Quando il seguito di un videogioco diventato cult è pronto a mostrarsi dopo anni di attesa dal primo amatissimo capitolo, le strade che questo può percorrere sono irrimediabilmente due: la prima è quella dell’entusiasmo che ti fa volare su ali ben salde, l’altra è quella attraversata nello stesso momento da un boomerang che, in modo fantozziano, potrebbe anche essere capace di bussare alla porta per colpire con forza e mettere davanti al malcapitato la realtà dei fatti, cioè che la troppa aspettativa genera mostri.
Se poi la figura di riferimento è un “tizio” che corrisponde al nome di Tim Schafer, la cosa si amplifica ancora di più, in entrambi i casi, perché ci sono personalità in grado di muovere le montagne (ci sono persone che vogliono più bene a Schafer che al proprio padre).
Psychonauts 2 quale strada avrà percorso? Scopritelo leggendo la nostra recensione.
Raz… Raz… Razputin
Un pratico riassunto rende edotti i giocatori, nuovi e vecchi smemorati, sugli eventi del primo capitolo, presentando il personaggio di Razputin, un ragazzino nato in una famiglia di artisti circensi e grande appassionato di giornaletti in cui si narrano le gesta degli psiconauti. Quelle storie non sono inventate: il mondo, secoli prima, è cambiato a causa della caduta di un meteorite di psitanio, un materiale che ha avuto effetti devastanti su animali e abitanti.
Alcuni di essi, dopo attento addestramento, sono stati reclutati da un’agenzia governativa per la protezione del pianeta adottando il nome, appunto, di psiconauti. Questi sono in grado di utilizzare poteri psichici e visitare, letteralmente, i cervelli altrui. Raz scopre di essere in possesso di quelle abilità, scappa di casa e si unisce agli psiconauti affrontando mille avventure.
E adesso arriviamo a Psychonauts 2, che è ciò che ci interessa davvero. Raz non è ancora riuscito a entrare negli alti ranghi dell’agenzia, è visto ancora come un bambino con molto da imparare, tanto da essere considerato alla stregua di uno stagista. Una chance per cambiare le carte in tavola arriva quando un’amara verità sconvolge gli psiconauti: tra di loro c’è una talpa. Questa ha aiutato il dottor Loboto a rapire Truman Zanotto, gran capo degli psiconauti, il quale, dopo il suo ritrovamento, versa in uno stato di incoscienza.
Raz prende la palla al balzo e, combinando in realtà non pochi casini, decide di mostrare agli agenti senior il suo valore. Da qui in poi gli accadimenti saranno tanti e vedranno vecchie conoscenze, come gli agenti Milla e Sasha, alle prese con una minaccia incombente.
So già cosa starà pensando un nuovo giocatore: “Buona trama per un platform, dai, nulla di che, ma ci sta”. Eeeeh no, non è tutto qui in realtà, perché chi conosce l’opera originale di Tim Schafer sa benissimo che la narrativa di Psychonauts, e il seguito non fa eccezione, è ben più complessa. La trama solitamente è il quadro e il resto è la cornice, ma in Psychonauts avviene il contrario, cioè la trama, intesa come sequela di eventi, è paradossalmente un contorno perché il gioco di Double Fine parla in primo luogo delle persone, seppur queste siano presentate al giocatore in modo mostruosamente caricaturale. Ancor meglio, Psychonauts parla di come le persone si sentono, delle loro fobie, inquietudini, paranoie: è a tutti gli effetti un’esperienza psicologica. Il primo capitolo riuscì a esporre, graficamente e narrativamente, una fervida rappresentazione di stati d’animo umani e disturbi psichici in modo quasi accademico, da saggio visivo. Ebbene, Psychonauts 2 non è da meno: infatti ogni singolo elemento, ogni ambiente, ogni scena è incredibilmente esplicativa della caratterizzazione psicologica che l’autore ha voluto imprimere nei personaggi.
La vera storia di Psychonauts 2 è nei colori, nei nemici che si frappongono tra noi e l’obiettivo, nella disposizione degli oggetti negli scenari, è nel modo in cui quest’ultimi si sviluppano conducendo il giocatore in un vero e proprio viaggio nella mente. Questa grande cura nel raccontare la psiche si ripercuote anche sul gameplay.
Psychonauts 2: Salti, poteri e trip mentali
Prima di analizzare nel dettaglio il gameplay, partiamo da un presupposto che potrebbe sembrare una critica, ma in realtà non lo è affatto. Psychonauts 2 non ha una meccanica next-gen, alla stregua dei portali di Ratchet and Clank: Rift Apart (seppur questa sia stata usata in modo limitato da Insomniac, quasi a mo’ di esercizio di stile, una sorta di bozza per il futuro della serie), perché, in primo luogo, il livello delle due produzioni è molto diverso, in secondo luogo, perché non ne ha bisogno.
Double Fine è riuscita a calcare le orme del capitolo precedente ottimizzando il tutto e ampliando le possibilità offerte dai poteri psionici senza sentire il bisogno di strafare. In nessun momento il giocatore penserà: “Questa cosa non l’ho mai vista da nessuna parte”, altresì avrà sempre lo sguardo incollato allo schermo con lo stupore disegnato sul viso, perché in Psychonauts 2 non è importante quanto siano nuove le meccaniche di gioco (divertentissime e sempre coerenti con il livello in atto), ma il modo in cui vengono inserite in quel contesto di lettura psicologica che abbiamo citato precedentemente.
D’altronde, un conto è saltare su piattaforme standard già viste in decine e decine di giochi dello stesso genere, un altro è farlo su molari e radiografie o entrando letteralmente in un libro usando parole e paragrafi come strutture per i propri salti. Gli esempi di queste follie e bizzarrie possono essere davvero tanti: in Psychonauts 2 non c’è un singolo livello banale, si passa dal grottesco al macabro, dall’ameno all’effetto psichedelico e lisergico, in una serie di trip mentali assurdi.
Nello specifico, Psychonauts 2 è un perfetto connubio tra platform, combattimenti e poteri, un trittico che nel corso dell’avventura (della durata di circa 10 ore, anche 12 spulciando qua e là alla ricerca di collezionabili e per completare missioni secondarie) sa regalare al giocatore situazioni sempre diverse e appaganti. Forse i combattimenti possono essere considerati l’anello debole, non per deficit particolari, ma per un combat system un po’ semplicistico che però viene sapientemente assistito da dinamiche continuamente fresche, senza alcuna caduta di stile.
I poteri psionici maggiormente utili contro i nemici sono la psico-esplosione (un raggio che esplode all’impatto), la pirocinesi e l’immancabile telecinesi, con la quale sbattere in faccia alle aberrazioni della mente oggetti dello scenario. In questi casi, al giocatore potrebbero venire in mente titoli come Control e Scarlet Nexus, ma in miniatura, va tuttavia rimarcato che i giochi Remedy e Bandai non hanno inventato nulla, anzi, forse devono ringraziare proprio Tim Schafer. Per quanto riguarda il platform e la risoluzione di puzzle, senza voler rovinare la sorpresa ad alcuno, le combinazioni sono molteplici, ad esempio con la bolla temporale siamo in grado di rallentare il tempo, mentre con la levitazione è possibile planare per coprire distanze più lunghe o far apparire una sfera che velocizza i movimenti.
Uno dei poteri più interessanti è senza dubbio il controllo mentale, da usare per mettere ordine nelle teste altrui. Una volta avuto l’accesso, dinanzi a noi vedremo una serie di concetti racchiusi in nuvolette, il nostro compito è collegare due concetti coerenti tra di loro senza toccarne altri in contraddizione. Questo servirà a convincere il personaggio a credere più in se stesso, a fare una determinata scelta, eccetera. Le abilità sono potenziabili aumentando di grado, e ogni grado dà diritto a punti spendibili nel menu, attraverso i quali possiamo rendere i poteri più efficaci o duraturi.
Probabilmente i veterani potranno notare un livello di difficoltà leggermente più basso rispetto al primo capitolo, se si escludono un paio di picchi che comunque sono superabili evitando la scomunica. Inoltre, il team ha ben pensato di inserire impostazioni di accessibilità come i combattimenti narrativi (modalità facile, in pratica) e l’invincibilità. Il livello di sfida non risulta mai un problema perché la varietà di situazioni fa in modo che il divertimento non vada mai scemando. A questo vanno aggiunte due annotazioni: la prima riguarda la fluidità che su Xbox Series S (la versione da noi giocata) non riscontra intoppi, infatti il gioco va a 60 frame per secondo, ma può arrivare a 120 con una risoluzione a 1080p; la seconda riguarda la quasi totale assenza di caricamenti tra una zona e l’altra. Solo in qualche transizione si presentano dei caricamenti, ma durano sì e no 2-3 secondi.
Dal punto di vista tecnico, Psychonauts 2 va giudicato stilisticamente, per la direzione artistica, non per la grafica che è volutamente lontanissima dal realismo delle grandi produzioni, ma anche da qualche indie. Lo stile utilizzato è un marchio di fabbrica, è talmente specifico e riconoscibile che potrebbe venire brevettato da Double Fine. Di ottimo livello anche il doppiaggio inglese (sono presenti i sottotitoli in italiano) con musiche ed effetti che fanno il loro sporco lavoro per garantire al prodotto finale una qualità altissima.
Psychonauts 2 è una psico-avventura da avere, giocare, rigiocare, spulciare per benino, capire fino in fondo, è il ritorno in grande stile di Tim Schafer e della sua visionaria idea di videogioco. Imperdibile.