Ghost Recon: Wildlands – Hands On Beta

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Cambiamento perenne

La saga di Ghost Recon si è evoluta così tante volte, nel corso del suo ciclo vitale, che è ormai difficile trovargli un unico marchio distintivo. Certo, ci sono le unità speciali che danno il nome al gioco, c’è la cura maniacale dell’armamentario e in ogni sua componentistica, ma ogni volta che ci ritroviamo per le mani un nuovo episodio, dobbiamo ammetterlo, non sappiamo più cosa aspettarci. Ecco, Wildland non fa alcuna differenza.

La politica di Ubisoft, da un po’ di tempo a questa parte, è quella della trasparenza più totale. È difficile che si arrivi al day one di un gioco attesissimo senza averlo potuto provare almeno una volta. È successo solo ultimamente con For Honor e prima ancora con The Division, ed ecco che ci ora ci ritroviamo nella Bolivia dei narcotrafficanti, con il delicato compito di sradicare il cartello locale, consegnare alla giustizia i suoi agenti e, in linea di massima, far saltare in aria tutto ciò che ci capita a tiro, anche già solo per sport.

Ghost Recon: Wildlands si trasforma in un prodotto adatto a tutti i palati; c’è azione, c’è esplorazione, ci sono oggetti e abilità da migliorare e – sopratutto – c’è un senso di affiatamento forte e coeso. Questo episodio, come prima e più di prima, premia i team più affiatati e regala missioni progettate appositamente per i gruppi più numerosi, pur senza mai settare alcun paletto. Mai come in questo caso, “chi non gioca in compagnia, o è un ladro o è una spia”. Del cartello, magari.

Ghost Recon: Wildlands si trasforma in un prodotto adatto a tutti i palati; c’è azione, c’è esplorazione, ci sono oggetti e abilità da migliorare e – sopratutto – c’è un senso di cameratismo forte e coeso.

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