Per il creatore di Tekken, il Giappone è morto

Una diatriba che, fin dalla scorsa generazione, ha iniziato a prendere sempre più piede nei salotti videoludici di tutto il mondo. Quanta importanza ha perso il Giappone, nel nostro hobby preferito?

Indubbiamente, è ormai un decennio che il Paese del Sol Levante fa sempre più fatica a imporsi sul mercato, persino nei generi che in passato gli riuscivano meglio. I nuovi punti di riferimento sono Stati Uniti ed Europa, mentre i prodotti fuoriusciti da software house giapponesi – anche abbastanza importanti – non sempre riescono a stare al passo.

Il genere dei JRPG fatica a ritrovare la propria strada, così come è calato drasticamente il numero di action nudi e crudi sbarcati su console. Da qualche mese, però, abbiamo assistito a una sorta di inaspettato ritorno: dopotutto, siamo nel periodo fertile di Zelda, Pokémon, Dark Souls, NieR e Nioh, mentre nel futuro aspettiamo Death Stranding, Kingdom Heart 3 e il remake di Final Fantasy VII. Tutti giochi giapponesi, appunto.

Qualcosa si sta smuovendo ma, per il creatore della serie di Tekken, non è ancora abbastanza. Già in passato confermò di vedere il Giappone alla stregua di una “nazione morta”, e possiamo assicurarvi che da allora non è cambiato nulla.

“Già negli anni ’90, non vedevo alcun futuro per gli sviluppatori giapponesi e, nel frattempo, non ho cambiato opinione”, ha infatti detto Katsuhiro Harada, figura di spicco di Namco attualmente impegnata su Tekken 7.

“Ci sono alcuni giochi che ultimamente hanno avuto successo, ma non è abbastanza. Una volta, gli sviluppatori giapponesi erano i migliori in assoluto. Ora è crollato tutto: le cose saranno anche leggermente migliorate, ma non quanto basta”.

“Basta guardare gli Stati Uniti: lì ci vivono più persone e, per questo motivo, gli sviluppatori sono in numero maggiore. Gli obiettivi e gli stanziamenti ai loro progetti sono su un piano totalmente diverso, con cui noi non possiamo competere. Vero, ci sono alcuni generi che solo i giapponesi riescono a inquadrare, ma ci vuole ben altro per riconquistare il trono”.

“Questo è il mio punto di vista, e credo proprio che rispecchi la realtà. Non siamo così scarsi, ma non siamo neanche così bravi”.

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