Twitter: Account inattivi? Potrebbero essere messi all’asta e rivenduti!

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Avete un account Twitter in disuso da parecchio tempo? Fate attenzione perché tra non molto il vostro vecchio profilo coperto di “polvere digitale” potrebbe essere messo all’asta. Questo per permettere alla compagnia attualmente guidata da Elon Musk di raccogliere fondi per un’azienda che ultimamente non se la sta passando molto bene. A dare la notizia è il New York Times che in un recente articolo svela che la compagnia sta attualmente valutando questa possibilità.

Secondo quanto riportato dalla testata, le conversazioni su queste possibili aste di nomi utenti sono in corso da ormai dal mese scorso. Al momento attuale però Twitter non ha risposto ad alcuna domanda relativa all’argomento lasciando il tutto avvolto nel mistero. Sempre il mese scorso Elon Musk, CEO di Twitter, ha dichiarato la sua intenzione di voler eliminare dalla piattaforma circa 1.5 miliardi di account inattivi, liberando in questo modo spazio per diversi nomi utente. Ai tempi di questa dichiarazione Musk non fece però alcuna menzione ad eventuali piani per vendere i suddetti account. Questo potenziale piano di vendita di account arriva però proprio in un momento in cui Twitter è alla ricerca di nuovi modi per generare nuove entrate.

Effettivamente l’acquisto da parte di Musk del social network per ben 44 miliardi di dollari ha gravato sull’azienda a causa di crescenti pagamenti di interessi. É sempre per questo motivo che la compagnia si è ritrovata a dover ridurre il proprio organico quasi del 50% e ad inserire un nuovo abbonamento mensile da 8 dollari per poter avere la spunta blu sul proprio profilo.

Nonostante tutto lo stesso Elon Musk ha già ribadito più volte che il fallimento della piattaforma ormai non è da escludere. É qui che potrebbe entrare in gioco la vendita degli account inattivi, vendita che potrrebbe portare risanare le casse della piattaforma. Certo, rimane un’importante domanda da fare: siamo sicuri che i nomi utente di questi account inattivi spingeranno davvero qualcuno a spendere dei soldi per averli?

Fonte: New York Times