Metal Gear Solid Delta: Snake Eater. Snake torna in azione più forte che mai. Recensione PS5

Il remake del prequel della Metal Gear Saga tocca le corde giuste e lo fa con assoluto rispetto

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A circa due anni dal primo annuncio ufficiale, Konami è prossima al lancio sul mercato di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater. Il publisher giapponese, dunque, prosegue in quella che al momento appare come una vera e propria strategia: rianimare alcune delle sue IP più forti ripartendo dai capitoli più amati per ognuna di esse. È già successo lo scorso anno con Silent Hill 2, remake accolto da pubblico e critica con scetticismo prima ed entusiasmo poi (qui la nostra recensione). Sarà lo stesso percorso per Metal Gear Solid Delta? La prima parte del viaggio – quella pre release – si sta svolgendo praticamente alla stessa maniera: da una parte i dubbiosi, dall’altre quelli nell’hype più totale. Quale delle due fazioni avrà ragione? Proviamo a capirlo insieme.

Snake Eater, una storia irripetibile

Uscito nel 2004 su PlayStation 2, l’originale Metal Gear Solid 3 rappresentò l’ennesimo “punto di rottura” nella saga ideata da Hideo Kojima. Con l’aiuto alla sceneggiatura di Tomokazu Fukushima e Shuyo Murata, Kojima ha questa volta attinto più palesemente dalla sua videoteca personale. Il risultato è un gioco che respira cinema molto più di quanto non facessero i due predecessori. I toni generali sono quelli di una spy-story alla 007. Non a caso Major Zero viene dipinto come appassionato del personaggio di Ian Fleming. La stessa Para-Medic – che sciorina citazioni cinematografiche a ogni tentativo di salvataggio – fa diretto riferimento a Dalla Russia con Amore (Terence Young, 1963) che con Snake Eater ha parecchio in comune. Il setting, parte dello svolgimento e alcuni personaggi ricordano da vicino anche Apocalypse Now (Francis Ford-Coppola, 1979). Il mix si rivelò ai tempi vincente: per quanto intricate sul finale, le vicende che si susseguono a schermo risultarono molto più digeribili per un pubblico mainstream.

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A proposito di novità, è proprio il setting la base su cui Kojima e il suo team poggiarono le evoluzioni lato gameplay. Metal Gear Solid 3 restava sempre un videogioco dalla natura profondamente stealth a cui però aggiungere caratteristiche survival inedite per la serie. Naked Snake, inviato a compiere la sua missione a Tselinoyarsk (fittizia giungla sita in una regione immaginaria della Russia sovietica), deve procurarsi non solo armi ed equipaggiamenti, ma anche cibo e farmaci. L’ambientazione outdoor diventa una protagonista silenziosa dell’intera storia. Major Zero pare rivolgersi più a noi che a Snake quando ricorda a quest’ultimo di avere svolto fino a quel momento solo missioni in luoghi chiusi. Vi dicono qualcosa i nomi Shadow Moses e Big Shell? Ecco, esatto.

Si trattò di un unicum nella storia dell’intera serie. Le meccaniche survival non vennero più riprese se non molti anni dopo da Metal Gear Survive, sequel apocrifo di Ground Zeroes. I successivi capitoli della serie procedettero su strade diverse proponendo ognuno una sua qualche novità: MGS Peace Walker per esempio portava dentro sé gli elementi di un gestionale; The Phantom Pain, oltre quelli, spinse il mondo di MGS nell’open world. Nessuno, però, seppe bilanciare bene così tanti ingredienti come fece il gioco del 2004. Anche Brusseaux, Courcier ed El Kanafi ne parlano in questi termini nel loro Metal Gear Solid: Un’opera di culto di Hideo Kojima (Multiplayer edizioni, 2017).

Due parole sul gameplay

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Giusto illustrare brevemente le caratteristiche di gameplay peculiari di Snake Eater. Si tratta di un videogioco che fa dello stealth la sua caratteristica principale. Snake, il protagonista, deve infiltrarsi di nascosto in territorio sovietico e recuperare un importante scienziato russo. Le cose vanno male e Snake è costretto a ripetere la missione, ma stavolta facendo pure fuori un po’ di gente. L’approccio più consigliato è dunque quello di evitare gli scontri diretti con i nemici. Risulta più utile e sensato aggirarli così da noni mettere in allarme l’intera base. A rendere più agevole l’ingrato compito avremo a disposizione diverse tute mimetiche che ci permetteranno di confonderci con l’ambiente circostante. Un pratico valore percentuale mostrato a schermo in tempo reale ci indicherà quale sarà la scelta migliore.

Meno volte verremo scoperti dai nemici, meno volte verremo colpiti e più alto sarà il nostro punteggio finale e quindi il grado conferitoci. Se individuati dovremo cercare di fare in modo di seminare gli avversari, trovare un punto sicuro, nasconderci e attendere il termine della fase di allerta. Tool come la scatola di cartone o la giusta mimetica appunto possono esserci molto utili. Qualora dovessimo combattere, la componente action risulta godibilissima in Delta. Le migliori fasi di scontro restano comunque quelle coi boss. Ognuno di loro ci sfiderà in un’arena diversa e sfrutterà a suo vantaggio l’ambiente circostante. Per ognuno di loro è consigliabile adottare strategie differenti. Non sempre l’approccio frontale è quello preferibile, anzi.

Oltre a fare attenzione ai nemici, Snake dovrà tenere d’occhio pure la sua stamina. Tale barra di energia determina la nostra capacità di rispondere al fuoco nemico, tenere ferma un’arma, riprenderci dopo un colpo eccetera. Per mantenersi in forma, il giocatore dovrà procurarsi del cibo sul posto: selvaggina locale, frutti o razioni dei nemici. Bisognerà fare attenzione però: gli alimenti sono deperibili e alcuni hanno effetti potenzialmente dannosi ma a noi sconosciuti fino alla prima ingestione. Anche le ferite riportate da Snake sono da tenere d’occhio. Fratture, tagli, ustioni e colpi di arma da fuoco dovranno essere curati ognuno con una serie di medicinali o presidi sanitari adeguati.

Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, niente sperimentazioni

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Tenendo a mente queste considerazioni è chiaro dunque che Konami si sia presa l’impiccio di mettere mano a quello che – con poca tema di dibattito – è uno dei capitoli più complessi e amati, se non il più amato dell’intera serie. L’impresa riuscirà come è riuscita – almeno in parte – per Silent Hill 2? Personalmente ero scettico al riguardo (ma ero scettico pure dell’esistenza stessa del progetto, almeno fino all’annuncio ufficiale). Il nome “Delta” richiamava la lettera greca utilizzata in matematica per indicare il cambiamento. Conoscendo i fan più accaniti della serie, azzardare a mutare qualcosa di Snake Eater (fosse anche il minimo particolare) avrebbe potuto significare la definitiva bocciatura. Dunque, il publisher si è affrettato a rassicurare tutti. Secondo Konami, il cambiamento sarebbe stato minimo.

Promessa mantenuta? Nel corso della campagna di promozione del gioco, durante i vari video di presentazione, Konami ha spiegato come Virtuos si sia impegnata per realizzare un videogame che offrisse due diversi ‘feel. Da una parte un gameplay Legacy, più fedele all’originale del 2004, con inquadratura a volo d’uccello fissa su Snake. Dall’altra, uno stile nuovo che lo rende molto più vicino a diversi third person shooter già presenti sul mercato. Proprio quest’ultimo è quel cambiamento minimo cui alludeva Konami subito dopo l’annuncio del gioco?

Ma cosa c’è di veramente nuovo?

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Vero e proprio cambiamento non è. Già con la riedizione Subsistence del 2006, Konami e Kojima si adoperarono per offrire comandi e inquadrature migliorate. In ogni videogioco tutti gli elementi devono essere armonici tra di loro. Questo vale per comandi, gameplay, scelta delle inquadrature e via discorrendo. Per l’originale Snake Eater (2004), riutilizzare una inquadratura come quella adoperata in MGS e MGS2 non aveva senso. Semplicemente il gioco non funzionava’ al meglio. Subsistence corresse quello sbaglio.

Inserire un gameplay legacy ha dunque un duplice scopo: da una parte offrire l’opzione di un feel ‘autentico‘ per i puristi e, dall’altra, restare fedeli all’edizione originale dell’opera. Il secondo stile di gameplay proposto in Metal Gear Solid Delta, quello ‘nuovo‘, è – come fu per Subsistence – decisamente migliore da esperire. Si potrebbe quasi dire che sia la sua forma scelta in Delta (che poi è quasi la stessa utilizzata in Guns of the Patriots e The Phantom Pain). Giocare utilizzando quella impostazione mentre si tiene a mente il fatto che del gioco non sia stata spostata una virgola in termini di ambientazione e mappe, fa pensare che quella di Delta fosse la forma che il gioco avrebbe dovuto avere fin da principio.

Metal Gear Solid Delta: un remake che più fedele non si può

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In cinematografia, Delta verrebbe definito un remake ‘shot by shot‘ e cioè ‘fotogramma per fotogramma. Luoghi, personaggi, intere scene e singole inquadrature sembrano essere state date in pasto a Unreal Engine per subire un maquillage che le rendesse più al passo coi prodotti moderni. Persino i dialoghi – come già anticipato durante la campagna promozionale – sono gli stessi dell’originale. Letteralmente gli stessi. Konami ha imposto a Virtuos di evitare qualsiasi ritocco o reinterpretazione. Il ‘guinzaglio‘ è stato molto più corto di quello concesso a Bloober Team.

Fare una digressione sull’intera trama di gioco risulterebbe controproducente. Innanzitutto sarebbe troppo lunga da riassumere in questo articolo. In secondo luogo potrebbe rappresentare fonte di spoiler per quei videogiocatori che si approcceranno alla saga a partire proprio da Delta. In ultimo, se avete giocato al terzo capitolo e avete buona memoria non vi aspetta alcuna sorpresa. Anzi, posso confermare che praticamente ogni momento iconico dell’originale è rimasto lì dov’è, intatto.

Persino Guy Savage è rancora lì. Forse proprio il mini-game è il punto dove Konami ha concesso qualche libertà in più assoldando persino Platinum Games per la realizzazione. Il team ne ha approfittato per re-immaginare l’intero contenuto e ora viene quasi voglia di averne una versione estesa. Il simpatico easter egg può poi essere rigiocato più volte direttamente dal menù iniziale. Altro contenuto extra sono le missioni Serpente contro Scimmia (una simpatica collaborazione con Ape Escape già presente nell’originale). Assenti invece i due Metal Gear originali usciti su MSX-2 nel 1987 e 1990. Indice che Konami voglia dar seguito alla sua più recente promessa? Staremo a vedere. Potete comunque trovare Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake nella Master Collection Vol. 1.

Due parole sulla grafica

Il comparto grafico e in particolare la resa dei volti è uno degli aspetti che più ha interessato la mia personale bolla social. Dopo i trailer pre-lancio mi è parso di cogliere una certa preoccupazione circa l’espressività dei volti dei protagonisti. Dai video si aveva l’impressione che tutto fosse un po’ ‘plasticoso, poco dinamico o realistico. L’impressione iniziale è stata smentita sì, ma non del tutto. Movimenti ed espressioni facciali – di alcuni personaggi più di altri – risultano rigide. Una breve spiegazione la si ottiene dai titoli di coda dove viene menzionato un ristretto cast dedicato al Mo-Cap, ma nessun riferimento al Face-Cap/Performance-Cap. L’environment che ci circonda – la giungla di Tselynoyarsk e le installazioni nemiche – gode del restyling offerto da Unreal Engine 5: l’illuminazione, seppur non ‘dinamica‘, risulta convincente. Non aspettatevi però di vedere la vostra mascella cadere sul pavimento.

In conclusione, Metal Gear Solid Delta: cosa ne pensiamo?

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Spesso, recensire un remake è compito difficile almeno tanto quanto valutare un prodotto inedito. Pur avendo dalla propria una ‘letteratura‘ precedente con cui fare il confronto (il gioco originale e tutto ciò che ne è stato estrapolato), può capitare di imbattersi in prodotti che reinterpretano icone, significati, personaggi; sistemi di gioco completamente stravolti rispetto a quelli originali; parti di trama o finali modificati per abbracciare le nuove generazioni. I nuovi autori, spesso, inseriscono nel testo originale la loro personale visione.

Ecco un esempio per spiegarmi meglio. Nel mondo dell’editoria si usa recensire i libri appena usciti o di prossima pubblicazione. In questo caso mi sono trovato nella condizione di recensire l’equivalente di un libro già noto e apprezzato. Nella maggior parte dei casi in cui si recensisce un remake, è come avere a che fare con Il Signore degli Anelli tradotto da Vittoria Alliata e doverlo mettere a confronto con l’originale di Tolkien. La traduzione di Alliata – ora sostituita da quella di Ottiavio Fatica – è in parte anche una reinterpretazione della storia di Tolkien. Nel caso di Metal Gear Solid Delta è stato come mettere a confronto La Spia che Venne dal Freddo (Le Carrè, 1963) tradotto da Adriana Allegri e pubblicato da Longanesi nel 1964, con la stessa opera e la stessa traduzione, ma pubblicata da Rizzoli nel 1980. È sempre lo stesso contenuto, ma con un’impaginazione e un font diverso.

Casi come quello di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater sono davvero rarissimi. Trovarsi nella posizione di Virtuos Studio non deve essere stato facile. Vedersi commissionare da Konami il remake di uno dei giochi più amati degli ultimi 25 anni è un onore e un onere che non tutti sarebbero disposti o in grado di sopportare. Probabilmente, anche senza i diktat del publisher, nessuno lì dentro si sarebbe sentito in potere di modificare alcun ché del gioco originale. Non della trama, certamente, ma nemmeno nemmeno nel gameplay. Si è solo cercato di rendere il prodotto più godibile per tutti e più in linea con gli standard moderni.

Come un serpente muta periodicamente la propria pelle per averne una nuova sebbene identica alla precedente, così è per Metal Gear Solid Delta. Virtuos ha solo messo delle scaglie nuove su un animale le cui zanne sanno ancora affondare bene nella carne.

In uno scenario simile, dunque, mi sono ritrovato paradossalmente in una difficoltà diversa: cosa dire di nuovo di un gioco che in oltre 21 anni è stato analizzato, criticato e sviscerato fino allo sfinimento? Non ho la presunzione di poter aggiungere a ciò che è disponibile in rete un pensiero che sia del tutto originale. L’intera trama ruota attorno al tema della fiducia negli altri e di quanto questo sia uno sforzo che non tutti sono disposti a sopportare. Un concetto sintetizzato in una frase che The Boss pronuncia durante il suo – lungo – monologo finale: “gli alleati di ieri sono gli oppositori di oggi”. Un tema che il gioco costruisce bene fin dalle primissime ore e che poi sviluppa in un finale che getta le basi della futura evoluzione di Naked Snake in Big Boss. Una profezia quasi, almeno per ciò che accade all’interno della serie: The Joy, EVA, Ocelot, il governo USA… di chi può davvero fidarsi Snake?

Da un punto di vista ludico, invece, oggi Metal Gear Solid Delta: Snake Eater non presenta nulla che non sia già presente sul mercato in qualche forma, fosse anche solo per l’esistenza dell’originale. Ai tempi, lo ripetiamo, il gioco rappresentò un ennesimo punto di cambiamento in una serie capace di restare fedele e tradire se stessa contemporaneamente. Provato oggi con questa nuova veste risulta ancora più godibile che in passato, al punto che io ho già voglia di una nuova run.

A chi non conosce la serie dico: giocatelo, ne vale la pena. A chi come me la conosce già dico invece: giocatelo, il serpente ha una nuova pelle.

Metal Gear Solid Delta: Snake Eater sarà disponibile su PC, PlayStation 5 e Xbox Series X/S a partire dal 28 agosto 2025.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
9
metal-gear-solid-delta-snake-eater-snake-torna-in-azione-piu-forte-che-mai-recensione-ps5Metal Gear Solid Delta fa tutto ciò che un remake in senso stretto dovrebbe fare. Nulla, fatta eccezione per la grafica e uno schema di comandi, viene mutato dall'originale. Sebbene ogni opera sia potenzialmente perfettibile, spostare qualcosa nel delicato equilibrio raggiunto dal gioco di Kojima nel 2004 sarebbe stato un rischio troppo grande da assumersi per Virtuos e Konami. Developer e publisher, dunque, scelgono la via dell'aderenza all'originale nella convinzione che questo sia ciò che la totalità - o quasi - dei fan desiderava. Il serpente ha una nuova pelle, ma azzanna ancora come 21 anni fa.

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