Dying Light – la recensione

Ci risiamo. Per l’ennesima volta un misterioso virus è riuscito non si sa bene come a infettare la quasi totalità della popolazione di una città, trasformando gli abitanti in famelici morti viventi… possibile che nessuno riesca mai a prevenire queste epidemie? Tralasciando le discussioni su come possano capitare questi eventi (avete mai fatto caso che, infatti, tutti i film o videogiochi di zombie iniziano quando ormai l’epidemia è già impossibile da contenere?), eccoci quindi ad affrontare una nuova lotta per la sopravvivenza nei panni di Crane, un agente governativo in missione segreta nella città turca di Harran che, tra un massacro di zombie e l’altro, deve recuperare l’immancabile file rubato che contiene la formula per eliminare il virus… un classico, insomma.
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La mappa si sviluppa molto in verticale proprio per mettere in risalto le abilità di Crane, oltre a offrire strade alternative per raggiunge i vari obiettivi… o per salvare la pelle.

La trama, quindi, non sarà di certo il motivo principale per cui comprare Dying Light, ma anche nella sua semplicità riesce comunque a mantenere vivo l’interesse, fungendo da collante tra le varie missioni. Ciò che invece rende davvero interessante il gioco è il suo gameplay: fin dalle prime dimostrazioni, in molti hanno paragonato Dying Light a un mix tra Dead Island e Mirror’s Edge, e in buon parte effettivamente è così. Dopotutto, Dead Island è stato il franchise di maggior successo per lo studio polacco Techland, e lo stesso Dying Light è nato come seguito di Dead Island, salvo poi trasformarsi in un progetto a parte a causa di alcune meccaniche e idee vincenti che si distaccavano troppo dallo spirito originale del gioco. Più o meno come accaduto per Devil May Cry, nato come seguito di Resident Evil ma diventato una serie a parte… per fortuna.
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Fin dalle prime dimostrazioni, in molti hanno paragonato Dying Light a un mix tra Dead Island e Mirror’s Edge…

Se le differenze tra Devil May Cry e Resident Evil sono abbastanza evidenti, quelle tra Dead Island e Dying Light invece non sono così marcate: l’ambientazione post apocalittica, il crafting delle armi e l’atmosfera generale ricordano l’esperienza vissuta nell’isola tropicale infestata di zombie in parecchi punti del gioco. Ma cosa differenzia allora le due serie? Come accennato poco prima, la principale novità riguarda una caratteristica legata a Mirror’s Edge: il parkour. Il nostro protagonista, infatti, è in grado di esibirsi in corse acrobatiche al limite dell’umano, permettendo così rocambolesche e spettacolari fughe dai nemici tra i tetti della città. La mappa si sviluppa molto in verticale proprio per mettere in risalto le abilità di Crane, oltre a offrire strade alternative per raggiunge i vari obiettivi… o per salvare la pelle.
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Già, perché un’altra caratteristica di Dying Light è il drastico cambio tra il giorno e la notte: se nelle ore diurne i nemici si rivelano carne da macello che difficilmente costituisce una reale minaccia (tranne quando sono in gruppi davvero numerosi), al calare del sole la situazione si ribalta, e da cacciatori diventiamo prede dei terribili zombie speciali che infestano le strade della città. Queste nuove tipologie di non-morti che appaiono solo di notte sono delle versioni potenziate e molto più aggressive dei normali zombie, sono in grado di seguirci praticamente ovunque e sono molto più resistenti.

A incentivare ulteriormente l’esplorazione notturna si aggiunge il fatto che in quel lasso di tempo tutte l’esperienza viene raddoppiata.

La strategia migliore è quella di fuggire appena si vedono, cercando comunque di non far rumore (hanno un udito dannatamente fino) o avere un approccio stealth cercando di aggirarli e non farsi scoprire. Il gioco quindi diventa un survival horror di tutto rispetto, impennando tra l’altro anche il livello di difficoltà.
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Ma allora perché qualcuno dovrebbe voler andare in giro di notte, quando si può tranquillamente tornare al rifugio e aspettare che sia di nuovo giorno? Naturalmente perché diverse missioni sono disponibili solo dopo il tramonto, che domande! A incentivare ulteriormente l’esplorazione notturna si aggiunge il fatto che in quel lasso di tempo tutte l’esperienza viene raddoppiata, permettendo così uno sviluppo del personaggio più rapido. Per far evolvere le abilità inoltre non basterà massacrare più nemici possibili… o meglio, non solo quello. Lo skill tree si divide infatti in tre aree (Forza, Sopravvivenza, Agilità), e uccidendo zombie si accumulano punti solo per il ramo della Forza, mentre per quello della Sopravvivenza dovremo completare le missioni principali e secondarie, infine l’Agilità aumenta a seconda di quante evoluzioni eseguiamo con il parkour.
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Queste nuove tipologie di non-morti che appaiono solo di notte sono delle versioni potenziate e molto più aggressive dei normali zombie.

Dying Light dispone inoltre di particolare comparto multiplayer, che mescola la cooperativa alla competitiva. Tramite un pratico sistema di drop-in/drop-out, fino a 4 giocatori possono unire le forze per completare le varie missioni o semplicemente portare il caos per la città, e per spezzare un po’ il ritmo i ragazzi di Techland hanno pensato bene di inserire alcune sfide opzionali che aggiungono della sana competizione tra i giocatori, come ad esempio chi uccide più zombie entro la fine del tempo o chi raggiunge prima il prossimo obiettivo della missione. Inoltre durante le sezioni notturne un quinto giocatore può “invadere” la partita e dare la caccia agli altri utenti impersonando un particolare zombie con forza e agilità mostruose. I giocatori umani, per difendersi, avranno a disposizione una torcia a raggi UV in grado di danneggiare lo zombie, ma l’unico modo per eliminarlo definitivamente è quello di trovare gli alveari sparsi per la mappa e distruggerli prima che il numero di vite condivise venga ridotto a 0. Questo multiplayer 4 VS 1 ricorda molto quello che proveremo tra pochi giorni con l’uscita di Evolve, e si tratta sicuramente di una interessante aggiunta.
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Parlando infine del comparto tecnico, si è rivelato tutto sommato soddisfacente, in particolare per quanto riguarda il colpo d’occhio generale e gli effetti di luce (i tramonti sono davvero suggestivi… se non fosse che poi la notte diventa un incubo), anche se magari non è proprio il titolo perfetto per mostrare la vera potenza delle console next-gen. Peccato solo per alcuni sporadici bug (nulla che abbia mai compromesso l’esperienza di gioco) e per alcune animazioni troppo legnose e irrealistiche, specialmente quelle dei nostri compagni in cooperativa… alcune situazioni arrivano al limite del ridicolo, quando si vedono i nostri amici che si muovono in maniera goffa e sconclusionata. In definitiva, comunque, Dying Light è un gioco piacevole e che merita sicuramente la vostra attenzione: non sarà una vera rivoluzione dei survival horror, ma si tratta comunque di un gioco divertente e appassionante per iniziare alla grande questo 2015.