Pieni di speranze
Il reboot di Prey dista ormai pochissime settimane dagli scaffali e noi abbiamo avuto la fortuna di poter volare ancora una volta a Londra, agli studi Bethesda, per provare una nuova build del gioco. Una build pressappoco definitiva, tra l’altro.
Non si scappa, il tempo stringe e – a meno di sorprese dell’ultima ora – il gioco dovrebbe essere ormai vicinissimo alla sua fase Gold. Con dei nomi simili dietro il progetto, le aspettative sono ovviamente alte: da un lato, abbiamo uno dei team più talentuosi dell’industria moderna, gli stessi Arkhane Studios che hanno partorito gioiellini di level design (purtroppo, ancora sottovalutati) del calibro di Dishonored.
Dall’altro, invece, c’è la certezza donata da un nome di spicco come quello di Chris Avellone, che già in passato ci ha regalato Planescape Torment e i primi episodi di saghe ormai di largo successo, Fallout in primis. Chiunque mastichi un po’ di storia videoludica, quindi, si sentirà in una botte di ferro tanto sul lato della sceneggiatura quanto su quello del gameplay. Ed è infatti proprio questa la sensazione che abbiamo avuto con la precedente “prova su strada”.
Chiunque mastichi un po’ di storia videoludica, si sentirà in una botte di ferro tanto sul lato della sceneggiatura quanto su quello del gameplay.
Qualche mese fa, vi abbiamo infatti raccontato la nostra primissima esperienza col nuovo di Arkhane – nel caso non abbiate letto le nostre opinioni, vi consigliamo caldamente di dar loro un’occhiata – e, più pr+ecisamente, la prima oretta di gioco. Al tempo, definimmo il prologo di Prey un incipit dal grande impatto – forse, uno dei migliori di sempre – capace di saltare continuamente tra realtà e finzione, forte di una linea distintiva labile come non mai.
La storia di Morgan Yu, sotto alcuni aspetti, ricorda quanto già visto in capolavori della fantascienza del calibro di Matrix o, tanto per non allontanarci troppo dal nostro campo, Bioshock. Yu vive in maniera abitudinaria in un mondo che ben presto scoprirà fittizio, mera cavia di un esperimento del quale lui stesso non conosce i dettagli. O, quantomeno, fa fatica a ricordarsene. Nel passato del nostro protagonista si nasconde infatti qualcosa di grosso: qualcosa che i suoi superiori hanno voluto voluto forzatamente cancellargli dalla memoria.
C’entra forse che ora tutti vivono a bordo di una stazione spaziale che, nonostante le buone pretese, si è presto trasformata in un vero e proprio centro di studi di una pericolosissima e misteriosa razza aliena. In pratica, uno “zoo safari” con una grossa falla nella sicurezza che, in breve tempo, si trasforma in un sanguinoso campo di battaglia. La stazione diventa così un potenziale punto d’accesso per l’habitat umano, ma questi ultimi sono ancora restii a lasciarsi sfuggire l’occasione della vita: esaminare più a fondo questi corpi extra-terrestri ed estrapolarne il prezioso materiale che olia gli ingranaggi dell’economia mondiale.