Oscuri poteri, tutti al nostro servizio
Con Dishonored 2 ci troviamo davanti a un completo remix di quanto già visto in passato. Nonostante le belle parole spese da Bethesda per presentare il nuovo capitolo della saga, Arkane Studios non sembra essere riuscita a introdurre innovazioni esagerate, la scelta sembra essere invece stata quasi volontaria. Come sempre la punta di diamante del gioco è rappresentata dalla verticalizzazione dell’ambientazione che permette di affrontare ogni singola missione con i più disparati approcci a seconda dell’indole del giocatore. Optando per uno stile di gioco completamente stealth e “benevolo” nei confronti dei nostri ignari nemici, possiamo ancora una volta ridurre le perdite al minimo, sbloccando il finale migliore tra i disponibili. Utili, come sempre, in questo intento saranno i ritrovati poteri concessi dall’amico Esterno, personaggio che ancora una volta stenteremo a inserire nella nostra lista di amici fidati per via del suo fare ambiguo e da perenne doppiogiochista. Che la nostra scelta sia ricaduta tra il maturo protagonista o la più giovane fanciulla, il ventaglio di meccaniche presentate sarà vagamente lo stesso, concedendo però piccole e interessanti divergenze tutte da scoprire.
Nell’intento di sventare i piani dell’ennesimo avversario, stavolta la misteriosa strega Dalilah Kaldwin, presunta sorellastra della defunta imperatrice Jessamine Kaldwin dotata di poteri simili a quelli dell’Esterno, affronteremo sfide sempre più complesse poco a poco che ci avvicineremo al finale aperto di Dishonored 2. Segreti da scoprire in ogni mappa, orrori meccanici pronti a tagliuzzarci in tanti pezzetti, ma anche vecchi e nuovi alleati ci aiuteranno a movimentare il nostro nuovo soggiorno nell’Impero delle Isole. Ogni “livello” è infatti composto da varie missioni secondarie e oggetti da recuperare (amuleti e rune per accrescere il nostro potenziale in primis) che ci permetteranno di affrontare al meglio la successiva sfida concedendoci una chance in più rispetto al normale. Tuttavia la difficoltà generale non è cambiata molto rispetto al primo capitolo. I nemici presenti nel gioco sono infatti dotati di un’IA scontata e prevedibile anche al livello di difficoltà più alto dove i pattugliamenti saranno sempre ciclici e le mischie, se vorrete affrontarle, non troppo complesse da vincere. La pecca maggiore è però data dalla hitbox in quanto, troppo spesso, l’avversario riuscirà a colpirci con un fendente della sua spada anche a una certa distanza, impedendoci così di difenderci a dovere. Piccola nota di demerito anche per quanto riguarda la distruttibilità e l’interazione con l’ambiente circostante: stordire un nemico e poi poggiarlo lentamente accanto a un elemento in grado di andare in frantumi comporta spesso l’inevitabile morte del malcapitato, mandando all’aria tutti i nostri piani da buoni samaritani. Lo stesso vale per minuscoli oggetti posizionati a terra che a volte salteranno in aria facendo il più assurdo dei rumori e avvertendo ogni guardia nelle vicinanze della nostra presenza. Attenti a dove metteterete i piedi quindi, ma anche quelli dei vostri nemici.