Until Dawn: un cult dell’horror che avrebbe meritato di meglio – Recensione PS5

Until Dawn Remake Recensione PS5 (3)

Quando l’originale Until Dawn sbarcò nei negozi, nel lontano 2015, nessuno immaginava quale status di cult del videogioco horror avrebbe raggiunto. Sony e Supermassive, gli sviluppatori dell’epoca, furono investiti da un’ondata di amore impossibile da prevedere: Until Dawn non era certo inattaccabile, tutt’altro. Eppure, il suo grande cuore unito a una narrazione a bivi più stratificata che mai lo trasformarono in un classico istantaneo, un imperfetto punto di riferimento che avrebbe tracciato la strada a tutte le avventure interattive a seguire. Ironia della sorte, Until Dawn siede ancora sul podio dei migliori del suo genere; ci volle Detroit Become Human, molti anni dopo, per espandere ulteriormente il concetto del videogioco a scelte multiple, ma parliamo più di un’eccezione che conferma la regola.

Se togliamo però dall’equazione l’ultima opera di Quantic Dreams, il teen horror di Supermassive è ancora oggi un caposaldo del genere: carico d’atmosfera, accattivante nella premessa e con un sistema di scelte e conseguenze che – a differenza di quanto visto in molti prodotti concorrenti – aveva davvero un impatto enorme sugli eventi. Ogni scelta, piccola o grande, rischiava di ritorcersi contro di noi (o di aiutarci, più raramente) quando meno ce lo aspettavamo: nobili gesta come il salvataggio di damigelle in pericolo non passavano mai inosservate, ma lo stesso valeva per piccole risposte a tono, frecciatine al vetriolo e insospettabili oggetti raccolti che magari avremmo dovuto lasciar perdere.

Assurdo come gli stessi Supermassive, anche a causa di budget futuri più risicati, non siano mai riusciti a bissare quello che fu il loro esordio nel genere, con esperimenti più o meno deludenti suddivisi tra il più recente The Quarry e l’altalenante Dark Pictures Antology.

Until Dawn: un remake necessario?

La scelta di Sony di riproporre il rifacimento di un gioco così recente (almeno nella testa dei giocatori, dato che in realtà sono passati quasi dieci anni) può essere sicuramente discussa a lungo, così come il prezzo pieno che accompagna il prodotto. Non è questo il luogo per parlare delle numerose politiche di lifting riproposte dal colosso giapponese, però; quello che possiamo dirvi già da ora è che, dovessimo fare un parallelismo, Until Dawn Remake ricorda molto da vicino quello già accaduto con The Last of Us Parte 1 Remake. Siamo quindi di fronte a un remake fedele ma largamente migliorativo del materiale originale, seppur con qualche strano inciampo lungo il cammino. Appurato che quindi la sua utilità andrebbe valutata dal singolo individuo, piuttosto che dalla pubblica piazza, partiamo subito col parlare di quello che ci siamo oggettivamente ritrovati tra le mani.

Nonostante il gioco originale abbia quasi un decennio sulle spalle, riproposizioni del genere sono anche (e principalmente) pensate per chi non ha mai avuto modo di giocarci. Per questo motivo, terremo gli spoiler al minimo e cercheremo in ogni modo di non rovinare la prima esperienza a nessuno di voi. Vero, Until Dawn non è certo famoso per chissà quale intelligente narrativa o per dialoghi da tesi universitaria; al contrario, è una storiella banalotta che oscilla di continuo tra il prevedibile e il cringe. Eppure, il sentirsi protagonisti diretti di ognuna della miriade di scelte che popola ogni suo anfratto, in qualche modo, fa soprassedere sulla pochezza della sostanza. I continui rimandi alla cinematografia horror dell’ultimo mezzo secolo sono tanti, certo, ma anche spassosi. Salta di ispirazione in ispirazione, dalle trappole di Saw L’Enigmista al machismo gore di Evil Dead, dal sovrannaturale dell’Esorcista al killer mascherato di Halloween.

Alla fine, è un po’ come guardare un filmaccio con gli amici, e quasi si ringrazia che non proponga chissà quali colpi di coda altolocati. In questo modo, è facile essere catapultati negli avvenimenti con la mente lucida e la chiarezza che un gioco a bivi narrativi dovrebbe sempre assicurare. Si ridacchia ai battibecchi adolescenziali, ci si appassiona alle coppiette che pur di fornicare vanno a impelagarsi nei luoghi più pericolosi del pianeta Terra, si salta dalla sedia ogni cinque minuti per i jumpscare incredibilmente ben studiati e, ai titoli di coda, ci si sente artefici di una vicenda che – nel bene e nel male – ci siamo scritti completamente da soli.

L’inquietante vacanza in montagna di questo gruppetto di ragazzi è il pretesto più classico che si possa chiedere da una storia dell’orrore, vero, ma funziona, appassiona, diverte, tiene sempre sull’attenti e, soprattutto, ci fa sentire davvero degli artisti di fronte a una tela completamente bianca. Until Dawn, nel calcolare la sua progressione, tiene in considerazione persino quanto teso è il rapporto tra un gruppo di amici, o di quanti indizi (totalmente opzionali) essi sono entrati in possesso. Risalire alla verità dietro gli avvenimenti non è un’assicurazione scritta nella pietra, mentre persino delle semplici sedute da uno psicologo o delle risposte ai test di Rorschach possono impattare su contenuti ed estetica di intere sezioni. Nemmeno oggi sono meccaniche comuni, figuriamoci nove anni fa, quando la didascalia “tale personaggio ricorderà tale cosa” era la presa in giro più comune dei giochi con butterfly effect apparenti.

Un nuovo motore

Until Dawn Remake cambia mano e motore: ora affidato a Ballistic Moon, abbandona il Decima Engine in favore dell’Unreal Engine. Le differenze sono ovviamente enormi, visto anche il salto di tecnologia: ambienti, recitazione facciale ed effetti particellari ne escono ovviamente rinforzati. Per quanto ci sembri di rimarcare l’ovvio, il vecchio Until Dawn è sicuramente un gioco un bel po’ invecchiato sotto molteplici aspetti, e il lifting completo gli concede un’occasione per brillare di nuovo. Gli sviluppatori hanno approfittato di questo assist per migliorare persino la regia di alcune scene e la loro durata.

L’esempio più palese è nel prologo, dove i rapporti tra le vittime e il gruppo di amici viene leggermente approfondito, così come la fase di preparazione al fatidico scherzo che ‘darà il LA‘ agli eventi che tutti conosciamo. Ma parliamo anche di aree nuove, oltre che di veri e propri filmati aggiunti appositamente per l’occasione, tra l’altro con scopi sospetti. Ancora una volta, ci tratteniamo dal voler anticipare troppo: parliamo per giunta di contenuti che risultano nuovi persino a chi conosce il gioco originale a menadito, in tutto e per tutto riferimenti a futuri sequel che, in passato, non erano in alcun modo presenti.

Il lavoro di svecchiamento, a dirla tutta, non è solo tecnico. Anche il lato estetico ha subìto qualche modifica qui e lì, e siamo certi che qualcosa farà anche discutere. La più palese, ad esempio, è un cambio di illuminazione abbastanza invasivo, soprattutto nelle fasi iniziali dell’avventura. I protagonisti, adesso, raggiungono la baita al tramonto e non più in piena notte. Questo fa perdere un po’ di atmosfera alle primissime fasi, ma non totalmente a caso. Il tono iniziale è comunque più scanzonato e, col senno di poi, sembra quasi sposarsi meglio con dei colori più caldi; in più, rende ancora più forte il contrasto con il buio della notte successiva, quando il gioco inizia a fare sul serio, e dona un po’ di varietà ad ambienti originariamente composti da un continuo susseguirsi di foreste oscure. Alcuni ambienti però, a causa anche della luce più realistica, ci sono sembrati di più difficile lettura. Sono casi davvero sporadici, certo, ma ci sembrava doveroso menzionarlo.

Strana anche l’assenza di “Oh, Death” nella sigla iniziale, iconica canzone d’apertura che accompagnava i titoli di testa dell’originale Until Dawn e della più recente Dark Pictures Antology, forse (tiriamo a indovinare) per qualche problema di diritti. Il nuovo brano, “Out of the Shadows“, è fortunatamente altrettanto grandioso e, alla fine della fiera, non tradisce per nulla quella che era la visione artistica originale.

Migliorie al gameplay

Per la cronaca, la telecamera è ora completamente ruotabile, seppur sempre ancorata alle inquadrature fisse in momenti specifici e più cinematici. Il gameplay in sé è invece invariato, con al massimo solo qualche oggetto che ora si trova in un’altra posizione. Ottimo notare come gli sviluppatori abbiano oltremodo rimpolpato la lista di opzioni per l’accessibilità. È possibile adesso semplificare o allungare i tempi dei Quick Time Event, adibirli a un unico tasto nel caso non si è troppo pratici con il controller o addirittura farli apparire sempre al centro dello schermo per una più facile leggibilità.

La mira assistita durante le fasi di sparatoria, ancora una volta, finisce per aiutare i neofiti, mentre i punti in cui è vietato muovere il controller sono finalmente più oneste. Se in passato bastava anche solo un naturale tremolio delle mani per far scattare l’allarme, ora il tutto è più permissivo e – onestamente – più gradito. Lo stesso discorso vale all’inverso: se si cerca una sfida più impegnativa, i più coraggiosi potranno persino modificare il ritmo e l’entità dei Quick Time Events. Far sì che i tasti a schermo siano sempre diversi di partita in partita, ad esempio, aiuta anche di molto la rigiocabilità.

Delude invece la pulizia del codice, che restituisce quasi la sensazione di un prodotto ancora in fase di polishing: qualche bug e crash di troppo, assieme a un framerate ballerino, sembrano richiedere a gran voce l’arrivo di una prima, repentina patch. Patch che, a dirla tutta, è già arrivata mentre scrivevamo quest’articolo e che, a una prima occhiata, sembra aver risolto i problemi maggiori. Ma resta comunque difficile confermarlo senza un log ufficiale dei miglioramenti, considerato come internet sembri ancora pieno di persone che lamentano bug game-breaking. Anche il blocco a 30fps, più unico che raro per un’esclusiva PlayStation 5, speriamo possa essere riconsiderato in futuro.

Until Dawn: Conclusioni

Until Dawn Remake, a conti fatti, è esattamente quello che ci aspettavamo. Un ottimo rifacimento di un gioco già ottimo in partenza, con qualche inattesa riserva che speriamo possa essere corretta già al lancio: la vicenda diverte, le vastità delle scelte multiple è ancora da manuale, l’horror funziona alla grande, la nuova telecamera è comoda e la grafica – ovviamente – è molto migliore. Che sia sensato o meno spendere i vostri sudati soldi sulla messa a lucido di un classico sì invecchiato, ma ancora oggi degno, è una scelta che invece lasciamo a voi.

Arrivati a questo punto, però, c’è da chiedersi se questa riproposizione non mascheri l’intenzione di Sony di lanciarsi in un richiestissimo Until Dawn 2, magari approfittando del film ispirato al gioco in arrivo. In attesa di conferme o smentite, ammettiamo che ritornare a Blackwood Mountain ha toccato corde nostalgiche che neanche pensavamo di avere; a dimostrazione, questo, che l’opera di Supermassive ha lasciato comunque qualcosa nel profondo del nostro cuore (oltre che delle nostre mutande!), e che forse questo genere andrebbe rivitalizzato un po’ da esperienze simili accompagnate da budget finalmente degni. Vedere il genere delle avventure interattive annaspare in mini-episodi zoppicanti è uno spreco che l’industria non merita e speriamo che Until Dawn Remake possa in qualche modo riaccendere la scintilla, sebbene le vendite iniziali lascino presagire il contrario. Difficile dire se sia il genere a non interessare più o semplicemente la proposta di questo remake, che si piazza a prezzo pieno a corredo di un’esperienza tecnica ancora instabile. Per quanto le migliorie ci siano, e siano evidenti, questo nuovo pacchetto è macchiato da troppe scelte che non gli permettono di spiccare il volo. Un buon ritorno, insomma, ma con tante riserve.

PlayStation

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
7.5
FONTEPlayStation
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