Dopo Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy, che accoglieva i primi tre episodi della serie nata dal genio di Shu Takumi, è il turno di una nuova collection dedicata alle avventure investigative della famiglia Naruhodo (Wright da noi in occidente). The Great Ace Attorney Chronicles racchiude infatti due prequel usciti originariamente solo su Nintendo 3DS (The Great Ace Attorney: Adventures del 2015 e The Great Ace Attorney 2: Resolve del 2017) e che non avevano mai valicato prima d’ora i confini del Giappone.
La formula base del gioco non cambia: anche stavolta dovremo impersonare un giovane avvocato difensore (un antenato di Ryuichi Naruhodo/Phoenix Wright) alle prese con casi apparentemente disperati e senza alcuna risoluzione che non preveda la piena colpevolezza dei nostri assistiti.
Raccogliendo indizi sul luogo del delitto e interrogando eventuali testimoni però potremo pian piano scoprire incongruenze e fallacie (sia involontarie che dolose) nella ricostruzione degli eventi legati al crimine, giungendo un passo alla volta più vicini alla verità. Una volta in tribunale, forti delle prove in nostro possesso, intraprenderemo delle vere e proprie battaglie di intelletto con gli agguerriti avvocati nostri rivali, smontando le loro accuse al grido dell’ormai iconico “Objection!”.
La grande differenza dei due capitoli presenti in The Great Ace Attorney rispetto alla serie è quindi nel setting: non siamo più nel Giappone contemporaneo dei 2000 ma bensì in quello di fine 1800, in piena epoca Meiji, con tutte le conseguenze del caso. Fu infatti un periodo di grande cambiamento e di prima apertura verso la cultura occidentale (specialmente inglese, grande potenza del periodo), che portò a una rivoluzione anche dal punto di vista governativo e legislativo.
Il gioco “gioca” molto su questo fattore e sulle differenze sociali tra le due nazioni, mettendo chiaramente in evidenza l’ingenuità e l’impreparazione di cui soffriva ancora, almeno in alcuni settori, il sistema nipponico. E lo farà pure quando (ben presto) l’avventura e i nostri protagonisti si sposteranno dal Giappone alla Londra Vittoriana, vista come l’esempio da seguire e il simbolo del progresso umano, culturale e scientifico dell’epoca, pur con le sue inevitabili ombre.
È proprio in una di queste ombre che finiranno i nostri Ryunosuke Naruhodo e Susato Mikotoba (la sua amica e assistente), che già nel viaggio di avvicinamento alla capitale londinese si troveranno a fronteggiare un avvenimento drammatico e inaspettato. Giunti sul posto però le faccende si metteranno ancora peggio, ma non vogliamo dirvi di più sulla storia che lega i vari casi presenti in The Great Ace Attorney. Possiamo però garantirvi che gli avvenimenti del background narrativo prendono, interessano, e mettono sincera voglia di andare avanti a giocare.
E lo fanno nonostante la classica, quasi estenuante, verbosità tipica delle visual novel giapponesi, con la tendenza a ripetere concetti e situazioni ormai già resi chiarissimi un po’ troppo spesso. Purtroppo ci duole segnalare che al contrario che in passato questa ridondanza è riscontrabile anche durante i casi veri e propri, vero fulcro del gameplay del titolo.
In The Great Ace Attorney Chronicles infatti il giocatore viene imboccato in maniera lampante sul da farsi per quasi tutta la durata dell’avventura, disinnescando con troppa semplicità ogni dubbio o incertezza. Sbagliare a presentare una prova o a muovere un’obiezione è altamente improbabile, molto più che nei titoli precedenti (o almeno nei migliori), ed è un vero peccato.
Anche perché, ed è un altro peccato, pure la qualità dei casi in sé non è straordinaria, anzi. Salvo alcune eccezioni sembrano infatti mancare completamente di quel guizzo e di quell’inventiva che hanno caratterizzato i momenti più alti della serie. Gli “enigmi” non sono praticamente mai complessi o ingegnosi, e la loro risoluzione appare chiara fin dalle primissime battute. Solo che ai protagonisti, teoricamente brillantissimi, serviranno lo stesso ore e ore per arrivarci.
Dispiace ammettere che la combinazione tra verbosità, assenza di sfida mentale e casi poco ispirati ha generato più volte momenti di vera noia, che per quanto sia una sensazione prettamente soggettiva vi sfidiamo a negare una volta messe anche voi le mani sul titolo. Ma vi serviranno prove schiaccianti.
Fortunatamente, come già accennato, la storia che lega tutti gli avvenimenti è molto avvincente (pur diluita), e almeno una delle caratteristiche della penna di Shu Takumi è perfettamente riscontrabile pure in questi due episodi: i personaggi sono infatti irresistibili come sempre, ed è impossibile non affezionarsi a loro. Oltre ai due protagonisti il cast è pieno di figure che riescono immediatamente a farsi ricordare e adorare, vuoi per una caratterizzazione divertentissima e sopra le righe, vuoi per un character design azzeccato in pieno.
Su tutti spiccano chiaramente Herlock Sholmes e la piccolissima Iris Wilson (non crediamo ci sia bisogno di dirvi a chi sono ispirati), veri coprotagonisti dei titoli, proprio come il Professor Layton nel noto spin off del 2014 Professor Layton vs. Phoenix Wright: Ace Attorney. Herlock è un detective tanto famoso quanto “strano”, teatrale e allampanato, capace di intuizioni incredibili ma al tempo stesso clamorosamente fuori fuoco. Un po’ un personaggio di Johnny Depp degli ultimi quindici anni insomma.
A lui è strettamente legata l’introduzione più importante del gioco a livello di puro gameplay, infatti saremo chiamati a “correggere” gli errori nelle sue ricostruzioni ruotando la scena del crimine, visualizzata in 3d, alla ricerca dei veri elementi significativi per l’indagine (che ovviamente non sono MAI quelli individuati da Sholmes, ma solo vicini). Maggiore importanza è stata poi data alla presenza dei giurati, che potranno anch’essi essere torchiati a caccia di incongruenze nei loro giudizi, o interpellati per avere maggiori informazioni su un determinato argomento. Ma sempre in maniera molto “accompagnata”.
Un’altra mancanza, che ovviamente non influisce minimamente sulla valutazione ma è doveroso segnalare, è l’assenza della lingua italiana. Al contrario che con tanti altri giochi però vi sconsigliamo vivamente l’acquisto di The Great Ace Attorney Chronicles se non siete buoni conoscitori dell’inglese: la quantità di testo è paragonabile a quella di un libro e la riproduzione di slang e accenti (dal londinese all’irlandese) rende il tutto ancora più complicato da seguire.
A completare il pacchetto, oltre ai due giochi, troviamo anche otto piccole mini-avventure chiamate Escapades, che allungano una longevità già considerevole (almeno una cinquantina di ore per finire tutto), costumi aggiuntivi, gallerie di immagini e musiche e la possibilità di giocare in Modalità Storia, lasciando al gioco la risoluzione automatica degli enigmi. Anche se dubitiamo che vi possa servire davvero, tranne in rarissime situazioni o in momenti di appannamento mentale alla Sholmes.
Tirando le somme non possiamo dirci particolarmente estasiati da The Great Ace Attorney Chronicles, ma nemmeno ve lo sconsigliamo o vogliamo bocciarlo, anzi.
Se il background narrativo e la costruzione dei personaggi è in linea con la grande qualità che ha da sempre contraddistinto l’opera di Takumi, i casi al contrario non ci sono sembrati affatto all’altezza. Troppo chiari, troppo guidati, troppo privi di quella genialità che è possibile riscontrare negli episodi migliori della saga e che ci facevano genuinamente chiedere come saremmo mai potuti uscire da situazioni che sembravano ormai totalmente compromesse.
Succede. Quando si parla di franchise pluridecennali e composti da molti giochi sono inevitabili alti e bassi, specie per quanto riguarda le idee. Per fortuna The Great Ace Attorney Chronicles può pregiarsi di alcune qualità storiche del brand e di un cambiamento di setting e protagonisti che lo rendono automaticamente interessante da giocare, se si apprezzano il genere e la serie. Non alzate però eccessivamente le aspettative, e se siete neofiti consigliamo di dirottare almeno inizialmente le vostre attenzioni su Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy e i suoi tre eccezionali capitoli, pur più datati visivamente e meno vari nel gameplay.