L’idea di trasformare una modalità a tempo limitato di Siege in un gioco a sé stante si è rivelata azzeccata. Dopo numerosi slittamenti e persino un cambio di nome, Rainbow Six Extraction (originariamente annunciato come Quarantine) è tra noi. Via la competizione, via gli scontri tattici tra cervelli pensanti: a questo giro, dovremo tutti cooperare per sventare una minaccia più grande. Quella degli archei è una vera e propria invasione aliena: uno switch di tematica abbastanza forte, ma che costringe gli Operatori ad adattarsi a pericoli mai visti prima. Nasce così il REACT, una squadra speciale atta a studiare e a respingere l’invasione, ed è qui che entriamo in gioco noi.
Rainbow Six Extraction si presenta così: con incursioni in aree scelte in anticipo (tra stazioni di polizia di New York, casinò, hotel o anche siti di studio) in cui risolvere missioni generate proceduralmente. L’idea alla base del gioco è semplice sulla carta, ma promette una varietà inaspettata dietro ogni angolo e una longevità potenzialmente infinita. Tutto – o quasi – è generato casualmente, che siano posizionamenti dei nemici, la loro tipologia o abilità speciali, i loro nidi o piazzamento delle risorse. Gli stessi obiettivi sono casuali, ed è per questo che non sapremo mai qual è il nostro scopo finché non saremo in campo. Le ambientazioni, vero, non possono variare, ma in realtà ci sono sorprese anche lì. Progredendo e ripetendole, potremo infatti notare differenze anche nelle varie zone, che continueranno a evolversi insieme alla nuova minaccia che le popola.
Gli obiettivi possono variare dallo studio di alcuni nidi alla loro distruzione, dal difendere una zona specifica al recuperare civili lasciati indietro. Ogni area si divide in tre macro-zone, e la libertà di poter abbandonare la missione quando più ci aggrada aggiunge tantissima profondità strategica. Portare a casa i pochi guadagni ottenuti o proseguire e rischiare di perdere tutto? Extraction è quindi una continua scommessa, dove chi osa guadagnerà molta più esperienza e progressi degli altri, rischiando però tutto. Cadere in battaglia significa perdere permamentemente un Operatore (almeno finché, nei panni di un sostituto, non torneremo nella zona per recuperarlo), e le conseguenze non sono affatto leggere.
Perdere sul campo un protagonista addestrato rende più difficile risolvere le missioni successive, dove saremo costretti a pescare tra le retrovie e a far scendere in campo qualcuno con equipaggiamento inadatto. Questo fa sì che, per un motivo o per un altro, saremo costretti ad addestrare un po’ tutti, anche già solo per sicurezza o per permettere agli Operatori appena utilizzati di curare le proprie ferite. Un’ottima scusa anche per bearsi della differenziazioni tra i vari protagonisti e il loro equipaggiamento. C’è chi ha più corazza, chi si muove più velocemente, chi preferisce approcci stealth o chi sfonda intere pareti per crearsi nuovi passaggi. Utilizzarli spesso – e, soprattutto, uscire vittoriosi dalle missioni – significherà donare loro nuove abilità o potenziamenti delle vecchie, oltre che nuovo armamentario.
Essendo un gioco cooperativo con tre giocatori reali in campo, capirete che le combinazioni di team possibili sono effettivamente tantissime. Ed è quella la parte divertente: la tattica è la programmazione è l’unica possibilità viabile, perchè Rainbow Six Extraction – alla base – è un gioco davvero difficile e che non può essere giocato a cuor leggero.
Ogni mossa va studiata a tavolino e caricare a testa bassa significa quasi sempre ritirarsi in base con le ossa rotte, e Operatori impossibilitati a poter tornare in campo. La proceduralità delle missioni, forse, non si sposa perfettamente con il background tattico in fase di composizione del team. Dopotutto, alcuni Operatori sono più utili di altri in alcune occasioni, ma come possiamo sceglierli accuratamente se non sappiamo neanche che tipo di missione ci troveremo contro? I più perfezionisti potrebbero storcere il naso di fronte a questa scelta, ma chi ama – per fare un esempio – i roguelike, potrebbe approfittarne per vedere il lato positivo: l’effetto scommessa, in questo senso, si rafforza e decidere se continuare o meno in una missione apparentemente impossibile può essere più importante che mai.
Il loop alla base funziona e la tensione è sempre palpabilissima. Anche perchè, esteticamente, l’opera ha un’identità affascinante e un design altrettanto accattivante. E scommettere sulla ripetizione continua di livelli in costante mutamento, alzando sempre più la difficoltà, non ci ha stancato mai.
Alcune modalità endgame promettono di mantenere l’attenzione alta anche una volta che si è portato tutti gli Operatori, o il progresso sulla missione stessa, al massimo livello. Raid di elevatissima difficoltà e contenuti aggiuntivi rimpolperanno l’offerta. Perchè attualmente è forse l’unico dubbio che abbiamo. Non tanto sulla longevità in sé, che sembra appoggiata da una rigiocabilità potenzialmente infinita, ma sullo sprono che potrebbe avere un giocatore dal continuare a oltranza. Ma con la promessa di Ubisoft di supportare il gioco nei tempi a venire, che considera questo Extraction un vero e proprio nuovo capitolo del franchise, e non un semplice spin off, possiamo dire di essere abbastanza tranquilli.
Finire la campagna di Rainbow Six Extraction una volta, e a difficoltà media, significa vederne solo la punta dell’enorme iceberg. Per ora, questo è il nostro voto momentaneo, consci che il titolo potrebbe riservare soddisfazioni (o delusioni) maggiori nel prossimo futuro. La trentina di ore passate in compagnia coi suoi Operatori e alla minaccia aliena ci hanno appagato, divertito e mai annoiato. Nonostante il progetto sia appena nato e vada sicuramente tenuto d’occhio, per ora è sicuramente promosso.