Come si fa a descrivere ciò che Shigeru Miyamoto rappresenta per il mondo gaming? È un compito difficile da portare a termine in così poche righe. Possiamo chiamarlo “papà” di Super Mario? Certo, è uno degli appellativi più comuni che gli si può affibiare. Possiamo definirlo “volto noto” di Nintendo? È la verità. Chi meglio di lui può rappresentare l’azienda giapponese nata oltre un secolo fa?
Ci vengono in soccorso la rivista Time, che lo definisce lo “Steven Spielberg” dei videogiochi, e il Daily Telegraph che non ricorre a mezze misure nell’affibbiargli il titolo di più importante Game Designer della storia (definizione condivisa alla quasi unanimità da pubblico e industria). IGN lo piazza al primo posto tra i 100 game designer più influenti di sempre.
Nato il 16 novembre 1952 a Kyoto, Shigeru viene assunto in Nintendo a metà degli anni ’70 direttamente da Hiroshi Yamahuchi. Miyamoto è fresco di diploma da artista, ed è questo il compito che gli viene affidato all’inizio. Il primo gioco al quale collabora è Radar Scope che però non ottiene il successo sperato fuori dai confini giapponesi.
Bisognerà attendere il 1981 per vedere il vero talento di Miyamoto all’opera. Risale a quell’anno infatti la pubblicazione di Donkey Kong. Miyamoto ci lavora quasi in solitudine componendo la musica, programmando e disegnando i personaggi. Probabilmente nemmeno lui sapeva che con la matita non stava solo realizzando creature da far muovere sullo schermo ma veri e propri pezzi di storia del mondo dei videogiochi. Donkey Kong, naturalmente, Pauline e quello che viene ricordato come Jumpman o Mr. Video. Solo più avanti il personaggio cambiò il suo nome grazie a una intuizione di un dirigente di Nintendo of America, il prototipo di Mario insomma.
Bisognerà attendere un paio di anni prima di vedere l’idraulico baffuto (che all’inizio era un carpentiere) diventare il protagonista assoluto della storia. Super Mario Bros, il gioco che ha definitivamente consacrato il personaggio e il suo creatore esce nel 1985 su NES. A lui si affida spesso il merito di avere risollevato l’industria dei videogiochi dopo la cosiddetta crisi del 1983. Più certo invece l’impatto culturale di quel gioco: il New Yorker arriva a descrivere Mario come il primo vero eroe popolare dei videogame (il titolo di icona e rappresentante dell’intera industria era già occupato dal Pac-Man di Satoru Iwata).
Passa appena un anno e su NES arriva un altro videogioco firmato Miyamoto: The Legend of Zelda, magari il nome vi ricorda qualcosa. Sicuro dice qualcosa ai redattori di Game Informer che hanno affibbiato al capostipite della serie il per nulla importante appellativo di “videogioco più importante della storia”.
Come dimenticare poi che sempre Shigeru Miyamoto ha contribuito a dare vita a Star Fox. Il grande balzo nel mondo 3D, il gioco che mostrò al mondo di cosa era davvero capace il Super Nintendo Entertainment System pur nelle limitazioni hardware dei primi anni ’90.
Al momento, Shigeru Miyamoto si sta occupando della serie Pikmin. Noi, oltre ad augurargli buon compleanno non possiamo che sperare di arrivare come lui a 70 anni con ancora la gioia nel cuore e la voglia di avere a che fare con i videogame. Soprattutto, non possiamo non ringraziarlo per l’immenso contributo che ha dato a questa industria e ai magnifici momenti che i suoi videogiochi ci hanno regalato.