
Il film di Elden Ring è realtà e porta con sé una storia di dedizione fuori dal comune. Alex Garland, regista di Ex Machina e Civil War, nonché fan dichiarato del gioco di FromSoftware, ha scritto un copione da 160 pagine, arricchito da 40 pagine di immagini, per convincere direttamente Hidetaka Miyazaki a dare il suo benestare.
Secondo un nuovo report del New Yorker, Garland è volato in Giappone per presentare di persona il progetto al creatore di Elden Ring. L’incontro è andato a buon fine e così il film, prodotto da A24, ha iniziato ufficialmente il suo percorso. Al fianco del regista c’è anche George R. R. Martin, autore di Game of Thrones e co-creatore dell’universo narrativo del gioco, in veste di produttore.
Garland, superfan di Elden Ring
Il regista non è soltanto un professionista coinvolto nel progetto, ma un vero appassionato. In un’intervista a IGN lo scorso giugno, Garland ha raccontato di essere arrivato al settimo playthrough di Elden Ring, rivelando che il boss più difficile da abbattere per lui è Malenia, Lama di Miquella.
“È Malenia quella tosta”, ha spiegato Garland. “Ho fatto sette run, sono al massimo livello, ho un’arma pazzesca, eppure continuo a buttarmi contro di lei ancora e ancora. Alla fine vinci solo con la perseveranza, proprio come in Dark Souls”.
Martin entusiasta, ma non coinvolto direttamente
George R. R. Martin si è detto entusiasta della scelta di Garland e della produzione A24, definendo il regista “di prim’ordine” e lo studio di alto livello. Tuttavia, al momento non ci sono indizi che lo scrittore sarà direttamente coinvolto nello sviluppo del film, vista la mole di progetti che lo tengono già occupato.
Cosa sappiamo finora del film
Non esistono ancora dettagli concreti sulla trama, sul cast o sulla data di uscita. Alcune indiscrezioni parlano della volontà di Garland di lavorare di nuovo con Kit Connor (Heartstopper, Warfare) per un ruolo chiave. La produzione non è ancora iniziata, ma il progetto sta già attirando grande attenzione tra i fan del gioco e del cinema fantasy.
Fonte: New Yorker










