Valentino Rossi si ritira. Sapevo che il momento sarebbe arrivato. Ma mentirei se vi dicessi di essere “pronto”. Ho passato più di metà della mia vita a vederlo correre e tifarlo… Come possono esserci corse in moto senza Valentino Rossi? Ho ricacciato questa domanda per tanti anni in un cantuccio della mia mente. Mi era intollerabile solo pensarci.
Tu SEI la MotoGP, Vale. Il tempo conta solo per noi persone comuni, ma non per te! Che hai passato tutta la vita a lottarci. Il tempo deve onorarti, voltarsi altrove perfino, mentre tu sfili in carena, inseguendo l’ennesima impresa. Corri, lotta, non fermarti mai! Gli occhi fissi su un cronometro. Un rito che si ripete sempre uguale, come quando ti inchini davanti alla pedalina della tua moto, prima di salire in sella. Un rifiuto quasi infantile, il mio, di lasciarti andare. Ma quel momento è arrivato.
Ci avevo un po’ sperato, sai? Che volessi fare questa follia. Tenendo duro fino a raggiungere quel numero che da sempre ti rappresenta. 46. Pur a dispetto di logica e buonsenso, lo so. Perché uno sportivo normale, nella tua disciplina e alla tua età, avrebbe già smesso da un pezzo.
Ma tu non sei mai stato uno normale. Tu sei “il Dottore”, quello delle imprese leggendarie e dei sorpassi impossibili. E per come ti conosco secondo me l’idea ti ha pure sfiorato! Sicuramente ci hai provato in ogni modo, tenendo duro nonostante i risultati che ormai latitavano. Ti sei allenato follemente e disperatamente. Con la stessa ostinazione con cui un ragazzino resta aggrappato al suo primo amore. E questo in fondo sei sempre stato e sei rimasto. Un ragazzino follemente innamorato delle moto e delle corse.
Ce l’avevi dipinto in volto anche oggi, in conferenza stampa, l’amore straordinario che ti lega a questo sport. E nel contempo la risolutezza di chi ha compreso quale fosse la strada giusta per sé. E la straordinaria serenità di chi, a quella passione, fosse consapevole di aver dato tutto, ma proprio tutto.
E tu l’hai fatto. Hai dato Tutto – le maiuscole non sono casuali – a lei e a noi. Hai sacrificato tutto. In primis una vita normale, di quelle lontano dai riflettori. Le serate al cinema e la pizza con gli amici, senza una folla ad assediarti ogni volta. Da fuori sembra tutto dorato: soldi e successo. Ma nessuno pensa mai al rovescio della medaglia. Ogni cosa ha un prezzo. E no non dev’essere stato facile essere te, Valentino. Salendo in sella ogni volta con le aspettative di milioni di appassionati a gravare sulle proprie spalle.
Ti sei immolato per questa passione, come hanno fatto tanti prima e dopo di te, pur raccogliendo una frazione infinitesima di quel che hai raccolto tu. in questo hai avuto tanta fortuna, oltre a un talento immenso. Perché lei ti ha ripagato con abbondanza. Togliendoti però anche tanto. Come la leggerezza e spensieratezza che si sono infrante per sempre su quel casco in quella maledetta domenica di Sepang nel 2011. Dove tanti al posto tuo avrebbero già gettato la spugna, in annate di sofferenza e umiliazioni. In quello che tu, oggi stesso, hai definito un periodo in cui sportivamente e agli occhi del mondo intero eri “già finito”. Ma non ai tuoi! E così ostinatamente hai proseguito. Fino a ritrovare la vittoria ad Assen nel 2013, in quell’università della moto che tante volte ti aveva visto salire in “cattedra”. Ripetendoti poi nella tua Misano nel 2014. Una cavalcata solitaria, quest’ultima, che ho seguito con il cuore in gola a bordo pista. Per poi sfiorare un decimo clamoroso titolo mondiale l’anno successivo. Quel boccone amaro che ancora oggi fatichi a mandar giù. E noi, “popolo giallo”, con te.
Sì ci avevo sperato che tu proseguissi. Perché per me e per tanti di noi tu sei molto di più del 9 volte campione del mondo che ha contribuito, più di ogni altro, a far conoscere e amare le corse in moto in ogni parte del mondo. E sei molto di più della memoria collettiva di uno sport. Sei una stagione della nostra vita. 25 anni di ricordi, che ci piombano inesorabilmente addosso e con cui ora dobbiamo fare i conti. Scendendoci a patti. Come avrai fatto tu, oggi. Seduto su quella sedia. Togliendoti un peso.
Ti ho conosciuto che correvi sulle minimoto, nei primi anni ’90. Quando in pista c’era ancora Schwantz e mai e poi mai avrei pensato che un pilota italiano potesse farmi emozionare quanto e più di Kevin! Ho girato insieme a te al Motorpark di Cattolica e non mi capacitavo di come un ragazzino potesse andar così forte su una minimoto. io ero bravino ai tempi eh… ma tu eri già un fulmine! Fuori scala.
Per me erano gli anni delle vacanze a Misano con gli amici. Si andava in riviera in campeggio per respirare l’aria del Santamonica (si chiamava ancora così il circuito di Misano), ossia l’odore di miscela bruciata dei 2 tempi da corsa. Ricordo quella volta che sei arrivato con tuo padre in circuito con la Cagiva Mito caricata sul carrello. Erano tempi in cui potevi camminare nel paddock senza essere preso d’assalto. L’ultima volta ricordo che fu a Monza, ai tempi dell’europeo 125. Era il 1995. Dopodiché saresti diventato una leggenda irraggiungibile.
4 agosto 1996. Esattamente 25 anni e 1 giorno fa. Per Valentino era il primo podio della sua carriera nel Mondiale 125. Io avevo 23 anni, una madre malata e il tifo verso questo giovane pilota, che ci aveva sempre uniti, strideva con la prospettiva di quello che avremmo dovuto affrontare nei mesi successivi. Mentre tutto il resto del mio mondo andava in frantumi c’era solo una cosa e una soltanto che per me, nei fine settimana, si ripeteva quasi come una costante: “quando la domenica corre Valentino”.
26 stagioni di Motomondiale. Tante sono state. Dove hai sfidato i più grandi e in pista e li hai battuti tutti. Domando le feroci 500 2 tempi prima e poi le MotoGP, in tutte le configurazioni e cilindrate che questa categoria ci abbia proposto.
No questa non è la storia di Valentino Rossi, ma è Valentino Rossi stesso ad essere Storia. Anche quella di ognuno di noi. Il fil rouge che ci unisce e ci riporta a dove tutto è iniziato. Anche le fiabe più belle però hanno una fine.
E quindi caro Valentino se la tua mente oggi ti ha detto di fermarti, anche se il cuore continua a battere a 300 all’ora, allora fermati pure. Anche se fa male.
L’ho capito sai quando è successo? Mentre eri lì incredulo, inginocchiato e impolverato, nella sabbia della via di fuga di Assen a giugno, in una caduta che aveva infranto il tuo morale prima ancora che i tuoi e i nostri sogni.
Smetti di lottare e tira il fiato. Te lo meriti! Non ci devi più nulla di quanto tu non ci abbia già dato in questi 25 anni di emozioni grandissime, che si sono consumati in un soffio. Ricordi meravigliosi che vivranno per sempre insieme alle tue imprese. Le sfide epiche con Biaggi, Gibernau, Stoner, Lorenzo e Marquez. I successi, le rimonte impossibili, i sorpassi ancora più impossibili le gag a fin gara. Le domeniche sul podio e noi a urlare in piedi sul divano. Storie che sono e saranno sempre, per tutti noi, indimenticabile parentesi di vita. Che ci rimanderà a stagioni diverse. E a persone che, spesso non sono più qui.
Avresti voluto correre altri 20 anni, hai detto oggi. E sì, sono certo che fosse così. Anch’io lo avrei voluto! Ho sperato, ho davvero sperato, che restassi lì abbastanza da concedermi di vederti correre e tifarti con accanto mia figlia Lalah, abbastanza grande da capire chi ci fosse dietro a quel 46 giallo che sfrecciava in pista.
Invece mi toccherà raccontarglielo. Di questo pilota eterno ragazzino. Di come io l’abbia amato e tifato. E mia madre con me. Di come lui abbia a lungo fermato le lancette dell’orologio, e sconfitto il tempo con la propria passione. Di come sia stato per tutti noi un esempio di determinazione, non tanto quando tutto gli riusciva facile, ma soprattutto negli ultimi anni, quando ormai tutto sembrava incredibilmente difficile. Perché è lì che è emersa la tempra del vero campione. Di chi ha sempre affrontato le sfide a testa alta. Di chi ha condotto la propria vita con la stessa grinta con cui in pista guidava la moto. Senza mai risparmiarsi. Senza rimpianti. E anche quando sembrava che qualcuno volesse imporgli una scelta che non sentiva sua, alla fine su quel palco ci è salito e ha compiuto la propria, di scelta. Senza versare una lacrima, a testa alta e con il sorriso stampato in volto.
E lì tutti noi abbiamo capito perché sei stato grande.
Non un grande, ma il più Grande.
Mai più nessuno come te. Valentino Rossi. Grazie di questo viaggio!