La saga di Star Ocean, nata nel 1996 con il suo primo capitolo pubblicato su Super Famicom, all’epoca esclusivamente in Giappone, non ha mai goduto della fama e del successo che hanno avuto altre serie di JRPG, anche per la sua somiglianza piuttosto evidente con la serie “Tales of”. Somiglianza per nulla casuale, considerato che Tri-Ace, il team di sviluppo, è nato da una scissione di Wolf Team, ossia coloro che avevano dato vita a Tales of Phantasia un anno prima, sempre sulla console grigia di mamma Nintendo.
Oltre ad essere quindi all’apparenza una versione in salsa sci-fi di una saga di giochi di ruolo action alla giapponese ben più amati, Star Ocean non ha mai goduto di budget stellari per la realizzazione dei suoi titoli e la qualità delle sue iterazioni è stata generalmente piuttosto altalenante. Si passa da un terzo capitolo, “SO: Till The End of Time”, dalla trama intrigante, condita da un folle e geniale plotwist ad un quinto, “SO: Integrity and Faithlessness” (qui la nostra recensione), realizzato frettolosamente, minato da un plot banalissimo e privo di cutscene e di una regia degni di tale nome.
Con la critica e i giocatori che lo avevano letteralmente – e giustamente – massacrato, gli appassionati di Star Ocean erano convinti che la saga fosse giunta al suo capolinea, nonostante la breve parentesi mobile con il dimenticabile “SO Anamnesis”. In realtà Square Enix ha sorpreso tutti rilasciando lo scorso anno il discreto “SO: The Divine Force” (sesto gioco della serie) e annunciando nel corso del 2023 il remake di una delle iterazioni più amate dalla fanbase, ossia “SO: The Second Story”, secondo capitolo uscito originariamente su PS1 nel 1998 in Giappone e un paio di anni dopo da noi in Europa. Da non dimenticare che è stato portato anche su PSP alla fine del primo decennio degli anni 2000 con il sottotitolo “Second Evolution”.
Ora sorge spontanea una domanda: può essere interessante giocare nel 2023 al rifacimento fedele di un gioco anni ’90, non propriamente conosciuto e non acclamato dalla massa?
La risposta è affermativa e nelle prossime righe vi spiegherò perché “Star Ocean The Second Story R” è un’esperienza da non perdere, sia per i pochi che lo hanno giocato e sono intenzionati a riscoprirlo, sia per coloro che vi si approcceranno per la prima volta.
La carne al fuoco che questo gioco ha da offrire è tanta e succulenta, quindi vi consiglio di mettervi comodi, prendervi una bella bibita, infilarvi la vostra tuta da astronauti e di gustarvi la recensione. Si parte per l’oceano di stelle.
Star Ocean: The Second Story. Trama e cast spaziali ancora oggi
Star Ocean The Second Story R, come il recente “SO:The Divine Force”, ci permette di vivere la sua storia da due punti di vista differenti. Non appena selezioneremo “Nuova Partita” dal menù principale ci verrà infatti chiesto di scegliere tra un personaggio maschile, il baldo giovane dalla bionda chioma Claude C. Kenny, e un personaggio femminile, la dolce ma altrettanto schietta e decisa ragazza dai capelli blu, Rena Lanford.
La scelta sarà irreversibile nel corso della run e sebbene alla base il canovaccio che andrete a scoprire sarà identico per la maggior parte della sua durata, vi saranno eventi specifici legati a Claude o a Rena, che potrete vivere solo seguendo la route di uno piuttosto che dell’altra. Ciò accadrà quando i due si separeranno sporadicamente per obiettivi e/o motivazioni personali.
Inutile dire che questo fattore invoglia tanto alla rigiocabilità, dato che in un solo playthrough non sarà possibile vedere e/o fare tutto quello che il gioco ha da offrire. Ma questo aspetto lo approfondiremo meglio a breve, dato che sono presenti numerosi altri elementi che mirano a non farvi staccare in breve tempo da questo titolo. La trama è proprio uno di questi.
Il plot di “Star Ocean: TSS R” è semplice, non originalissimo al giorno d’oggi, ma narrato con un ritmo incalzante tramite dialoghi – tutti in italiano – ben scritti e mai troppo invasivi.
Di seguito la trama di Star Ocean: The Second Story R
Per evitare spoiler scorrete al paragrafo successivo
Il racconto si apre con Claude, figlio di un ufficiale comandante della Federazione Pangalattica, Ronyx J.Kenny (uno dei protagonisti del primo Star Ocean, qui più vecchio di vent’anni), che sta conducendo un’investigazione col padre e alcuni suoi sottoposti all’interno di una misteriosa cupola scoperta sul pianeta Milokeenia. Interagendo con uno strano marchingegno trovato nella costruzione, nonostante la riluttanza del suo vecchio, il giovane viene avvolto da un bagliore accecante e teletrasportato senza ragione apparente in una foresta del pianeta sottosviluppato Expel. Separato dai suoi affetti, qui incontra per la prima volta Rena mentre viene attaccata da un mostro feroce e corre in suo aiuto sparando alla bestia con la sua pistola a raggi.
Grata al suo salvatore apparso dal nulla all’improvviso, la ragazza lo conduce ad Arlia, il villaggio da cui lei proviene e dopo aver narrato del suo salvataggio alla madre e al sindaco Regis essi si convincono che Claude, vista la strana e potente arma che ha con sé, possa essere il Guerriero della Luce delle profezie che salverà Expel dalle calamità causate dal Globo Stregato, una gigantesca sfera che non troppo tempo addietro è giunta dallo spazio schiantandosi nel continente di Ell.
Dalla caduta del Globo, sul pianeta la vita non è più la stessa: orde di mostri hanno iniziato a proliferare e ad attaccare le persone e spesso si scatenano violenti terremoti in grado di cancellare interi insediamenti dalle carte geografiche. Claude, intenzionato a riunirsi al padre e all’equipaggio della nave spaziale Calnus (lo so, i giocatori di “SO: The Last Hope” staranno sorridendo), decide di partire per un viaggio con l’obiettivo di scoprire l’origine del Globo Stregato, essendo l’unico collegamento tra quel pianeta e lo spazio da cui lui proviene. Rena, in grado di utilizzare la simbologia curativa, cosa più unica che rara nel suo mondo, decide di unirsi al ragazzo per fargli da guida e per saperne di più circa il proprio potere e passato.
Nota importante, nel caso ve lo steste chiedendo: non è necessario aver giocato al primo capitolo della saga per poter apprezzare il plot di The Second Story. Nonostante qualche riferimento sparso, l’impianto narrativo si regge in autonomia sulle proprie gambe.
Ogni scelta è importante
Nel corso della loro lunga avventura, dalla durata di circa 40 ore per quanto riguarda la main quest, Claude e Rena incontreranno numerosi personaggi, fino ad un massimo di otto per ciascuna run che giocherete, nonostante il numero totale di protagonisti giocabili ammonti a tredici.
Dovrete infatti decidere chi portare con voi e chi abbandonare, quindi la scelta di alcuni protagonisti ne escluderà necessariamente altri, rendendo così ogni playthrough differente dal precedente.
Inoltre le route di Claude e di Rena prevedono entrambe un personaggio unico. Per farvi un esempio più chiaro: uno spadaccino molto carismatico, di cui non farò il nome per evitare spoiler, si unirà alle vostre fila solo se inizialmente avrete scelto la ragazza dalle orecchie a punta. Sarà impossibile reclutarlo se avrete optato per Claude come main protagonist.
Questo è un altro aspetto molto intrigante che differenzia il secondo capitolo di Star Ocean da altre produzioni del genere e che gli garantisce un’ampia longevità.
Per conoscere tutti e tredici i personaggi giocanti sarà infatti necessario rigiocarlo più volte e vi posso assicurare che ne vale vale davvero la pena, considerando che il roster è scritto in maniera credibile e per questo non risulta difficile affezionarcisi.
La nostalgia di Claude per casa è palpabile, così come la malinconia di fondo che permea lo sfaccettato e complesso carattere di Rena. Non si potrà poi fare a meno di amare la goffa simpatia di Ashton, un giovane avventuriero che a causa della sua imbranataggine si fonde con un drago, le cui due teste che gli spuntano dalla schiena, rinominate goliardicamente “Spavento” e “Lamento” non fanno che bisticciare tra di loro, facendolo puntualmente disperare.
Il gruppo è quindi bello vario, colorito e nonostante la maggior parte dei personaggi ricada nel cliché o negli stereotipi classici del JRPG – come ad esempio Precis che è la classica ragazzina di sedici anni sempre allegra ed energica con una cotta per il protagonista – sarà comunque in grado di sorprendervi e sopratutto di farvi provare empatia e curiosità verso le loro backstory.
D’altronde parliamo di un gioco di ruolo del ’98, in cui nulla è stato toccato a livello di scrittura, mantenendo alta fedeltà con il materiale originale. I reali cambiamenti infatti sono stati apportati su altri fronti, nello specifico nel gameplay.
Combat System ed esplorazione ampliati e migliorati
La prima novità presente in questo remake che salta all’occhio e che fa gioire i fan di vecchia data è che i nemici affrontabili durante i viaggi sulla world map o all’interno degli oscuri dungeon ora sono finalmente visibili, a differenza dell’originale e della riedizione per PSP.
Questo ci permetterà di decidere se evitarli – anche se spesso in alcune aree strette sarà quasi impossibile – attaccarli oppure sorprenderli alle spalle per ottenere un vantaggio iniziale in battaglia. Essi sono inoltre di tre colori diversi, per farci comprendere prima di gettarci nella mischia, se sono più o meno alla nostra portata: verdi se il nostro party è di gran lunga più potente di loro, viola se sono di livello pari o poco superiore al nostro, rossi se sono troppo forti.
Grinding più soddisfacente e rapido
Altro aspetto importante legato alla comparsa dei mostri nelle fasi esplorative è che potremo concatenare più scontri tra di loro per ottenere più esperienza e Fol (la valuta di Star Ocean, equivalente ai Guil in Final Fantasy). Se infatti più nemici saranno vicini tra loro e comparirà una linea rossa in linea che li lega, potremo dare inizio ad una sequenza di battaglie consecutive che ci consentirà di arricchirci e livellare più velocemente, rendendo di fatto il grinding bello rapido e mai troppo tedioso.
Un combat system snello ma non esente da difetti
Le novità però più succose entrano però in scena quando si comincia a combattere. Le fight da tradizione della serie sono action e ricalcano lo stile della serie “Tales of” di Bandai Namco, con un personaggio che viene controllato direttamente dal giocatore e gli altri tre dall’IA. Per questi è possibile settare alcuni comportamenti predefiniti che devono tenere durante lo scontro.
Uno dei pochi difetti che ho riscontrato in questo remake del secondo Star Ocean è proprio l’intelligenza artificiale che gestisce gli altri comprimari in battaglia. Spesso e volentieri non è troppo reattiva e quindi non è raro che si facciano allegramente ammazzare senza sfuggire agli attacchi nemici o che consumino tutti i punti magia in un batter d’occhio, nonostante si imposti un’opzione che vorrebbe ne limitassero il consumo.
In caso di emergenza si può comunque passare direttamente il controllo sul personaggio in difficoltà e salvarlo da morte certa, risolvendo in parte il problema.
La vera innovazione risiede comunque nella nuova meccanica dei contrattacchi perfetti: in sostanza quando un nemico lampeggerà di rosso e starà per colpirci, potremo eseguire un counterattack con la pressione al momento giusto del tasto designato (X su Playstation 4 e 5). Se riusciremo a farlo in modo corretto otterremo dei vantaggi (fallendo invece degli svantaggi), come il recupero di PM e la riduzione di un’unità dello scudo nemico.
A proposito di difese nemiche:
In questo remake tutti gli avversari saranno infatti dotati di un’indicatore formato da alcuni piccoli scudi rossastri che comparirà sopra di loro. Esso, grazie ai nostri attacchi e contrattacchi potrà essere azzerato e una volta che ciò accadrà, i nemici, per un tot di tempo, saranno incapaci di attaccare, subiranno più danni e tutti colpi che infliggeremo loro saranno critici. Per farvi un esempio con qualcosa che probabilmente conoscerete, ricorda molto da vicino quando i mob vengono “stremati” in Final Fantasy VII Remake.
Vincendo le fight otterremo anche delle sfere – una maggiore quantità se interromperemo gli attacchi degli avversari – che accumulate ci permetteranno di ottenere fino a 3 effetti bonus in battaglia, come la possibilità di arrecare più danno con aumento temporaneo dell’attacco e riceverne di meno grazie ad un innalzamento della difesa. Ovviamente se i nemici ci sorprenderanno alle spalle durante le nostre peregrinazioni in giro per il mondo o interromperanno i nostri fendenti, il counter delle sfere scenderà a zero e dovremo ricaricarlo per ottenere di nuovo gli effetti positivi.
Tutto il party in azione grazie agli assalti
Ultima ventata d’aria fresca è portata dalle cosiddette azioni di assalto, ossia l’evocazione in battaglia dei personaggi non attivi in combat ma presenti tra le riserve del party. Quando la vostra combriccola si amplierà e supererà i quattro membri, sarà possibile richiamare quelli in panchina per far sì che appaiano in battaglia giusto per il tempo di eseguire una tecnica speciale devastante che farà provare molto dolore ai malcapitati che state affrontando. Ognuno dei membri evocabili è dotato di un indicatore che deve essere al massimo per far si che lo si possa chiamare in aiuto. La barra si riempie con il tempo e si ricarica più rapidamente con la sconfitta dei mob.
Questa meccanica inoltre comprende un grande omaggio che la saga fa a se stessa e ai suoi fan sfegatati; oltre a richiamare i PG principali non attivi, sarà possibile evocare protagonisti provenienti da tutti i capitoli della serie, a patto che troviate l’oggetto speciale necessario a sbloccarli. Lo sprite 2D di Fayt Leingod è troppo figo, concedetemelo.
Il combat system dunque è più profondo di quanto non possa sembrare in superficie, dona tante soddisfazioni ed è facile da padroneggiare anche da coloro che non sono troppo avvezzi a questa tipologia di giochi. Se non riusciste proprio a proseguire potrete sempre diminuire il livello di sfida dall’apposito menù. Ricordiamo infatti che il titolo offre tre gradi di difficoltà, utili a soddisfare tutti i palati: “Terra” (per chi vuole godersi la storia), “Galassia” (per coloro che cercano un gameplay bilanciato) e “Universo” (per chi vuole grindare, fight belle impegnative e spolpare al massimo le meccaniche di gioco).
Da non dimenticare poi i PB (punti battaglia) che si ottengono post fight e portando a termine le missioni per la gilda degli avventurieri (semplici compiti legati al crafting e alla pesca) che possono essere spesi per migliorare le Arti dei vari personaggi – ossia magie e attacchi che richiedono punti magia per essere eseguiti – e le abilità di combattimento, utili a fare più danno, spezzare più facilmente la guardia nemica, lanciare incantesimi più velocemente e via discorrendo.
A regalare però i momenti migliori e a donare profondità al gameplay sono però le CO e le specialità. Con i PA (Punti abilità), che potremo ottenere nella stessa modalità dei Punti Battaglia, potremo andare a migliorare determinati parametri che consentiranno ai nostri beniamini di sviluppare delle competenze che spaziano dal semplice crafting, alla cucina, alla fusione di armi e materiali, allo scrivere manuali e dipingere, al far comparire più mostri sulla mappa o a non incontrarne proprio, all’evocare un coniglio che vi porta nelle zone della world map irraggiungibili a piedi, fino ad arrivare ad un’abilità che consente ai personaggi di avere bisogno di meno punti esperienza per livellare. Spiegarvi nel dettaglio tutto quello che questa meccanica ha da offrire richiederebbe uno speciale a parte. Voglio lasciarvi il piacere di approfondirla per conto vostro, poiché vi toglierei parte del divertimento.
È complessa, ricca di possibilità e posso assicurarvi che se giocherete di astuzia potrete riuscire a compiere dei mezzi miracoli e a far sì che in men che non si dica il vostro party diventi in grado di menare a sangue anche gli avversari più temibili, grazie ad armi overpowered e un livello ben più alto di quello richiesto.
Vi basti pensare che esiste una super specialità che potrete apprendere – denominata Guardia del Corpo – che permette ai membri che avete attivi nel party di sconfiggere direttamente i nemici più deboli senza avviare la fight, facendovi guadagnare comunque montagne di punti esperienza. Pensate a cosa potrebbe accadere se aveste attivo anche il talento che vi permette di salire di livello più velocemente…
Insomma, Star Ocean The Second Story R vi premierà facendovi sentire invincibili se riuscirete a comprenderne e padroneggiarne le meccaniche in maniera sapiente. Occhio però a non sentirvi degli dei quando vi imbatterete in nemici enormi che si aggirano solitari in alcune zone della world map. Potreste subire una cocente delusione, ancora più pesante se vi siete gettati nella mischia senza salvare. Salvate spesso, nonostante l’autosave.
A snellire ulteriormente il gameplay di “SOTSS R” è il comodissimo sistema di fast travel implementato per la prima volta in questo remake. Sarà possibile infatti viaggiare in un nanosecondo da una location all’altra – se non quando eventi di trama importanti lo impediscono – in modo da rivisitare a piacimento i misteriosi dungeon e ridenti villaggi scoperti in precedenza senza inutili perdite di tempo.
Questo risulta comodo anche per le Azioni Private – scene di approfondimento dei rapporti tra i vari personaggi – a cui potrete assistere nei vari centri abitati, congedando temporaneamente i membri del gruppo con la pressione di un apposito tasto, i quali andranno a sbrigare le loro faccende in autonomia.
Le AP sono utili per conoscere meglio i personaggi del party e facilissime da perdere se non starete attenti. Ricordate: vengono evidenziate con alcuni segnalini verde chiaro sulla mappa del viaggio rapido e alcune saranno imprescindibili per far sì che nuovi amici si uniscano alla combriccola.
Esse inoltre sono fondamentali per aumentare o diminuire il livello di amicizia tra i vari componenti del gruppo, importantissimo a fini delle scene e degli eventi a cui assisterete. Per triggerare certi avvenimenti utili a sviscerare il carattere di uno specifico eroe, sarà infatti necessario che l’affinità tra alcuni personaggi abbia raggiunto un determinato livello, che viene indicato dai cuoricini che potrete visualizzare selezionando la voce “Stato” del menù. E vi interesserà sapere che il livello di amicizia tra PG verrà tenuto in considerazione per i numerosi finali che il gioco ha da offrire.
Insomma di cose da fare e da vedere ce ne sono parecchie in Star Ocean The Second Story R e un playthrough non sarà per nulla sufficiente a spolparlo tutto. E considerate che questa è solo la punta dell’iceberg. Ma al di là di tutto, a livello grafico e visivo come si presenta il gioco?
Il 2D HD brilla in bellezza
Senza tanti giri di parole, Star Ocean: The Second Story R è una gioia per gli occhi e una delizia per i più nostalgici. E’ vero che gli sprite in 2D in pixel art dei personaggi giocanti e non sono ripresi a piene mani dalle versioni precedenti ma risultano ancora oggi piacevoli da vedere, ben rifiniti e non stonano per niente con le ambientazioni, ora in full 3D e non più realizzate tramite fondali pre-rendered, sebbene la world map fosse già totalmente tridimensionale ai tempi, ma è stata rifatta completamente anche quest’ultima.
Città come Krosse, Lacuer e Hilton appaiono ora più vive che mai e nonostante non ci sia un’enorme varietà di assets, soprattutto per quanto riguarda gli interni degli edifici, il tutto risulta comunque godibile all’occhio e non ci si fa troppo caso. Piacevole anche il senso di apertura e di grandezza che comunica la mappa del mondo, sebbene non sia ovviamente in scala reale.
Ben realizzati anche gli effetti di luce e le animazioni degli incantesimi in battaglia, molto scenici, spettacolari e che in un tripudio di colori riescono ad comunicare tutta la loro potenza.
Menzione d’onore poi va fatta ai nuovi eccezionali character’s artwork realizzati da Yukihiro Kajimoto (Star Ocean Anamnesis, Infinite Undiscovery), che riprendendo lo stile di quelli originali presenti nella versione PS1, vanno a migliorare e a rendere più chiare le fattezze, le caratteristiche dei volti e dell’abbigliamento dei personaggi principali e secondari. Posso tranquillamente dire queste raffigurazioni dettagliate non stonano per niente di fianco a disegni di autori ben più famosi e blasonati e mi auguro di cuore verranno raccolte in un artbook dedicato, venduto separatamente dal gioco.
Vederle comunque comparire durante i dialoghi è sempre piacevole e notare che ne sono state realizzate di diverse in base all’emozione espressa dal personaggio fa comprendere quanta cura sia stata riposta nel progetto.
Per fortuna hanno sostituito quelle pessime presenti nella versione PSP, che solo a pensarci mi mettono angoscia da quanto erano abbozzate e dozzinali. Peccato che esse siano visibili in qualche modo anche in questo remake ma lascerò a voi il piacere (o dispiacere) di scoprire come si fa.
In merito all’aspetto tecnico la produzione è eccellente. Io ho avuto il piacere di giocare su PS5, dove il titolo gira liscio a 60fps e non ha alcun tipo di bug o imperfezione. Vero che parliamo di un gioco piuttosto “semplice” a livello di realizzazione ma il team di Gemdrops Inc. (che hanno già collaborato a Master Detective Archives: Rain Code e a un certo Dragon Quest 11: Echi di un’era perduta) ha svolto un buonissimo lavoro, consegnandoci un gioco molto “polished” e fluido. Tri-Ace questa volta non è stata coinvolta nella realizzazione.
Ad ogni modo un buon comparto visivo deve essere accompagnato da delle musiche e un buon doppiaggio, no?
Motoi Sakuraba ci accompagna ancora nello spazio profondo con le sue melodie
La colonna sonora è stata completamente riarrangiata dal suo compositore originale, ossia il sempiterno e mai troppo lodato Motoi Sakuraba, famoso per aver prestato il suo talento musicale ai Tales of, a Baten Kaitos, ai Dark Souls e ad una pletora di titoli che probabilmente un enciclopedia non sarebbe sufficiente ad elencare.
Il suo stile rockeggiante, incisivo ma anche più dolce e rilassato, a seconda delle situazioni, è inconfondibile. Il rifacimento della OST è pressoché perfetto e mantiene vivo lo stile di quella originale svecchiandolo e rendendolo più adatto ai tempi che corrono.
“Stab the Sword of Justice”, la battle theme principale, nel suo rifacimento risulta ancora più elettrizzante ed emozionante di quanto non facesse nel 1998 e circa un decennio dopo su PSP.
Nel complesso comunque la OST risulta godibilissima, tranne qualche traccia veramente folle e non propriamente piacevole all’ascolto. Un esempio calzante è quella che si sente nelle rovine di Hoffman, che dopo dieci minuti in cui si è costretti ad ascoltarla fa venire voglia di scaraventare a distanza di sicurezza le cuffie indossate (o il televisore/schermo su cui state giocando, qualora foste sprovvisti di headset). Un buon lavoro di Sakuraba quindi, ma non tra i più memorabili.
Vi dico già che se ne sentiste la mancanza e foste in preda alla nostalgia è possibile selezionare la versione originale della colonna sonora. Hanno pensato a tutto, sebbene non si capisca perché in italiano abbiano tradotto con “Disposizione” il termine “Arrangement” dal menù di selezione della OST. Utilizzo non troppo velato di Google Traduttore? Spero di no.
Spendendo due parole sul doppiaggio è importante da segnalare che è presente sia in lingua inglese che in lingua giapponese. Per la lingua del Sol Levante è disponibile anche quello della versione PSP, giusto per rendere più completo il pacchetto. Personalmente ho giocato con quello inglese (tradizione mia personale con gli Star Ocean, non me ne vogliate) e al netto dell’assenza di voice actor famosi nel cast l’ho trovato di buona fattura, sebbene durante qualche evento drammatico non venga posta la giusta enfasi su alcune frasi. Se siete puristi andate di giapponese.
In conclusione. Star Ocean: The Second Story R rispetta e valorizza l’originale
Arrivati alla fine di questo viaggio interstellare, non posso che consigliarvi di giocare questo remake del secondo capitolo di Star Ocean, sia che lo conosciate già, sia che siate neofiti.
Al netto di una storia sicuramente non originalissima al giorno d’oggi ma raccontata con attenzione e condita da un cast di personaggi veramente ben congegnati, è un esperienza che sicuramente va (ri)provata, (ri)vissuta e (ri)goduta .
Il ritmo di gioco fatto di combattimenti rapidi e incalzanti – nonostante l’IA deficitaria – difficilmente vi porterà ad annoiarvi e al termine del vostro viaggio avrete sicuramente voglia di tornare ad Expel in compagnia di Claude, Rena e il resto degli avventurieri per scoprire tutti i segreti che vi siete lasciati indietro durante la prima partita.
Aggiungendoci poi che lo stile visivo è piacevolissimo cosa state aspettando? Se siete fan dei JRPG fiondatevi su questa perla. Esiste anche una demo dalla durate di circa tre ore che potete scaricare e provare sulle vostre console e PC e dalla quale potete importare il salvataggio per proseguire l’avventura nella versione completa, una volta che avrete deciso di acquistarla. Direi che non avete più scuse.
Ricordo che Star Ocean: The Second Story R è disponibile su PS4, PS5, Nintendo Switch e PC tramite Steam e viene venduto al prezzo di 49.99 euro. La recensione si basa sulla versione Playstation 5 per la quale il codice è stato gentilmente fornito da Plaion e Square Enix.
Square Enix stavolta ha fatto centro con un remake che sprizza cura e amore da tutti i pori, operazione che nulla ha a che vedere con certe riproposizioni che abbiamo visto in questi anni (vero, Final Fantasy VIII Remastered?), escludendo ovviamente Live a Live, altro rifacimento a cui Star Ocean The Second Story R si avvicina a livello qualitativo.
Ora però la domanda da un milione di dollari: a quando un remake Xenogears realizzato con questo stile, cara Square?