Prince of Persia: The Lost Crown. Un ritorno tanto atteso! Recensione (PS5)

"Molti credono che il tempo sia come un fiume, che scorre lento in un'unica direzione. In realtà, il tempo è un mare in tempesta"

prince of persia the lost crown
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Queste parole, espresse nell’iconico Prince of Persia: The Sands of Time, potrebbero descrivere perfettamente la serie creata da Jordan Mechner. Il franchise ha mantenuto spesso un buon livello qualitativo e possiede un valore storico innegabile. Da molti anni, purtroppo, non si vedono nuove produzioni. Inoltre, alcuni progetti sono stati rimandati o addirittura cancellati. Insomma, sembrava che il Principe fosse condannato a lasciare per sempre il suo trono. Ubisoft ci riprova e riaccende la speranza con un titolo completamente inedito e che si avvicina al genere dei metroidvania, ovvero Prince of Persia: The Lost Crown.

Le origini del mito: Prince of Persia, un po’ di storia

La serie di Prince of Persia iniziò la sua pubblicazione alla fine degli anni ’80, ma fu dal 1999 che venne sviluppata dalla nota azienda francese. Con il capitolo del 2003, il cui annunciato remake si è disperso nel tempo, Ubisoft si dimostrò degna di dare ‘onore e gloria’ al Principe. La fiducia dei fan si è però corrotta nel corso degli anni. Purtroppo, il franchise è stato nascosto sotto al tappeto in favore di altre produzioni. Quindi, The Lost Crown ha il titanico compito di essere il riscatto per una serie importante, che è rimasta in silenzio troppo a lungo.

The Lost Crown: sinossi e trama

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La storia di Prince of Persia The Lost Crown non ha alcun legame, a parte qualche citazione, con i capitoli del passato. Il protagonista non sarà il Principe, come nella trilogia delle Sabbie del Tempo. Più similmente ai titoli più classici, avremo invece il ruolo di protettori e soccorritori di chi siede al trono. Controlleremo Sargon, un giovane eroe dal passato difficile e parte del clan degli Immortali.

Il rapimento del principe di persia, Ghassan, spingerà la squadra a addentrarsi nella città maledetta del Monte Qaf. Il luogo si rivelerà molto minaccioso per la presenza di trappole mortali e nemici di vario tipo. Tuttavia, l’elemento più oscuro e misterioso è legato al flusso temporale, che non funziona come dovrebbe. Difatti, l’enorme e labirintica struttura è invasa da situazioni paradossali e paranormali. Il prima e il dopo, oppure lo scorrere di ore e giorni, non sarà uguale per tutti coloro che sono coinvolti nella vicenda.

Tra sfide che richiederanno un ampliamento delle sue abilità, tradimenti e nuove scoperte, Sargon farà di tutto per trarre in salvo il Principe. Il racconto non si presenta particolarmente originale, ma riesce a essere sufficientemente coinvolgente. La curiosità è alimentata da un contesto misterioso che, come al protagonista, ci lascia pieni di domande a cui dare risposte.

Non mancano oggetti descrittivi e documenti da raccogliere nell’ambientazione. Essi saranno utili per conoscere i retroscena del posto e rendere più appagante l’esplorazione. Adeguato anche il ritmo della narrazione, che è frenetico al punto giusto. Infatti, sono forniti abbastanza dettagli per comprendere il rapporto tra i personaggi e lo svolgimento generale, senza eccedere in dialoghi e cinematiche.

Grande regia, ma comparto grafico migliorabile

Molto apprezzabile è la messa in scena e la regia di molti momenti, soprattutto durante alcune boss fight. L’epicità è ben espressa e spesso si ha la sensazione di vedere un fumetto in movimento. Per tale motivo, ci è rimasto un bel ricordo di alcuni scontri o di certe sequenze della trama.

Purtroppo, non siamo rimasti colpiti allo stesso modo dal comparto grafico. Lo stile generale dei personaggi e di alcuni scenari risulta essere un po’ anonimo. Sono occasionali le sessioni in cui l’atmosfera funziona e riesce ad essere evocativa, così come la visione di scorci interessanti. Una qualità quindi che si mostra altalenante, anche se è tutto sommato gradevole. Avremmo comunque preferito un maggiore sforzo e più ispirazione in tal senso.

Buoni, per fortuna, sono il sonoro e il doppiaggio inglese. Anche le animazioni si attestano su un discreto livello. In definitiva, un lavoro grafico e stilistico più curato avrebbe reso più impattante l’esperienza. Il risultato finale resta accettabile, ma è sicuramente la componente meno convincente.

Chiara l’ispirazione ai metroidvania

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Il gioco in sé è invece solidissimo sotto ogni punto di vista. Prince of Persia The Lost Crown impara dai migliori metroidvania che l’hanno preceduto. L’esplorazione a scorrimento laterale rispetta tutte le caratteristiche del genere a cui fa riferimento. Essa inizialmente sarà, ovviamente, limitata. Proseguendo nei vari piani della struttura otterremo vari oggetti e abilità, i quali saranno fondamentali per estendere le nostre possibilità di spostamento.

La mappa sarà l’oggetto più prezioso a cui fare affidamento. Essa sarà importante per orientarsi e segnare tutti i punti prima non accessibili e in cui eventualmente tornare. Oltre alle piccole icone da posizionare liberamente, gli sviluppatori hanno aggiunto una funzione molto utile e ben pensata. Si tratta della possibilità di salvare un’immagine della zona in cui ci troviamo.

Tali foto, eseguibili tramite una quantità limitata di frammenti di memoria, saranno visibili nel punto in cui le avremo ‘scattate’. Questo ci mostrerà e ricorderà con precisione cosa ci fosse in quella posizione. Il numero di frammenti per eseguire questi utilissimi ‘screenshot’ sarà ampliabile con la progressione. Una comodità che aiuta a rendere l’esplorazione meno dispersiva, soprattutto per chi non ha particolare dimestichezza con il genere.

Scoprire e svelare tutte le zone che si trovano nel Monte Qaf è un vero piacere, grazie ad un ottimo level design sempre chiaro e stimolante. Capire come raggiungere un determinato punto e dove andare richiede spesso impegno e tempismo, senza essere snervante. Avremmo però gradito un’apertura in tempo reale della mappa di gioco, come avviene ad esempio in Hollow Knight. Mettere in pausa continuamente l’azione per visionarla può essere leggermente fastidioso.

Gameplay nel dettaglio

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Nella struttura saranno presenti dei punti di controllo, chiamati alberi Wak Wak. Queste ‘aree di salvataggio’ servono a ripristinare energia e consumabili. Tramite essi, è anche possibile modificare l’equipaggiamento di medaglioni magici e abilità speciali. L’ultimo albero attivato diverrà il luogo da cui ricominceremo la partita, in caso di game over. Esiste anche una funzione di teletrasporto, ma solo tramite specifiche e rare sculture da ripristinare.

Combinare bene il movimento del protagonista con poteri e oggetti sarà vitale per raggiungere nuove zone e sopravvivere a pericolose trappole. È proprio il superamento di ostacoli mortali a essere, a parer nostro, la componente più riuscita e divertente del gioco. Ciò è positivo, se si pensa che è un punto di contatto importante con i capitoli più classici. Ogni protagonista di Prince of Persia che si rispetti ha nel suo percorso spuntoni, frecce scoccate dalle pareti, massi o pavimenti che cadono e via dicendo.

Usare il potere corretto, negli istanti idonei e con giusta sequenza, funziona esattamente come nei migliori titoli del franchise. Lo stesso discorso si può applicare al sistema di combattimento. Esso è semplice quanto efficace e ha una sua profondità. Sargon può prolungare le combo combinando attacchi diretti, che sia da terra o in aerea, con armi a distanza e proprie capacità sovrannaturali.

Infliggere danni aumenta l’indicatore Athra, una barra d’energia che permette di eseguire abilità speciali. Esso si riduce se si subiscono danni e ciò rende conveniente aumentare le sequenze d’attacco. Importante, in tal senso, è anche la difensiva. Sarà possibile parere gli attacchi nemici ed eseguire un parry quando questi saranno indicati con il colore giallo. I colpi segnati in rosso, invece, posso essere solo schivati con il tasto di scatto.

Il senso di progressione del combattimento è ben gestito, grazie soprattutto ad amuleti e talismani. L’attivazione di questi ultimi è limitato sulla base di slot liberi, che possono essere aumentati.

Interagire con determinati personaggi permette di acquistare oggetti e potenziamenti per perfezionare Sargon e il suo equipaggiamento. Alcuni degli npc attiveranno anche delle missioni secondarie che ci faranno accedere a delle ricompense. Niente di particolarmente elaborato, ma che favorisce la nostra ricerca in ogni angolo della struttura. L’esperienza, in generale, è ben equilibrata in tutto ciò propone.

In conclusione

Insomma, Prince of Persia: The Lost Crown è una perfetta fusione tra tradizione e modernità. Ubisoft è riuscita a confezionare un capitolo degno di nota, che si posiziona tra i migliori titoli del franchise e i più riusciti metroidvania.

Il sistema di combattimento è ottimo, semplice nell’esecuzione e abbastanza profondo da non annoiare per tutte le ore di gioco. Le fasi platform e i percorsi a ostacoli sono piacevoli e impegnativi, come ci hanno abituato i Prince of Persia più amati e riusciti.

L’aggiunta di una struttura metroidvania, per quanto fortemente derivativa, è solidissima e ben gestita. L’esperienza in sé non è particolarmente nuova o originale, ma il risultato è decisamente appagante e privo di gravi sbavature.

Tuttavia, uno stile grafico più ricercato e qualitativamente omogeneo avrebbe reso il tutto maggiormente apprezzabile. Non ci sono comunque dubbi. Ubisoft ha fatto centro e Prince of Persia è tornato più in forma che mai. Il sottogenere che proviene da Metroid e Castlevania verrà ancora usato in futuro nella serie? Se la qualità sarà questa, allora per noi è un grande si.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
8.5
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