È notizia di pochi giorni fa. Bungie, casa di sviluppo di recente parte della famiglia PlayStation, ha sospeso ogni attività sui social. Il motivo, aveva spiegato l’azienda, risiedeva in un numero imprecisato di minacce, messaggi e comportamenti generalmente vessatori nei confronti di sviluppatori e dipendenti. La situazione, affermava lo studio, non andava presa sotto gamba.
Due dipendenti di Bungie si sono rivolti alla suprema corte dell’Ontario. I giudici si sono espressi imponendo al provider TextNow Inc. di rivelare l’identità degli utenti che, approfittando di quei servizi, hanno iniziato la campagna d’odio verso l’azienda.
L’entità dei messaggi rivolta ai dipendenti di Bungie era sconosciuta fino ad ora. Attraverso un tweet di Peter Tassi è emerso un articolo, pubblicato da The Record – firmato da Gordon Paul – nel quale, oltre ai primi sviluppi giudiziari, vengono raccolte alcune testimonianze dai dev di Bungie. Il pezzo di The Record ripercorre le tappe principali della storia a partire dal principio.
Minacce ai dipendenti di Bungie: cosa è successo?
A inizio giugno, la campagna marketing di Bungie per pubblicizzare Destiny 2 si era arricchita dell’iniziativa “La Mia Storia”. Come testimonial, lo studio aveva scelto lo streamer e creatore di contenuti ‘Uhmaayyze’. L’apparizione dei primi post su Twitter ha messo in moto alcune persone che, approfittando di alcuni strumenti atti a celare la loro identità in rete, ha cominciato a importunare i dipendenti dell’azienda. Il primo caso risale al 14 giugno quando utente ha minacciato di morte i developer di Bungie.
Da quel singolo tweet, l’escalation. Si va dalle minacce fino ai casi di vero e proprio doxxing ovvero il reperimento e successiva pubblicazione online di informazioni personali delle vittime, incluso l’indirizzo di casa o i numeri di telefono personale. In un caso, racconta l’articolo, un dipendente avrebbe ricevuto diversi messaggi nella segreteria telefonica del numero di casa. Chi li aveva lasciati si era identificato come Brian.
Nei messaggi, rivolgendosi al dipendente per nome e cognome, chiedeva per una modalità separata o un DLC di Destiny 2 che gli permettesse “di ammazzare i ne*ri” (sic.) e pare non si tratti nemmeno di un caso isolato. Interrogati dalle autorità, i due dipendenti di Bungie hanno raccontato di aver subito trattamenti simili. In alcuni casi, i molestatori hanno dimostrato di essere in grado di seguire gli spostamenti e osservare le attività delle loro vittime facendole sentire davvero poco al sicuro.
L’ordinanza del tribunale dell’Ontario era stata emessa già diverse settimane fa. Solo adesso i giudici hanno deciso di allegare le motivazioni del provvedimento. Il motivo, naturalmente, è il garantire la sicurezza dei denunciatari.
Fonte: The Record