Tom Clancy’s Splinter Cell: Blacklist

Nonostante tutte le sue promesse di offrire una trama matura, anche Tom Clancy’s Splinter Cell: Blacklist non cambia lo stile “Stati Uniti vs. Resto del mondo” che ha da sempre caratterizzato le serie. La trama vede ancora una volta il buon vecchio Sam Fisher alle prese con una spaventosa macchinazione internazionale, ordita da un gruppo terroristico chiamato Engineers. Il loro piano è far esplodere una città del nostro pianeta dopo l’altra, secondo un’apposita lista di obiettivi, la Blacklist del titolo appunto.

Le Spie devono hackerare dei terminali, i Mercenari devono fermarle, e alla fine di ogni round i ruoli vengono scambiati, dando vita a una frenetica e assuefante versione online di guardie e ladri.

Splinter Cell: Blacklist si propone come un compendio di tutti gli episodi finora usciti della serie, riunendo insieme tutte le sue meccaniche più fortunate e al passo con i tempi. Quello che ne esce è un gioco intuitivo quanto il precedente Conviction, ma allo stesso tempo molto meno su binari e molto più, al contrario, vecchia scuola. La debole trama permette di unire tra loro ambientazioni sparse in tutto il globo, dove come al solito Fisher sarà chiamato a sfruttare l’oscurità e infiltrarsi, alla ricerca di obiettivi da giustiziare o dai quali ricavare informazioni. Rispetto alla maggior parte dei titoli stealth, su tutti Metal Gear Solid, Blacklist non consente una grande libertà di movimento e la sostituisce con un sistema di spostamento basato sulle coperture, che ci consentirà di danzare da un riparo all’altro, calcolando bene il tempismo onde evitare di farci scoprire dalla sentinella di turno. Direttamente da Conviction, fa il suo ritorno anche il sistema Mark & Execute, che permette di marchiare dei nemici da lontano e, se riusciamo ad abbatterne uno in combattimento ravvicinato, colpirli alla testa contemporaneamente e con un solo tasto. Il sistema è semplice da imparare ma difficile da padroneggiare, a differenza di quanto avviene in altri esponenti del genere (pensiamo, per esempio, alle fasi stealth di Deus Ex: Human Revolution), una volta individuati, le nostre possibilità di sopravvivere si ridurranno drasticamente.
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Quello che ne esce è un gioco intuitivo quanto il precedente Conviction, ma allo stesso tempo molto meno su binari.

Al contrario di quanto avveniva nei precedenti episodi, tuttavia, il giocatore ha la possibilità di investire tramite upgrade e potenziamenti sull’arsenale di Sam, permettendogli di affrontare al meglio gli scontri a fuoco. Alla luce di questa scelta, sono state inserite delle sezioni sparatutto tout court, dove saremo chiamati ad affrontare nemici in rapida sequenza, che si rivelano le più deboli del gioco, attestandosi come semplicemente mediocri, soprattutto rispetto a titoli non stealth molto più competenti in questo ambito. Il gioco invita comunque ad adottare più stili tattici diversi, che vanno dallo stealth assoluto, ovvero non farsi scoprire mai e non creare il minimo tumulto, allo stealth letale, uccidere senza essere visti, passando per la guerriglia pura.

I livelli saranno intervallati tra loro da una sessione di briefing a bordo della base volante Paladin, dalla quale sarà possibile accedere anche a una serie di missioni secondarie, che offrono sfide del tipo come superare una mappa senza mai farsi scoprire o uccidere un prefissato numero di nemici, oltre a mappe in co-op. Suddette missioni sono, a differenza del gioco in singolo, pesantemente incentrate sullo stealth assoluto, e si propongono come una prelibatezza per gli appassionati del genere, qui alle prese con un livello di difficoltà davvero molto elevato.
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I livelli saranno intervallati tra loro da una sessione di briefing a bordo della base volante Paladin.

A chiudere il cerchio dell’esperienza sono le modalità multiplayer, sulle quali spicca tra tutte la classica Spie contro Mercenari. Si tratta, in sostanza, di uno scontro tra due forze in netta antitesi, divise in squadre da quattro membri ciascuna: le Spie, simili a Sam Fisher, agili, letali e silenziose, e i Mercenari, da controllare con la visuale in soggettiva, grossi e con una potenza di fuoco notevolissima. Le Spie devono hackerare dei terminali, i Mercenari devono fermarle, e alla fine di ogni round i ruoli vengono scambiati, dando vita a una frenetica e assuefante versione online di guardie e ladri. In conclusione, se questo episodio di Splinter Cell non è il migliore o il più puro, è sicuramente il più completo e rifinito di questa generazione, nonché tappa obbligata per tutti coloro che sono in cerca di una sfida stealth degna di questa nome.