È un abbraccio che scalda il cuore quello tra Michael J. Fox e Christopher Lloyd durante il New York Comic-Con 2022. Le due star di Ritorno al Futuro, rispettivamente Marty McFly ed Emmett “Doc” Brown erano sul palco questo sabato per raccontare alcune delle esperienze e dei retroscena della trilogia nata nel 1985 a opera, soprattutto, di Robert Zemeckis, regista dei tre “Back to the Future”.
Retroscena che buona parte del pubblico, a dire il vero, conosce già ma che comunque vi racconteremo tra poco. Ciò che ci (mi) ha colpito è però una immagine. Quella dell’abbraccio tra Lloyd e Fox sul palco, col primo quasi a offrire sostegno e supporto al secondo, così fragile nonostante i 22 anni in meno (Lloyd ha 83 anni, Fox 61). Non hanno bisogno di una DeLorean per attraversare il tempo e, a distanza di quasi quattro decenni, sono ancora lì, ancora insieme, indissolubilmente legati da un affetto che non conosce età.
E dire che Fox in Ritorno al Futuro non doveva nemmeno recitare. Come entrambi hanno ricordato dal Comic-Con di New York, la prima scelta per il ruolo dell’adolescente viaggiatore del tempo Marty McFly era Eric Stoltz. Fox era sì stato preso in considerazione ma all’epoca (era la prima metà degli anni ’80) si trovava impegnato anche sul set di “Casa Keaton” dove figurava tra i membri principali del cast, se non come vera star della serie. Sarebbe stato difficile per Fox coniugare la vita fra due set diversi.
Sei settimane dopo l’inizio delle riprese di Ritorno al Futuro, Zemeckis si rende conto che Stoltz, pur bravissimo, non riesce a restituire la performance che aveva in mente. Solo con grande difficoltà – e dormendo pochissime ore per notte – Fox riesce a dire sì al primo capitolo della trilogia.
Lloyd ricorda quei giorni concitati: “era circa l’una del mattino. Era la sesta settimana di riprese. Zemeckis ci comunica all’improvviso che Stoltz non avrebbe più recitato con noi. Avevamo finito da poco tutte le parti principali. Fu faticosissimo concludere quella prima tornata di riprese. Non ero sicuro di riuscire a ricominciare tutto da capo“. Sempre Lloyd però racconta di come le cose siano migliorate fin da subito: “la chimica è scattata immediatamente. Già al primo ciack. Ed è rimasta per tutti i successivi. È rimasta per tutti i film. E non se n’è mai andata via”.
Lodi che Fox non manca di ricambiare. “Non ho dovuto far altro che ‘reagire’. Lasciare che ciò che facesse mi passasse attraverso. È stato stimolante ed emozionante lavorare con Chris. Il trucco era questo ‘stai con Chris e lascialo fare’. Ogni volta, ogni singola volta che sapevo di dover girare una scena con lui, sapevo anche che quella sarebbe stata una splendida giornata“ dice Fox.
Entrambi commentano anche il recentissimo musical tratto da Back to the Future, al momento in scena a Londra e presto atteso a Broadway. Lloyd dice di non sapere come avrebbero potuto farlo meglio. Impliciti dunque i complimenti alla pièce teatrale.
Doc ha recitato tanto anche dopo Ritorno al Futuro. Lo ricordiamo, ad esempio, in La Famiglia Addams, duologia dei primi anni ’90 dove interpretava Lo Zio Fester o come co-protagonista – accanto ad Hulk Hogan – di Suburban Commando (Cose dell’altro mondo, 1991). In tempi più recenti ha ridotto la sua presenza sullo schermo concedendosi giusto qualche apparizione. Tra le prossime è atteso sul set della terza stagione di The Mandalorian.
Fox, invece, nonostante i suoi 61 anni, ha interrotto la carriera attoriale vera e propria nel 1996. Il suo ultimo ruolo importante è in Mars Attacks di Tim Burton. Dopo quel film, solo cameo e brevissime partecipazioni, per lo più a documentari e serie tv. Negli anni, il morbo di Parkinson ha gradualmente ridotto le sue possibilità di recitare davanti a una macchina da presa. Ha partecipato anche a diversi episodi della serie The Good Wife nel ruolo di un avvocato spesso in contrapposizione con la protagonista (Juliana Marguilies/Alicia Florrick). Il Parkinson ha fatto parte della caratterizzazione del suo personaggio, Louis Canning.
Eppure, la cosa non sembra avere fiaccato il suo spirito. “È la cosa migliore che sia successa nella mia vita. Il Parkinson lo vedo come un dono. Quando dico questa cosa alla gente che conosco, rispondono: ‘te sei matto’. Può darsi, magari è proprio questo dono a parlare. Ma lo prendo come tale. Non è tanto ciò che ho, ma quello che ricevo” dice ancora Fox.
Fonte: Syfly