Break it. Take it. Hack it.
In Watch Dogs 2 impersoniamo Marcus Holloway, un hacker originario di Oakland che in passato è stato ingiustamente accusato di un crimine e adesso vuole vendicarsi lavorando insieme agli altri hacker del gruppo Dedsec per affossare la Blume, colosso del controllo informatico già presente nel primo capitolo, e fermare il ctOS 2.0, nuova versione del sistema operativo in grado di raccogliere informazioni e violare la privacy di tutta la città. Obiettivo del gioco è completare alcune “operation” (ovvero le missioni) per guadagnare follower e di conseguenza la potenza di calcolo dei loro dispositivi (cellulari, tablet, computer) per fronteggiare lo strapotere della Blume.
Una cosa che ci è sembrata subito evidente sin dalla prima missione introduttiva è che Watch Dogs 2 offre al giocatore molto più opportunità, non solo in termini di hacking ma di stile di gioco. Notiamo subito che ogni abilità nello skill tree è legata a uno o più dei tre stili disponibili: Aggressor, Ghost o Trickster. Il primo è per chi crede che Dedsec debba farsi strada con la forza, facendo rumore, senza paura di usare le armi o eliminare brutalmente i propri nemici. Ghost si adatta ai giocatori che vogliono agire nell’ombra e lasciarsi alle spalle solo una scia di nemici storditi; Trickster infine incarna il vero spirito del gioco e si basa sull’uso dell’hacking e dei droni per portare a termine la missione semplicemente dal proprio computer, senza esporsi ad alcun rischio.
Obiettivo del gioco è guadagnare follower e la potenza di calcolo dei loro dispositivi per fronteggiare lo strapotere della Blume
A tal proposito le possibilità di hacking sono aumentate esponenzialmente e non esiste più un unico approccio comandato: ciascun giocatore può sfruttare la propria creatività e “hackerare” a sua volta il level design mischiando ogni elemento a disposizione per arrivare al risultato finale, scegliendo la strada che preferisce. Il tutto reso molto più accessibile dal nuovo sistema di comandi che abbatte definitivamente il problema del primo Watch Dogs: grazie alla vista NetHack (simile a quella dell’aquila di Assassin’s Creed) si possono evidenziare i punti di interesse e muoversi senza problemi tra le telecamere, alle quali è assegnato un tasto, e gli interruttori/trappole/oggetti da attivare, ai quali è assegnato un altro tasto e a sua volta fino a quattro opzioni diverse tenendolo premuto. Niente più confusione, niente più selezioni errate, niente più azioni sbagliate dovute ai comandi, al sistema di puntamento o alla vicinanza tra un oggetto e un altro.
Le quattro opzioni poi permettono di scegliere esattamente cosa fare: attirare, impostare una trappola di prossimità, esplodere, stordire, distrarre, attivare la granata, rendere ricercato e molte molte altre a seconda del bersaglio, persino combinabili per un effetto a catena che finalmente concede al giocatore il pieno controllo sullo stile e il tipo di approccio, lasciandosi alle spalle la frustrazione e il caos dei comandi del primo Watch Dogs.
È vero, a volte la soluzione “fucile alla mano” è più rapida, ma molto meno che nel primo capitolo e spesso troppo rischiosa, soprattutto se contro la polizia.