Subnautica: Below Zero – Recensione (PS5): Espandere l’eccellenza

Anni di attesa ci hanno finalmente portato a Subnautica: Below Zero, seguito di uno dei survival migliori di sempre. Quando le stelle si allineano in questa maniera, e quando il talento viene coltivato in tal modo, non c’è davvero mai possibilità di sbagliare. Spiegare perché l’originale Subnautica sia così importante è impossibile in un solo articolo: per essere brevi, diciamo che è riuscito a riunire in un unico pacchetto creatività, orrore, stile, circoli virtuosi ed esplorazione senza limiti.

L’oceano era completamente nostro: nessun limite, nessuna barriera, un solo scopo. Trovare il modo di fuggire dal pianeta alieno e spingersi sempre più in là per migliorare il proprio equipaggiamento. Consigli? Niente del genere. Barriere artificiali? Men che meno. Parliamo di un’avventura totalmente personale, dove l’unico limite era la coscienza di fin dove fosse possibile spingersi, con il solo buonsenso a farci da guida.

L’impatto che Subnautica, con il suo mondo stratificato e tutto da scoprire, ebbe sul mercato videoludico fu enorme. Gli streamer fecero il resto del lavoro, ed è proprio grazie a questo enorme successo che oggi possiamo godere di un continuo, o espansione stand alone che dir si voglia.

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Subnautica: Below Zero 1

La strada intrapresa da Subnautica: Below Zero (quello che ormai in molti chiamano già “Subnautica 2“) è indubbiamente quella del perfezionamento senza stravolgimenti. Il loop di base è il medesimo: si viene lanciati su un pianeta sconosciuto, alla mercé di temporali e predatori, e con un riparo minimale. Tramite una serie di piccoli e grandi obiettivi, però, finiremo man mano per intraprendere strade nuove, mettere piede in nuove zone e raccogliere strumenti che ci semplificheranno sempre più la vita. Tutto questo, chiaramente, perdendoci nei migliori fondali marini mai apparsi in un videogioco.

Subnautica: Below Zero però sorprende fin da subito con qualche interessante twist. Se già nel capitolo originale era possibile imbattersi in veri e propri fazzoletti di terra calpestabili, a questo giro il suolo libero è stato particolarmente espanso. Per quanto il focus resti sempre quello di esplorare sott’acqua, le avventure sulla terraferma sono state estese tantissimo, e rese anche infinitamente più interessanti. La temperatura artica rende un vero incubo le spedizioni sopra il livello del mare, e una serie di strumenti unici sono per giunta esclusivi di quell’ambiente. Gli animali selvatici son più pericolosi che mai, e cercare di spostarsi tra le varie zone calde per non morire di ipotermia tiene sempre l’adrenalina alta.

Subnautica: Below Zero 2

In linea di massima, che sia coi piedi saldi per terra o galleggiando negli abissi marini, il loop resta il medesimo e funziona oggi come all’epoca. Costruirsi un proprio habitat sicuro, appropriarsi di veri e propri veicoli, potenziare la capacità di bombole e moduli di pressione e spingersi così sempre più in là, dove il coraggio inizia anche a mancare. Il senso di progressione è sempre forte, e seguire la missione principale è ora più semplice che mai, grazie a un sistema a obiettivi più chiaro e persino a una trama molto più esplicita. Appaiono così personaggi di contorno, protagonisti completamente doppiati e persino delle vere e proprie cutscene.

La base di tutto sarà ancora fuggire dal pianeta nemico e giocare agli archeologi dissotterrando i segreti delle specie che ci hanno preceduto, ma il tutto ha ora un tono più epico ed empatico. La ricerca di nostra sorella, correlata alla solita vagonata di documenti d’approfondimento, rende Subnautica: Below Zero un viaggio misterioso e pieno di colpi di scena. Finalmente, anche più ritmato: alcuni dei botta e risposta tra la protagonista e l’intelligenza artificiale che la accompagna sono ai limiti dell’esistenziale, oltre che largamente ironici, ed è davvero impossibile non finire per innamorarsene.

Subnautica: Below Zero 3

Dovessimo fare un paragone diretto col gioco precedente, Subnautica: Below Zero lo batterebbe praticamente in tutto: che sia stabilità tecnica, che sia costruzione dell’ambiente digitale, che sia level design, che sia la genialità con cui sono intrecciati i vari biomi, che sia anche già solo contenutisticamente. Below Zero sarà anche un Subnautica 1.5, ma il suo motto è “tutto, ma di più”.

Migliorati anche i menu, mentre le gestioni più noiose son state semplificate. Bello avere le formule degli oggetti da creare sempre a schermo, piuttosto che andarle a cercarle ogni volta nell’apposita sezione, e altrettanto carino è poter personalizzare la selezione rapida. Molti piccoli cambiamenti che non sono in realtà così piccoli, e pensare di tornare ora al primo Subnautica sembra quasi riavvolgere le lancette alla preistoria. Un plauso al team quindi, che non solo ha esteso il gioco con funzionalità di ogni tipo, ma ha saputo anche saggiamente ritoccare ciò che fino a oggi sembrava già perfetto.

Subnautica: Below Zero 4

In questo senso, il suo completo appoggiarsi all’opera originale è forse l’unico neo di una produzione che (soprattutto a questo prezzo) consiglieremmo praticamente a ogni esploratore in erba. Il continuo senso di familiarità, soprattutto nella prima metà del gioco, mina forse il suo proverbiale senso di scoperta. Le prime dieci ore di gioco potrebbero benissimo essere scambiate per un riassunto velocizzato del primo Subnautica, e potrebbero dare una sensazione di overdose ai giocatori più navigati. L’intenzione è chiaramente quella di sbolognare l’intero arsenale di oggetti e funzionalità viste nel prequel nel modo più veloce possibile, così da poter poi dare spazio a tutte le novità che riserva; ma nel fare questo, Below Zero perde un po’ di quel sapore survival e di quel terrore dell’ignoto che si avrebbe invece se completamente vergini.

Insomma, concedetecelo: l’unico difetto di Subnautica: Below Zero è che abbiamo già giocato Subnautica. E le emozioni di edificare per la prima volta una base nei fondali marini, di scoprire le prime fonti di energia che ci permettono di ricaricare le batterie personali, o che una zona d’attracco può rendere ogni viaggio più veloce, non possiamo sentirle più. Al contrario, per saltare subito a ciò che di nuovo ha da offrire Below Zero finisce per regalare così tanto fin dall’inizio che quasi ci si sente sommersi di aiuti quando ancora non se ne sente il bisogno.

Sì, la classica maledizione del “more of the same”. Anche del migliore di tutti loro. Sensazione che, fortunatamente, sparisce a lungo andare. Il gioco diventa sicuramente più impegnativo e destreggiarsi tra i biomi più profondi è molto più complesso che nel gioco precedente. Solo, servirà un po’ di tempo per accorgersene.

Subnautica: Below Zero 5

Se è vero che il primo bacio non si scorda mai, l’unico difetto imputabile a questo mini-seguito è che si limita a migliorare una base con davvero pochi margini di perfezionamento. L’unica cosa che mancherà ai veterani, insomma, sarà un po’ di effetto sorpresa. Saggio, in questo senso, è quanto il gioco sia conscio di ciò; proprio per questo prende direzioni differenti in così tanti ambiti che si potrebbe finire comunque per preferire il primo al secondo per una semplice questione di gusti.

In generale, la mappatura dei fondali è più ristretta che in passato, puntando ora più sulla densità che sulla vastità. In alcune aree si perde un po’ la sensazione di vuoto sconfinato, ma ciò ha permesso agli sviluppatori di riempire ogni zona di riferimenti unici o di punti di grande interesse. I viaggi nel nulla non esistono più, e ogni centimetro è una potenziale scintilla di scoperta, sia contenutistica che visiva. La direzione artistica di Subnautica: Below Zero è sensazionale e, soprattutto su console, il salto generazionale è notevole. L’abbiamo giocato su PlayStation 5 in modalità performance: uno spettacolo da mozzare il fiato, un tripudio di colori brillanti con bug e pop-up ridotti (finalmente!) all’osso.

Parlare di longevità assoluta è un po’ difficile. Vista la natura completamente libera del titolo si può arrivare ai titoli di coda anche in venti ore. Ma dipende da quante zone opzionali si esplorano, da quanto si vuole migliorare la propria base e, soprattutto, da quanta voglia si abbia di allacciarsi le cinture nuovamente, magari per testare le modalità più difficili. Noi ci abbiamo messo quasi trenta ore per completare il gioco, prendendocela con tutta calma, e siamo sicuri che qualcuno potrebbe metterci anche di più.

Subnautica: Below Zero, insomma, è il seguito perfetto. Ha tutto ciò che dovrebbe avere un secondo capitolo: nuovi contenuti, nuovi nemici, nuova fauna e flora, nuovi veicoli e, soprattutto, una nuova ambientazione da mascella a terra. L’inserimento di una trama più personale si è rivelato vincente e quasi ogni decisione presa nell’espandere il suo gameplay è promossa. Persino la più spaventosa di tutte: quella di far passare più tempo sulla terraferma.

Il retrogusto di “more of the same” (ovvero la sensazione di déjà-vu) è molto forte, soprattutto nella prima metà del gioco. Ma parliamo pur sempre di un secondo giro in uno dei survival (horror?) più riusciti di sempre. Abbiamo un nuovo campione in città, e lasciarselo sfuggire sarebbe davvero un crimine.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
8.5
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