanna a otto anni di carcere.
In difesa di Mark è stato affermato che sia stato vittima di un attacco epilettico e che non avesse realmente intenzione di uccidere sua figlia. Tuttavia, la piccolina ha subito diverse lesioni al viso, al torace, all’addome e ai fianchi, pertanto la corte ha ritenuto suo padre colpevole di omicidio colposo, infliggendo una condanna a nostro avviso troppo leggera in relazione al gesto compiuto.
Di fronte a tragedie come questa è fin troppo facile attribuire colpe al videogioco, quando il problema è lo squilibrio della persona. Che si può manifestare in una dipendenza ossessiva dal videogioco, oppure in altre forme. In qualche caso si arriva a conseguenze estreme. E a notizie che non vorremmo mai leggere…
Fonte1: BBC News
Fonte2: BBC News