Avatar Frontiers of Pandora: un po’ Far Cry, ma anche tante novità! – Anteprima

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Qualche giorno fa abbiamo avuto la fortuna di poter provare oltre due ore di Avatar: Frontiers of Pandora, titolo targato Ubisoft atteso per il prossimo 7 dicembre su PS5 e Xbox Series X. È la prima volta che la saga di James Cameron abbandona il grande schermo per affacciarsi nel mondo videoludico ma, per quanto la casa francese stia mostrandosi un po’ in difficoltà a portare alla luce progetti davvero convincenti, dobbiamo ammettere che il matrimonio Ubisoft-Avatar accese il nostro interesse fin dal momento dell’annuncio.

Dopotutto, l’epopea dei Na’vi non è solo battaglia, ma anche scoperta, esplorazione, mondi vasti con panorami mozzafiato. Proprio per questo, vedere i creatori di Assassin’s Creed (per quanto il team sia più precisamente quello di The Division) impegnarsi su qualcosa di così affine alla loro esperienza pregressa ci ha comunque riempito di speranza. E, dobbiamo ammetterlo, ne siamo usciti fuori anche abbastanza incuriositi e – perché no – anche convinti.

La demo privata a cui abbiamo messo mano, a essere onesti, ci lancia dritti in medias res, in un punto del gioco non ben precisato che non corrisponde all’inizio effettivo. Sostanzialmente, conosciamo l’incipit e immaginiamo quale possa essere l’obiettivo, ma per poter parlare più precisamente della vicenda dovremo chiaramente attendere il prodotto completo. Di base, abbiamo le redini di un Na’Vi addestrato dal RDA; protagonista che, inutile dirlo, vuole liberare la propria terra dai conquistatori e restituirla alle tribù autoctone. Ubisoft è stata rapida a precisare come la trama di Avatar: Frontiers of Pandora non è in alcun modo legata a quella dei film. Ovviamente ne condivide il mondo e, a grandi linee, le razze tribali, ma non dovrebbe esserci alcuna citazione diretta ai lungometraggi. In questo modo, potrà mettere mano al gioco persino chi non conosce le due opere cinematografiche di Cameron, così da non sentirsi mai completamente alienato.

L’ultimo decennio ha visto i franchise Ubisoft consolidarsi sotto un’unica bandiera stilistica, e questo dobbiamo ammetterlo. Le sue IP principali convergono sempre più verso esperienze similari, con meccaniche che spesso rimbalzano da un gioco all’altro fino a creare un’identità aziendale ormai riconoscibilissima anche all’occhio meno esperto. Quando abbiamo iniziato la prova di Avatar: Frontiers of Pandora, infatti, non possiamo dire di essere rimasti sorpresi dalla mancanza di cambi nel registro. Prima persona, crafting, caccia, esplorazione libera, alberi delle abilità, duplice approccio in ogni missione: il primo impatto è stato sicuramente vicino a quello che si può provare mettendo mano a un qualsiasi Far Cry, e questo va precisato fin da subito. Questo non significa però che non abbia assi nella manica, tutt’altro.

Prendiamo come esempio la prima delle due missioni disponibili: la ricerca di nettare ci lascia senza alcun segnalino palese sulla mappa, costringendoci quindi a impegnarci e ad aguzzare la vista per scorgere ogni risorsa possibile. Poter accedere in ogni momento a una vasta enciclopedia in-game non solo ci permette di conoscere meglio fauna e flora del pianeta, grazie a compendi di pagine e pagine di descrizioni, ma anche di tracciare a schermo quello che più ci interessa. Questo modo di muoversi nella natura selvaggia, di studiarla e di immagazzinarla in menu utili non solo per recuperare materia prima, ma anche per studiarne comportamenti e habitat, ci ha ricordato quasi più un No Man’s Sky che un classico gioco Ubisoft. La cura con cui il mondo digitale è stato tratteggiato ci ha lasciato esterrefatti; ad esempio, comportamenti e loot delle piante possono variare in base all’orario del giorno o al tempo atmosferico. Cacciare un animale selvatico con un’arma diversa può rovinarne ad esempio la pelle. Questo fa sì che la routine dell’open world, per una volta, vada realmente a impattare su come si gioca, cosa che non vedevamo dai tempi di Red Dead Redemption 2 o di Days Gone.

Se la prima missione era semplicemente un enorme tutorial, la seconda si è rivelata invece molto più interessante. Qui, dovremo raggiungere e ammaestrare la nostra cavalcatura volante, in una sequela di scene spettacolari e scalate mozzafiato che, tanto nell’intenzione quanto nell’accompagnamento musicale, ci hanno confermato quanto Ubisoft abbia centrato in pieno l’atmosfera dei film e l’abbia addirittura elevata ulteriormente, rendendo noi i veri protagonisti. Per raggiungere la tana del nostro compagno animale dovremo farci strada lungo i tortuosi sentieri di un picco altissimo. Ogni salto è un’azione da far saltare il cuore in gola, ogni sguardo verso il basso lascia a bocca aperta, ogni azzardo fa sussultare come fossimo realmente lì: la fantastica colonna sonora accompagna questo piccolo ma ritmato viaggio fino al culmine della montagna, restituendo delle vibes molto vicine a quelle dei migliori Far Cry, terzo capitolo su tutti. Se la quest sopraccitata sarà l’esempio medio di come si svolgerà la campagna principale di Avatar, allora la software house ha già azzeccato quantomeno la cinematograficità delle sequenze: il DNA da blockbuster è lì, ed è forte.

Una volta in volo, toccherà andare alla conquista di una base nemica. Qui il procedimento è un po’ più classico: si distruggono elementi precisi all’interno dell’area nemica, si falcia chi si ha davanti e si cerca di arrivare al centro nevralgico senza lasciarci le penne. Lo shooting è sicuramente reminescente, ancora una volta, da quanto già visto nei vari Far Cry. La possibilità di scegliere se utilizzare armi umane o altre più primitive, però, è sicuramente peculiare. Per quel poco che abbiamo potuto provarlo, lo ammettiamo, abbiamo preferito vomitare fuoco con un grosso mitragliatore, lasciando quindi da parte archi e fionde. Impossibile, al momento, dire quanto questi strumenti siano bilanciati o se tutti finiranno per preferire l’armamentario più moderno rispetto a quello solito dei Na’vi. Anche l’approccio stealth ci è sembrato un po’ debole; per quanto ci abbiamo provato, non siamo riusciti in alcun modo a farci strada nella base nemica senza allertarli fin da subito. Come prima, non siamo certi se alcune abilità miglioreranno i nostri spostamenti nell’ombre o se Avatar: Frontiers of Pandora semplicemente non prevede approcci silenziosi.

In verità, è davvero difficile dare un parere sul bilanciamento e le varie attività: per quanto abbiamo potuto dare uno sguardo allo skill tree, possiamo confermare che sostanzialmente è quello che vi aspettereste: abilità difensive, altre offensive, qualcosa legato al crafting e così via. Interessante come la presenza di una barra della stamina vada a influire sulla nostra capacità di rigenerazione, una meccanica quasi reminiscente da Snake Eater. Mangiucchiare ciò che troviamo in giro ci terrà quindi in forze, e cucinare piatti appositi donerà anche qualche bonus specifico. Il team di sviluppo sembra effettivamente aver avuto molta accortezza su questo ultimo punto: unire ingredienti casuali ci farà scoprire ricette e tramite le ricette potremo potenziare temporaneamente alcune nostre statistiche prima di partire in missione. Quest’ultimo punto, ad esempio, ci ha ricordato molto da vicino la preparazione pre-quest di un qualsiasi Monster Hunter. Raccogliere risorse negli ambienti selvaggi è in realtà molto interessante perché, per quanto abbiamo visto pochissimi ecosistemi, è palese come questi siano ricchissimi di sorprese, e di flora e fauna con comportamenti ben precisi. In questo modo, l’esplorazione non risulta mai troppo passiva, costringendoci a dare un occhio a ogni cosa che ci circonda per non rischiare di finire nelle fauci di qualcosa che originariamente sembrava innocuo.

Avendo noi provato una build ancora non definitiva, confermiamo che sicuramente c’è da fare ancora un po’ di lavoro di pulizia prima dell’uscita definitiva del gioco. Prima dell’arrivo nei negozi vorremmo vedere qualche bug in meno (abbiamo dovuto riavviare una missione dal checkpoint perché gli NPC avevano smesso di funzionare) e magari qualche aggiornamento grafico, soprattutto durante le fasi di volo. Quando si è a terra, sia artisticamente che tecnicamente, il gioco si comporta benissimo: i panorami sono tanto belli da vedere quanto da esplorare, e la distanza di visione lascia sicuramente a bocca aperta. Quando si è in volo, invece, un po’ di nebbia di troppo e un pop-up un pelo aggressivo rovinano un quadro normalmente evocativo.

Pur essendo un gioco con DNA Ubisoft in tutto e per tutto, Avatar: Frontiers of Pandora ci ha comunque sorpreso con qualche piccola innovazione che promette di donargli una dimensione abbastanza unica. Di base, di primo acchitto potrebbe ricordare un buon Far Cry e non è di certo un insulto. Ma la presenza di una profonda meccanica di cucina, ambienti pieni di fauna e flora autoctona da studiare e da sfruttare a proprio vantaggio e la scelta tra seguire la via più aggressiva degli RDA o la filosofia primitiva dei Na’vi assicura un buono spazio di manovra per tutti quei giocatori che vogliono sperimentare build differenti. L’appuntamento con la prova definitiva è chiaramente settato per il prossimo dicembre; fino ad allora, possiamo dirci pienamente soddisfatti – seppur con le giuste riserve – di quello che abbiamo potuto provare.