
La Guardia di Finanza ha individuato circa 10.000 utenti coinvolti nei servizi di streaming illegale del “pezzotto“, comprendendo abbonamenti non autorizzati, uso di dispositivi privi di licenza, pagamenti via criptovaluta e documenti contraffatti usati per attivare profili. Al momento, sei rivenditori principali e 89 sub-rivenditori sono sotto accertamento, così come numerose utenze finali tra Agrigento e Varese, con molti altri casi in arrivo da Brindisi. E poi occorrerà vedere anche per le altre province.
Impatto per gli utenti finali e deterrenza attesa
Le nuove norme e sanzioni vogliono creare un effetto deterrente concreto, puntando non solo contro distributori e sub-rivenditori ma anche contro l’utente che sfrutta servizi illegali. Multe da centinaia fino a decine di migliaia di euro, in combinazione con controlli sulle transazioni sospette e sull’identità digitale, dovrebbero rendere più rischioso per molti continuare a usare il pezzotto.
Il quadro che emerge è chiaro: lo Stato sta alzando la soglia nella lotta contro lo streaming pirata, con l’indagine della GdF su migliaia di utenti, l’uso di strumenti di pagamento anonimi e documenti falsi, affiancata da proposte legislative che prevedono multe molto più pesanti. Le chiusure di piattaforme illegali e l’attenzione a chi le usa non lasciano scampo per chi pensava di agire nell’ombra. Per molti, usare il pezzotto non sarà più un rischio solo morale, ma un rischio legale concreto.
Le modalità e gli strumenti usati dagli utenti illegali
Secondo le ricostruzioni, molti abbonamenti illegali venivano attivati tramite fornitori che richiedevano documenti falsi, talvolta con identità contraffatte, per bypassare controlli. I pagamenti tramite crypto-monete avrebbero permesso maggiore anonimato, rendendo più difficile l’individuazione. Inoltre, l’utilizzo di box IPTV, app e dispositivi “plug and play” illegali è parte integrante della filiera investigata. Le autorità stanno anche chiedendo rogatorie internazionali negli Stati Uniti per rintracciare server esteri.
Sanzioni previste per utenti e rivenditori
Chi verrà identificato rischia sanzioni sia civili che penali, oltre che multe che possono arrivare fino a 5.000 euro. Gli utilizzatori finali vengono perseguiti con la violazione della legge sul diritto d’autore e possono esser soggetti ad avvisi ufficiali della GdF, raccomandate o inviti a presentarsi agli uffici competenti. Per i rivenditori, la responsabilità è molto più grave, in quanto gestiscono la distribuzione del servizio illegale.
Motivazioni e impatto economico dell’operazione
Lo streaming pirata e il pezzotto non sono considerati solo un illecito culturale, ma una fonte rilevante di evasione fiscale e possibile riciclaggio di denaro. I proventi del sistema illegale, secondo gli investigatori, alimentano circuiti economici sommersi e alterano il mercato legale dell’audiovisivo. Il danno stimato per le piattaforme legali, per la produzione culturale e per lo Stato è elevato, considerando che milioni di utenti usufruiscono di contenuti pirata ogni anno.
Le nuove proposte di legge e le sanzioni inasprite
Il Parlamento sta valutando una proposta di legge che mira a inasprire significativamente le pene contro gli utenti di IPTV illegali. Secondo il disegno presentato da alcuni deputati di Fratelli d’Italia e della Lega, la multa minima passerebbe da 154€ a 500€, mentre quella massima, in casi aggravati o di recidiva, potrebbe arrivare a 16.233€. I fondi raccolti verranno destinati al Fondo per lo sviluppo di cinema e audiovisivo.
Altri casi recenti: chiusure e interventi mirati
Negli ultimi mesi sono state messe sotto sequestro piattaforme molto usate dagli utenti per eventi sportivi illegali, come Dazn e Ace, e sono cessate grandi piattaforme come Streameast, che trasmetteva sport in streaming illecito. Queste chiusure testimoniano l’azione congiunta di autorità, società titolari dei diritti e strumenti legislativi.
Fonte: Sole 24 Ore










