Lo abbiamo atteso per anni, ma col tempo e dopo i vari trailer di gameplay l’entusiasmo nei confronti del nuovo titolo di Rocksteady Studios, già autori degli amatissimi Batman Arkham Asylum, City e Knight, si è sempre più affievolito. Freddezza giustificata? Purtroppo sì. Scopriamo i motivi nella nostra recensione di Suicide Squad: Kill the Justice League, disponibile per PlayStation 5, Xbox Series S/X e PC.
Nove anni: questo il lasso di tempo che ha separato Batman Arkham Knight, datato 2015, da Suicide Squad: Kill the Justice League. Tempi che sembrerebbero degni di una iper-produzione Rockstar, ma invece di un progetto enorme e ambizioso come quelli tipici della grande R ciò che abbiamo avuto in cambio da Rocksteady è un GaaS (game as a service) mediocre e palesemente afflitto da grossi problemi di sviluppo. La famosa montagna che partorisce il topolino, insomma.
Curiosamente, il risultato finale ricorda un altro GaaS a tema supereroistico recente, pure quello sviluppato da un team poco avvezzo al genere: parliamo ovviamente di Marvel’s Avengers. La speranza è che il titolo Rocksteady possa avere (non sappiamo come, visto anche il minore appeal dei personaggi) più fortuna rispetto a quello già defunto di Crystal Dynamics, ma la partenza non è stata affetto delle migliori e le sensazioni per il futuro sono tristemente negative. Sarebbe davvero un altro brutto colpo per gli eroi DC Comics in mano a Warner Bros. Games, dopo il deludentissimo Gotham Knights (QUI la recensione).
A livello temporale Suicide Squad: Kill the Justice League si inserisce nello stesso universo narrativo della quadrilogia di Arkham, subito dopo gli avvenimenti di Arkham Knight, e ci chiede di vestire i panni di quattro cattivi del mondo DC Comics: l’ex fidanzata di Joker Harley Quinn, l’australiano Captain Boomerang, il cecchino Deadshot e l’enorme King Shark. Nostro ingrato compito? Quello di fermare e uccidere gli eroi “buoni” Flash, Batman, Lanterna Verde e Superman, che stanno mettendo a ferro e fuoco Metropolis a causa del lavaggio del cervello subito dall’alieno Brainiac.
La storia inizia in medias res, e ben poco ci viene svelato delle motivazioni di Brainiac o, soprattutto, dei metodi con cui è riuscito a soggiogare gli eroi più forti e intelligenti del mondo (esclusa Wonder Woman, che sarà nostra alleata). Purtroppo nemmeno andando avanti con la campagna verrà sviscerata la questione, così come non verrà analizzato nulla in realtà. Tolto l’incipit del reclutamento coatto da parte di Amanda Waller anche i nostri antieroi non riceveranno mai alcun approfondimento, né a livello psicologico né di background.
La sceneggiatura si concentra infatti esclusivamente sul presente, senza pause, e se da una parte questo dà un buon ritmo al susseguirsi degli eventi dall’altra fa risultare il racconto estremamente esile e superficiale.
Fin troppo esasperato poi è il tentativo di dissacrare e divertire con l’umorismo sopra le righe: ogni cutscene, e sottolineiamo OGNI, è infarcita di situazioni e dialoghi sciocchissimi. È un continuo martellamento di facezie nel tentativo di far ridere, una sequela interminabile di idiozie fatte e dette, una pesca con la dinamite di battutine puerili da far sembrare Thor Ragnarok Il Pianista di Polanski.
E alla fine più che divertirsi si ha la sensazione di stare comandando quattro completi imbecilli. Per carità, a tratti si sorride, ma diventa una pura questione di statistica o di sfinimento. Il tentativo è chiaramente quello di scimmiottare l’umorismo dei piacevoli film di James Gunn, dai Guardiani della Galassia ad appunto Suicide Squad, ma senza mai fornire un contraltare drammatico che lo valorizzi.
Coraggioso poi da parte di Rocksteady staccarsi da alcuni punti fermi legati ai personaggi storici DC, che vengono abbastanza traditi per quanto riguarda caratteri e abilità. Lo diciamo principalmente per i puristi, che non potranno che scaldarsi di fronte ad alcuni dettagli e infedeltà. Per quanto ci riguarda il distacco dal materiale d’origine non è mai un problema se in cambio viene fornita una rilettura di valore, ma non è certo questo il caso, purtroppo.
Aggiungiamo che pure il finale della storia è sbrigativo e poco soddisfacente, e tradisce chiaramente la natura di GaaS della produzione.
Un elemento che aveva fatto storcere il naso dopo i primi trailer era quello della mobilità dei personaggi, apparsi fin troppo “svolazzanti” rispetto alle controparti dei fumetti. La questione è stata risolta dal punto di vista narrativo col “prestito” di alcuni gadget dalla sala della Justice League. Deadshot infatti ottiene un jetpack, Harley un bat-drone a cui agganciarsi col bat-rampino, Captain Boomerang un dispositivo che lo rende in grado di sfruttare l’ipervelocità di Flash per, di fatto, teletrasportarsi e King Shark…beh niente, lui è fortissimo e riesce a saltare per decine e decine di metri come Hulk.
Il tutto si concretizza in un looter-shooter dove si passa effettivamente la maggior parte del tempo in aria, e non sappiamo quanto questo si sposi bene con la scelta dei personaggi da interpretare. Pad alla mano la manovrabilità è a dire il vero abbastanza buona, anche se sbilanciata tra i personaggi. Deadshot e Shark infatti sono nettamente più dinamici di Harley e Boomerang, ma questa maggiore mobilità non si traduce in chiari svantaggi sotto altri punti di vista.
Uno dei più grandi problemi di Suicide Squad: Kill the Justice League infatti è quello della parametria e dello sviluppo del personaggio. Il tentativo di dare profondità c’è: i menu sono ricchi al punto di risultare caotici, le statistiche infinite, ogni arma raccolta (un numero soverchiante) ha un sacco di perk e abilità passive che fanno sì che lo schermo venga invaso da effetti proc di ogni tipo, ma in soldoni cambia davvero poco in termini di gameplay tra un personaggio e l’altro, e ricordarsi tutte le varie combinazioni di effetti ed effettini diventa presto impossibile quanto superfluo.
Anche salendo di livello non c’è una vera sensazione di progressione, le abilità uniche dei quattro antieroi sono pochissime e dagli effetti troppo simili per dare una reale gratificazione. Abbiamo finito il gioco completando tutte le secondarie (ci sono volute circa 14 ore) e utilizzando ogni personaggio in modo da mantenerli tutti al solito livello, ma a parte le già discusse differenze nella mobilità ci è sembrato di usare sempre il solito.
La situazione addirittura peggiora per ciò che riguarda i nemici o le missioni da affrontare. Lo shooting in sé per sé è anche gradevole (buone pure le sollecitazioni del Dual Sense), ma la ripetitività si fa presto largo a spallate sulla sensazione iniziale di divertimento. I nemici, dei banalissimi alieni umanoidi, sono infatti tutti troppo simili tra loro, al punto che diventa quasi impossibile distinguerli.
I veicoli poi, come elicotteri o carrarmati, presentano degli elegantissimi punti deboli indicati da dei bubboni viola fluorescenti che gridano anni ’90 con tutte le loro forze. L’intelligenza artificiale è totalmente non pervenuta (non un peccato mortale visto il tipo di gioco, ma nemmeno un plus) e la sfida arriva dunque unicamente dal numero elevatissimo di avversari, che riesce a tratti a creare momenti divertenti, ma spesso confusionari all’inverosimile.
Come detto anche le missioni fanno di tutto per accorciare la vita a Suicide Squad: Kill the Justice League. La stragrande maggioranza di esse, indipendentemente che si tratti di una principale o di una secondaria, durante la campagna o in endgame, ci chiederà di proteggere alcuni punti di un’arena o di trasportare al sicuro degli ostaggi da altri punti.
L’unico accenno di varietà è dato da alcuni modificatori di gioco: in alcune missioni saremo infatti vincolati all’utilizzo di un certo tipo di attacco (mêlée, contrattacco, critico) per fare danno, ma l’idea è controproducente. Mancando totalmente di finezza e profondità il combat system non viene esaltato da questi limiti, che anzi rischiano solo di creare frustrazione (possiamo avere un Doom Eternal al mese? NdR). È chiaro insomma come tutto il mission design ruoti intorno all’idea del GaaS e del grinding senza sosta, ma è altrettanto chiaro che Rocksteady non avesse la minima idea di come farlo in maniera efficace.
Nemmeno le boss fight contro i membri della Justice League ci hanno particolarmente colpito, in particolare quelle contro Flash e Superman, che sono incredibilmente caotiche e non rendono minimamente giustizia alle loro abilità. Non diciamo che fosse facile trasporre in un videogioco i loro poteri, dopotutto è uno dei principali motivi per cui non sono mai stati realizzati titoli dignitosi sui due eroi, ma questo è solo un altro segnale di quanto l’ultimo lavoro di Rocksteady fosse mal pensato fin dal principio.
La povertà dell’offerta di Suicide Squad: Kill the Justice League è completata da un piccolo open world, parecchio anonimo nell’aspetto, che in termini di gameplay è solo un campo di battaglia privo di qualsiasi punto di interesse, tolte una dozzina di sfide a tempo dove passare in mezzo a dei checkpoint e alcuni puzzle dell’Enigmista che sembrano una versione for dummies di quelli già sperimentati nella serie Arkham (si devono solo raccogliere dei collezionabili o scansionare particolari edifici o oggetti).
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico invece il titolo è solido (nota di merito per il motion capture facciale, veramente ben fatto), e viaggia senza intoppi a 60fps anche giocando in cooperativa online fino a tre amici. Almeno da questo punto di vista non possiamo lamentarci, ma è pure vero che l’aspetto visivo non è certo straordinario: spesso si ha la sensazione di trovarsi davanti a un gioco per la passata generazione.
Non c’è molto da girarci intorno: Suicide Squad: Kill the Justice League è un gioco totalmente sbagliato. Privo di equilibrio, ripetitivo, fuori tempo massimo, vuoto, con una narrazione superficiale e un umorismo asfissiante e puerile. Il fatto che abbiamo aspettato nove anni per questo, e che dietro ci sia una delle software house più influenti e capaci degli ultimi venti anni, è a dir poco sconcertante.
Intendiamoci, non è un titolo orripilante (tipo un Agony o un Gollum, per intenderci): il livello tecnico è buono e a volte grazie al ritmo indiavolato e a un sistema di controllo che, pad alla mano, risulta piacevole ci si può anche divertire, ma è un divertimento davvero effimero. L’unica flebile speranza è che a Rocksteady riesca il miracolo di rimettere in sesto il gioco coi futuri aggiornamenti, dopotutto è un GaaS, ma non sembrano esserci le basi e la situazione appare già troppo compromessa.
Forse la cosa migliore da fare con Suicide Squad: Kill the Justice League è dimenticarlo, fare finta che non sia mai esistito, e sperare che il team torni subito a fare quello che sapeva fare. Che delusione.