Prey – Hands On

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Il mondo dentro ognuno di noi

In un universo alternativo in cui Kennedy non è mai stato assassinato, gli Stati Uniti hanno ottenuto accesso alla tecnologia spaziale con largo anticipo. Esplorando l’universo, sono però incappati in una misteriosa e pericolosissima razza aliena, i Typhon, e hanno deciso di contenerla in una base costruita per l’occasione. Talos I, questo il nome della prigione, diventa ben presto una scusamte per condurre ricerche su questi organismi; America e Russia stringono alleanza per studiare e sperimentare sulle creature, e trovano così un modo per trasformarle in denaro.

Coi fluidi prelevati, infatti, le principali super-potenze mondiali hanno messo su un vero e proprio business. Conosciute come “Neuro-mod”, le iniezioni aliene permettono agli umani comuni di superare ogni limite imposto dal proprio corpo e di ambire a un’esistenza superiore. Inutile dirlo, siamo nuovamente di fronte al mito di Prometeo col fuoco.

Ci sono questioni in cui sarebbe meglio non scavare e, ovviamente, tra queste ci sono anche i segreti delle forme di vita extra-terrestri. Il nostro Morgan Yu, a conti fatti, non è nient’altro che una cavia, ma c’è anche dell’altro: una verità ben più oscura dalla quale lo stesso Morgan – inconsciamente – cerca di difendersi.

La sua, apparentemente, è una vita normale. Si alza la mattina, va in elicottero a lavoro – va bene, forse non è così normale – e si sottopone a innocui esperimenti psicologici e motori per portare a casa la pagnotta. Tempo un paio di minuti, però, e ogni certezza sembra crollare. Non vogliamo anticiparvi troppo, anche perché parliamo forse di uno dei prologhi più accattivanti dell’intera storia del videogioco, ma questo Prey va subito a far leva su una tipologia di orrore psicologico più unica che rara.

In molti casi, sembra quasi che sia lui a giocare con noi, e non viceversa. A pochi passi dal New Game, non sapremo più cos’è reale e cosa no, cos’è tangibile e cosa invece è un semplice miraggio inscenato dai malefici scienziati della TranStar. Le sorprese sono tante e si susseguono con un ritmo incredibilmente incalzante, con un ispiratissimo accompagnamento musicale anni ’80 e una regia in-game di primissima qualità.

Il nostro Morgan Yu, a conti fatti, non è nient’altro che una cavia, ma c’è anche dell’altro: una verità ben più oscura dalla quale lo stesso Morgan – inconsciamente – cerca di difendersi.

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