CocaWeb: esperti, psicologi e terapeuti rispondono al Senatore Andrea Cangini, ‘eccessiva generalizzazione’

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Addiction and dependency concept. Young man with pad joystick playing games. Male addicted to console videogames.

CocaWeb, il libro scritto dal senatore Andrea Cangini ‘col supporto di psicologi ed esperti’ (sostiene lo stesso Cangini nei suoi interventi televisivi) è ancora al centro del dibattito. Alle dichiarazioni contenute nel volume rispondono… psicologi ed esperti che ne criticano l’eccessiva generalizzazione delle tematiche.

Per rispondere ai contenuti di CocaWeb si è scelta la formula della lettera aperta che porta la firma di diversi ricercatori, terapeuti, psicologi e personalità del settore videoludico. Vi riporteremo alcuni degli estratti. In fondo a questo articolo, invece, troverete il link alla versione integrale del documento.

Nella lettera viene fatto specifico riferimento ad alcune apparizioni televisive di Cangini. In particolare a quella del 12 aprile al TG1 di cui vi abbiamo dato notizia sul nostro sito. In quell’occasione, il Senatore descrisse i contenuti del volume CocaWeb: Una generazione da salvare, affermando che per la stesura si fosse avvalso di consulenze con psicologi, psicoterapeuti, grafologi ed altri esperti. Durante il suo intervento televisivo, Cangini aveva lasciato intendere come molti dei disagi adolescenziali fossero riconducibili in larga misura – o quasi esclusivamente – all’utilizzo di piattaforme web e di videogiochi in particolare. “L’uso non può che degenerare in abuso“, dice Cangini.

Approccio criticato dai firmatari della lettera che scrivono: “Le informazioni trasmesse peccano di eccessiva generalizzazione, non vengono presentati dati. Si rischia di cadere nel panico morale, quel fenomeno per cui la società percepisce un evento inedito (qui la diffusione di internet e dei videogiochi) come una minaccia prima che ce ne siano le evidenze. I media fomentano l’ansia del pubblico, descrivendo il fenomeno attraverso semplificazioni che talvolta sfociano nella banalizzazione e portano all’amplificazione“.

La lettera prosegue. “Spesso in questo ciclo intervengono figure appartenenti alle autorità, che sposano l’opinione pubblica per conquistarne il consenso. Il panico finisce così per stigmatizzare i videogiochi e presentare i giovani descritti come vittime passive, dipendenti e incapaci di autodeterminarsi. In passato ad esempio sono stati oggetto di panico morale la musica rock e i giochi di ruolo e oggi è il turno delle nuove tecnologie con i social media e i videogiochi. Il panico nasce da una disconnessione tra generazioni, dove chi è nato prima definisce le proprie esperienze come misura del bene e del male“.

Nello stesso documento viene smentita la correlazione immediata tra uso e abuso presentata in CocaWeb. “Il gaming problematico è una condizione che interessa circa il 3% della popolazione mondiale. La ricerca ha dimostrato che l’abuso di gaming è provocato da una frustrazione di bisogni motivazionali (competenza, autonomia, socializzazione) all’interno del contesto sociale, familiare o nel gruppo dei pari. I videogiochi non sono dunque la causa, ma rappresentano uno strumento di compensazione in caso di disagio. Eliminare il gaming dalla vita di chi abusa senza cercare di capire la radice del problema aumenta il rischio che quel disagio irrisolto trovi semplicemente altre forme di espressione. Il fenomeno del gaming in Cina e Corea ha radici diverse dalla realtà dell’Occidente. Il successo del gaming in Oriente è legato al contesto socio-culturale e ai problemi politici ed economici, che hanno spinto parte della popolazione fuori dal mondo del lavoro e dentro agli internet cafèI

Il documento si conclude con un invito alla riflessione. “Si parla di minori e  giovani per toccare le famiglie, ma difficilmente si parla con i giovani, come se questi non avessero le capacità di sostenere un confronto diretto. Spegnere il web non cancellerebbe il disagio giovanile. Se si desidera una vita bilanciata tra reale e digitale bisogna offrire ai giovani alternative: spazi di aggregazione sociale e modelli autorevoli, opportunità democratiche di studio che consentano a tutti i minori di imparare a usare il digitale che rappresenta il futuro del mercato del lavoro, perché la radice del disagio giovanile oggi è che in questo contesto  i ragazzi un futuro non riescono a immaginarselo“.

Fonte: Lettera aperta