Metroid Prime Remastered Recensione (Nintendo Switch)

Metroid Prime Remastered Recensione Nintendo Switch 1

La nostra recensione di Metroid Prime Remastered per Nintendo Switch

Per chi non avesse mai giocato un Metroid Prime e aspettasse da tempo l’occasione giusta per farlo, tale opportunità si è palesata nell’ultimo Nintendo Direct con un annuncio improvviso e uno shadowdrop che ha fatto tremare i circuiti di tutte le Switch del pianeta.

Ma il pianeta su cui può portarvi Metroid Prime Remastered è diverso dal nostro: Tallon IV è inospitale, selvaggio, antico e abbandonato, popolato da creature aggressive e misteri intriganti. E l’avventura che aspetta il giocatore è forse inedita anche per chi l’originale lo ha già giocato nel 2002, visto che la portata di questa rimasterizzazione è tanto imponente da sfiorare il remake, capace di far impallidire qualunque altro gioco uscito su Switch fino a oggi ed elevando il codice originale per Game Cube a qualcosa di imperdibile per chiunque, specie se ama l’avventura sci-fi.

Il risultato tecnico è sensazionale: oltre ai modelli rifatti il gioco sfoggia effetti di luce e dettagli che forse mai si sono visti prima sulla piccola ibrida Nintendo, che nonostante l’età riesce a far girare Metroid Prime Remastered a 60fps ferrei e inamovibili, tanto da farci sognare per quello che ci riserverà il futuro Metroid Prime 4, già annunciato nel 2017 e di cui ancora non sappiamo nulla.

Ma, nell’attesa, siamo fortunati abbastanza da poterci tuffare indietro nel tempo di venti anni in un’epoca dove i videogiochi in prima persona avevano ancora tanto da dimostrare.

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E questi vent’anni bisogna dire che si sentono, ma non in senso negativo, tutt’altro: si sentono nell’atmosfera, nel senso di spaesamento e nella necessità quasi costante di doversi orientare da soli per andare avanti. Appena atterrati su Tallon IV non avremo indicazioni a schermo da seguire, missioni e compiti da portare a termine o suggerimenti di alcun tipo. Non avremo neanche dialoghi noiosi da doverci sorbire: saremo solo noi, il nostro cannone portatile e un labirintico pianeta da esplorare.

Metroid Prime ha infatti il fascino dei giochi antichi, con quel modo di concepire i videogiochi che oggi si è un po’ perso. Ci capiterà di porci spesso diverse domande: “Che devo fare?”, “Devo andare di qua?”, “Se apro questa porta cosa trovo?”, e di tentativo in tentativo riusciremo a farci strada, a risolvere enigmi, a trovare il percorso che magicamente ci porterà alla zona successiva.

Il gioco infatti non si permette quasi mai di aiutarci, lasciando a noi ogni scelta sul da farsi, ma è così ben congegnato che difficilmente può far sentire fuori strada. Certo, ad aprire la mappa le prime volte c’è da uscire pazzi, ma un po’ alla volta ci si accorge come quel dedalo di corridoi e stanze – che non è che la perfetta trasposizione 3d della struttura di un metroidvania classico – lentamente vada a districarsi nella nostra testa a mano a mano che procediamo nell’esplorazione.

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Il trucco è semplice: la strada da fare è in fin dei conti una sola, lineare e decifrabile, ma il level design è studiato in modo da farci esplorare ogni cosa, ogni stanza, ogni enigma, facendoci rimbalzare da una parte all’altra della mappa. Certo si potrebbe discutere sul non aver modernizzato il sistema di salvataggio, ma è una questione opinabile.

Il gioco infatti non presenta alcun salvataggio automatico e, proprio come nella versione originale del 2002, ogni save può essere fatto solo raggiungendo determinate stanze nella mappa. Ogni distrazione che ci condurrà alla morte avrà il caro prezzo di farci ripercorrere corridoi e stanze già affrontate. È una scelta di fedeltà che lascia integra l’esperienza originale, e per questo è difficile sbilanciarsi dando un giudizio in merito in quanto non si tratta necessariamente di un difetto.

Forse si potevano aggiungere più stanze di salvataggio, forse si potevano aggiungere dei checkpoint, forse si poteva inserire un sistema di viaggio rapido tra le varie aree per rendere più morbido il tornare in aree già visitate, ma qualcuno direbbe che un Metroid Prime senza questi ostacoli non sarebbe la stessa cosa. In fin dei conti il gioco è pensato così, da vivere con la consapevolezza che un errore andrà pagato, che l’esplorazione ci è necessaria, che il backtracking è lì per un motivo.

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Il backtracking è infatti parte integrante dell’esperienza, un tassello fondamentale del gameplay che dona all’esplorazione una certa credibilità logica e alimenta un senso di avventura altrimenti sfocato.

Una supercazzola per dire che è bellissimo percorrere corridoi convinti di essere sulla strada giusta per poi trovarsi invece in un apparente vicolo cieco, o in una stanza chiusa con uno strano oggetto luminoso in mezzo, magari un potenziamento, oppure un’abilità tanto sorprendente e inaspettata da aprirci gli occhi su un certo ostacolo incontrato dieci minuti prima: “Ecco come si faceva!”, e via così, si torna indietro e si va avanti, da un’ambientazione a quella successiva, ora desertica e ora gelata, ora verdeggiante e ora magmatica, scoprendo i suggestivi misteri alieni di Tallon IV e le creature che lo animano.

Le abilità e i potenziamenti sono un altro ingrediente principale. Il nostro fidato cannone sarà sempre pronto a seccare i nemici, ma se il cannone è in grado di fare cose insperate attraverso i vari potenziamenti, anche la tuta e le nostre abilità personali verranno arricchite.

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Poi c’è ovviamente la palla. Se siete fan di Metroid saprete già che premendo un tasto avremo la possibilità di rannicchiarci in una palla metallica e così superare condotti e cunicoli semplicemente rotolandovi all’interno.

Ma in modalità palla potremo anche attivare meccanismi e risolvere puzzle, e se può risultare strano trovare dei pertugi e dispositivi appositamente pensati per noi in forma di palla su un pianeta alieno e disabitato, è anche vero che questo è pur sempre il fascino dei giochi Nintendo: sono giochi che prima di tutto vogliono farci giocare nel senso più letterale della parola. Farci tornare bambini mettendoci dei blocchi di plastica in mano, sta a noi trovare quello che dobbiamo farci.

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Anche nello spazio, in mezzo a mostri alieni dentuti e misteri inestricabili, la Nintendo Difference si sente eccome. Non mancano le sezioni di platforming, gli enigmi ambientali, gli interruttori a tempo, ed è bello come non ci siano mai rallentamenti obbligatori o eccessi di esposizione ad appesantire le cose: tutto scorre liscio mentre le dita sul pad ballano di continuo.

Persino la lore – esatto, c’è tutta una lore da raccogliere e su cui fantasticare – è ottenibile in modo curioso, ovvero scansionando ogni oggetto, pianta, animale o reperto in cui ci imbattiamo. Ogni volta che lo vorremo ci basterà premere un tasto per attivare la modalità scansione, e con un tasto dorsale procederemo poi alla scansione vera e propria: è così quindi che potremo scoprire cosa si nasconde in questa iscrizione, a cosa serve questo macchinario, oppure ottenere tutte le informazioni su flora e fauna del pianeta, nonché dettagli utili sui punti deboli dei vari boss.

Ogni voce raccolta andrà a costituire il registro personale, una meccanica del tutto facoltativa in grado di arricchire il viaggio e che trasforma la curiosità in collezionabili da raccogliere. Non solo: scannerizzando un interruttore potremo attivare ascensori o altro. Lo scanner è insomma il modo in cui possiamo interagire con l’ambiente, ed è una cosa lenta, molto lontana dai tempi frenetici di un FPS, più vicina alla contemplazione.

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Metroid Prime infatti, pur avendo una visuale in prima persona, non è uno sparatutto. È proprio l’esplorazione a farla da padrona, e i nemici sono solo brevi ostacoli da fare fuori velocemente tanto che non c’è neanche bisogno di mirarli con precisione.

Un meccanismo di lock-on – attivabile con un tasto dorsale – permette di agganciare velocemente i nemici e farli fuori senza problemi, uno dopo l’altro. Non mancano strategie uniche da adottare per ciascun nemico, certo, o boss fight più impegnative che richiederanno riflessi pronti, ma tutto il gameplay è molto lontano dai canoni di un FPS tradizionale, tenendosi su un passo contemplativo per la maggior parte del tempo.

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Va detto che questa versione rimasterizzata ha dei controlli rimappati in modo da essere goduti a pieno con due levette, per controllare separatamente movimento e telecamera come uno sparatutto moderno. Ma in origine non era così. Sembra incredibile ma l’originale Metroid Prime aveva infatti una sola levetta con cui fare tutto, costringendo il giocatore a muoversi con un tank control oggi improponibile.

In quest’ottica, la meccanica di lock-on si rivelava decisiva per affrontare i nemici. Probabilmente da un limite di concezione del controller Game Cube, un controller senz’altro unico e originale, sono nate alcune delle meccaniche che hanno permesso al gioco di ottenere un ritmo meno convulso e più ragionato, meno mirato alle sparatorie e più all’esplorazione.

Peculiarità originali che unite a delle belle idee e a una realizzazione solida hanno portato a un capolavoro senza tempo.

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E se parliamo di capolavori senza tempo, questa remastered rientra di diritto in questa categoria. Ma non per l’altissimo valore del gioco in sé, attenzione, il capolavoro è proprio l’aver dato vita a un progetto del genere, al di là del traguardo tecnico che questo prodotto rappresenta.

Quello di Metroid Prime Remastered è probabilmente un caso a sé in tutta la produzione Nintendo, un monito e uno schiaffo a tutta l’industria dei remake e delle remastered. Siamo ben lontani da quelle edizioni rimasterizzate col minimo sforzo che spesso ironicamente è proprio Nintendo a porci. Siamo lontani dai porting HD rivenduti a prezzo pieno o ai casi disperati a cui spesso il mercato ci ha abituati – non meno la stessa Nintendo con quel mezzo pasticcio che è stata la Super Mario 3D All-Stars.

No, Metroid Prime Remastered rappresenta semplicemente il modo in cui bisognerebbe fare le cose, come si dovrebbe affrontare un progetto mirato a recuperare e consegnare al futuro un capolavoro del passato che oggi risulterebbe sicuramente ostico da affrontare nella sua forma di originale, specie ai novizi.

E questo recupero viene fatto senza stravolgere, senza toccare nulla, eppure migliorando tutto, ricostruendo non da zero ma quasi, consegnandoci una perla tecnica che ad oggi è forse il miglior gioco su Switch visivamente parlando. Se pensiamo che questi risultati arrivano da un prodotto venduto al prezzo budget di 40 euro, la cosa ha dell’incredibile. Difficile chiedere un rapporto qualità prezzo più alto, specie a Nintendo. Seriamente, stiamo parlando di un’operazione che resterà negli annali.

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Ora che Metroid sembra davvero voler risorgere, prima col bellissimo Dread e ora con questa versione rimasterizzata al limite del remake, è bello sperare che anche gli altri due episodi della trilogia ricevano lo stesso trattamento.

Sognare non costa nulla, ma mentre giochiamo a quello che rappresenta senz’altro il modo migliore con cui tornare su Tallon IV nei panni di Samus Aran e nella sua iconica tuta metallica arancione, restiamo in trepidante attesa di saperne di più sul tanto atteso Metroid Prime 4, per scoprire finalmente dove Nintendo porterà questo amatissimo e un po’ impolverato franchise.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
9
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