Neil Druckmann, creatore di The Last of Us e di Intergalactic: The Heretic Prophet, ha anticipato in un’intervista con Alex Garland che la nuova creatura di Naughty Dog verterà moltissimo su temi quali solitudine, fede e religione e potrebbe creare addirittura più dibattiti di quanto non abbia fatto The Last of Us: Parte 2, uno dei videogiochi mainstream più divisivi degli ultimi anni e per motivi che, nel 2025, anche chi non avrà giocato il gioco conoscerà grazie alla serie TV in arrivo ad aprile.
Nella discussione con Alex Garland, padre di 28 Giorni Dopo e dell’imminente 28 Anni Dopo, Druckmann ha spiegato che “Intergalactic: The New Prophet non è ambientato sulla Terra”. Il creatore continua: “Si svolge duemila anni nel futuro alternativo che si dirama alla fine degli anni ’80”, e forse proprio questa lontananza dal nostro mondo ha permesso al team di esplorare con più libertà sui temi citati in precedenza, virando magari su religioni di fantasia.
Il rischio che questa decisione possa portare a diverse controversie è alto e Neil Druckmann lo sa molto bene, citando lo stesso fenomeno accaduto con The Last of Us: Parte 2. “Con The Last of Us Parte 2, abbiamo preso decisioni creative che generarono un sacco di odio. Alcune persone le hanno amate. Dunque nello studio abbiamo deciso scherzosamente ‘Facciamo qualcosa su cui nessuno si arrabbierà… facciamo un gioco riguardo fede e religione'”, ha dichiarato Druckmann.
Qualcosa di simile, in realtà, era già stato esplorato con i Serafiti in The Last of Us, ma in Intergalactic: The Heretic Prophet questo elemento assumerà un ruolo molto più importante. “Questa religione si svolge su questo pianeta. E poi, a un certo punto, le comunicazione da questo pianeta si interrompono. Tu interpreti una cacciatrice di taglie che insegue un obiettivo. Lei si schianta su questo pianeta”, continua il Vice Presidente di Naughty Dog.
Il pianeta stesso, isolato interamente dal resto della galassia, porrà la protagonista in un contesto di totale solitudine, non potendo contattare con nessuno. Questo sarà un elemento che andrà in forte contrapposizione con quanto visto in Uncharted e The Last of Us, videogiochi dove il protagonista aveva modo di discutere sempre con qualcuno. “Volevo davvero realizzare un gioco sulla fede e sulla religione, ma anche sulla solitudine. In molti dei giochi che abbiamo fatto in passato, c’era sempre un alleato con te, qualcuno con cui parlare. Volevo che tu fosti in un luogo dove non sai cosa sia successo, dove erano qeuste persone e quale era la loro storia”, conclude Druckmann.
Fonte: Sony