Knack

Japan Studios, responsabile, fra le altre cose, di titoli del calibro di Gravity Rush, ci regala una delle prime nuove IP di questa generazione, Knack, titolo sviluppato in esclusiva per PlayStation 4. Annunciato in pompa magna all’E3 dell’anno scorso, questo particolare titolo era riuscito a catalizzare l’attenzione degli addetti ai lavori non solo per via del particolare stile grafico, ma anche per alcune caratteristiche del gameplay interessanti che donano un tocco di peculiarità a un genere di gioco davvero canonico. Al timone del progetto c’è il director Mark Cerny, sviluppatore veterano che ha dato il suo contributo a diversi nomi illustri del videogioco, non ultima la mitica serie di Crash Bandicoot. Chiaro come, quindi, ci siamo approcciati a questo titolo non solo curiosi di scoprire come si palesassero le potenzialità della nuova macchina Sony, ma anche con un certo carico di aspettative che (meglio dirlo da subito) purtroppo sono state in gran parte disattese.
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La storia è assolutamente trascurabile e risulta in definitiva utile soltanto a inserirvi nei diversi contesti dei livelli, che si concretizzano in un semplice alternarsi di corridoi e arene.

Le delusioni, infatti, cominciano proprio dal comparto tecnico. A fronte di uno stile generale con cui sono stati realizzati personaggi e ambientazioni che ricalca le linee di un cartoon in maniera gradevole ma ingenua e senza guizzi particolari, la realizzazione tecnica lascia molto a desiderare. Dall’illuminazione ai modelli poligonali, la grafica del gioco appare obsoleta e non restituisce per niente quel senso di avanguardia visiva che ci si aspetterebbe da una macchina appena uscita sul mercato. Il protagonista dell’avventura è forse l’unica vera eccezione, riuscendo a stupire grazie all’elevato numero di oggetti che lo compongono e che crescono durante il procedere del gioco. Knack, infatti, è un essere artificiale creato da un brillante scienziato con l’intento di usarlo come arma per sventare la minaccia dei goblin, entrati misteriosamente in possesso di tecnologie avanzatissime. La sua particolare natura vi permetterà di assorbire vari manufatti sparsi per i livelli che, oltre a fornirvi magie elementari, accresceranno il vostro potenziale distruttivo (nonché la vostra massa corporea).
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La storia è assolutamente trascurabile e risulta in definitiva utile soltanto a inserirvi nei diversi contesti dei livelli, che si concretizzano in un semplice alternarsi di corridoi e arene. Knack possiede solo due attacchi: una veloce combo di pugni e il classico salto sulla testa dei nemici (stile Super Mario, se perdonate la blasfemia). In mancanza di una parata vera e propria, potremmo schivare i nemici, che in ogni caso opporranno sempre molta resistenza ai nostri colpi, il che causa un fastidioso sbilanciamento verso l’alto della difficoltà di un gioco che, in realtà, dovrebbe apparentemente essere rivolto al pubblico dei più giovani.

Una cura riposta in questo comparto del gioco, che quindi va in netta opposizione con la blanda linearità e per certi versi, superficialità, con cui è stato realizzato tutto il resto.

Da dimenticare anche le fasi stealth, davvero poco riuscite e forzate, incapaci inoltre di donare varietà a una struttura di gioco eccessivamente ripetitiva e con pochi spunti di reale interesse. A salvare, almeno in parte, l’esperienza di gioco ci pensa la modalità cooperativa, che rende meno frustrante l’esperienza, quel tanto che basta per rendere Knack degno di qualche sessione con un amico. Già… peccato però che, per portare a termine il gioco, sia necessaria ben più di qualche sessione.
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Da dimenticare anche le fasi stealth, davvero poco riuscite e forzate.

Infatti, pur trattandosi di un action-platform piuttosto all’acqua di rose nella struttura, il titolo di Japan Studio è insospettabilmente lungo. Odiosamente, ci verrebbe quasi da aggiungere con un pizzico di perfidia. Almeno dodici ore saranno necessarie per giungere alla conclusione, inframmezzate da sequenze narrative che (perlomeno loro!) risultano piuttosto ispirate.
In effetti, qualche altro pregio dobbiamo obiettivamente riconoscerlo a Knack, a partire dall’idea da cui nasce tutto il progetto: focalizzare il gameplay sulle meccaniche di combattimento più che nelle dinamiche di salto e nell’esplorazione è una scelta per il genere quanto meno singolare. Oltre alla già accennata sfida che offrono gli avversari, in grado di tenere sempre alta la soglia di attenzione del giocatore, gli scontri risultano piuttosto vivaci grazie a una varietà dei nemici davvero encomiabile. Questi infatti richiedono spesso e volentieri approcci e soluzioni diverse per essere sconfitti. Una cura riposta in questo comparto del gioco, che quindi va in netta opposizione con la blanda linearità e per certi versi, superficialità, con cui è stato realizzato tutto il resto e che purtroppo, svilisce in ultima istanza il gioco.
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In ultima analisi, è davvero un peccato che le cose siano andate così. Knack avrebbe avuto le potenzialità per essere qualcosa di nettamente migliore: in fondo sarebbe bastato un level design un po’ più ricercato e complesso e sezioni platform più elaborate. Invece, l’esperienza intera si riduce a una ricerca ossessiva dei pezzi con cui far evolvere il nostro protagonista, dandogli caratteristiche diverse a seconda dei materiali raccolti e allo sterminio di ogni forma di vita ostile incontrata durante il cammino. Le pochissime variabili di questo schema, oltre a una grafica e un sonoro sottotono, rendono Knack un’esperienza tutt’altro che memorabile, consigliata solo a chi vuole davvero provare ogni singolo titolo di questo lancio della PlayStation 4.