Starfield: un piccolo passo per Bethesda, un grande passo per gli Open World. Recensione (Xbox Series X)

Il GDR a tema spaziale è sulla rampa di lancio, ma noi siamo in orbita già da giorni.

Starfield Bethesda Microsoft Xbox Series X S Recensione

Dopo uno sviluppo durato più di 10 anni, abbiamo finalmente avuto modo di mettere le mani sull’ultima fatica di Bethesda, Starfield, definito dallo stesso game director Todd Howard come la più grande sfida e l’esperienza più emozionante della sua carriera. Si tratta di un action RPG, ambientato nello spazio e che promette di farci viaggiare attraverso quello che viene definito il Campo Stellare e con una longevità potenzialmente sconfinata. (Mentre leggete, lo stiamo osservando live su Twitch. Seguite il link)

Abbiamo deciso di approcciarci a Starfield con la consapevolezza che, nelle due settimane che ci sono state concesse prima dell’uscita, non saremmo riusciti a vederne tutti i contenuti né saremmo riusciti a completarlo al 100%, ma con le nostre 100 ore e più di gioco sulle spalle ne abbiamo testato la maggior parte delle dinamiche, ben consci che comunque ci sono degli aspetti che richiederanno ulteriori approfondimenti (e altre centinaia di ore di gioco). Con tali premesse, ci siamo sentiti sicuri di poter pubblicare questa recensione con lo scopo di fornirvi tutti gli strumenti interpretativi di questa opera attesa da milioni di giocatori.

Starfield: cos’è? Alcune premesse

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Starfield è il nuovo RPG action di Bethesda che prova ad alzare l’asticella proponendo ai giocatori un intero universo esplorabile. Ben consci del pericolo spoiler e volendo rispettare coloro che nulla han voluto sapere del gioco, ci limiteremo nel dire che la main quest costituisce un enorme onboarding, attraverso cui familiarizzare con le differenti anime che compongono l’ultimo titolo di Bethesda: grazie al dipanarsi della trama, abbiamo modo di immergerci nell’atmosfera di gioco, conoscerne i fatti storici antecedenti la colonizzazione dello spazio, iniziare l’esplorazione dell’universo e conoscere molti dei personaggi che, in un modo o nell’altro, accompagnano il protagonista nel Campo Stellare. 

Nelle varie interviste e presentazioni che sono state fatte prima del lancio, era stato comunicato che il giocatore avrebbe potuto mettere da parte la storia principale per dedicarsi alle numerose altre attività inserite. Non possiamo che confermare che quanto promesso dagli sviluppatori è stato rispettato.

A parte i primi incarichi che ci vengono assegnati e che dobbiamo completare obbligatoriamente, la storia principale risulta essere una delle tante possibilità offerte al giocatore. Il sistema non ci ha mai pressato nel completare una data missione o a compiere una determinata attività: ci siamo letteralmente persi ad esplorare i pianeti, abbiamo compiuto deviazioni per raggiungere un sistema in cui era presente una determinata risorsa o abbiamo deciso di evitare un combattimento spaziale, trovando un modo alternativo per raggiungere la nostra destinazione.

Questo, a livello di gameplay, si traduce anche nella possibilità di poter affrontare molti incarichi in modi differenti (nel nostro caso abbiamo provato ad evitare per quanto possibile tutti gli scontri con i nemici, ‘combattendo’ con il potere della persuasione). Spesso le scelte che ci vengono offerte dagli sviluppatori non hanno alcun effetto sul prosieguo del gioco, altre volte influenzano quello che gli NPC pensano di noi e come ci vedono e talvolta le decisioni hanno degli effetti di portata più ampia, su uno o più pianeti (ma mai in modo troppo drastico o significativo).

La storia principale è comunque interessante e narrata in modo cinematografico, anche se riprende gran parte dei temi classici dell’immaginario fantascientifico senza particolari innovazioni o colpi di scena ma con giusto un pizzico di ragionamenti sugli aspetti morali offerti dagli elementi introdotti. Essa costituisce un ottimo strumento per immergersi nell’universo di gioco, facendoci conoscere le principali città e alcuni dei pianeti principali.

Liberi di scegliere…

Starfield Bethesda Microsoft Xbox Series X

Quello che però sorprende è la qualità e la varietà delle quest secondarie: alcune missioni più semplici ci chiedono di parlare con un determinato NPC o di portare un oggetto su un determinato pianeta, ma altre hanno una durata e complessità tali da reggere tranquillamente il confronto con la storia principale.

Questo offre una notevole stratificazione delle esperienze di gioco in base a quello che il giocatore desidera fare: possiamo proseguire con una delle missioni proposte dal gioco, ma anche decidere di ignorare tutti i nostri incarichi e dedicarci all’esplorazione dei pianeti, alla raccolta di informazioni sulla flora e la fauna oppure dedicarci ad azioni di pirateria, assaltando navi e consacrandoci al contrabbando di merce illegale. Ovvio che commettere azioni al di fuori della legge ha delle conseguenze, potremo trovarci una taglia sulla testa. Sulla base delle taglie a nostro carico, gli NPC si comportano in modo differente nei nostri confronti.

…ma con dei limiti

Starfield

Uno degli elementi che erano stati annunciati da Bethesda, riguardava l’ampia libertà per il giocatore di  esplorare l’universo come cuore dell’esperienza di gioco. In realtà, lo spazio di Starfield è composto da alcune sezioni abbastanza slegate tra di loro, tant’è che a differenza di No Man’s Sky, che offre la possibilità di passare dai salti gravitazionali all’esplorazione dei pianeti senza alcuna interruzione, in Starfield l’esplorazione planetaria e quella del cosmo risultano nettamente separate. Attraverso la mappa stellare, possiamo decidere quale sistema visitare, scegliendo quindi l’orbita di un pianeta nei cui pressi decidiamo di navigare.

Non si tratta però di movimento libero intorno ad esso ma siamo portati in un’area circoscritta dove possiamo fare amichevoli incontri casuali con altre astronavi di passaggio (con nostra grande sorpresa, una volta ci è capitato che un ragazzo dalla sua astronave ci regalasse una canzone, prima di passare al sistema planetario successivo) o entro cui avvengono le battaglie navali.

Anche provando a superare i limiti imposti dal gioco, non si incontra mai un “muro invisibile” che ci impone di cambiare rotta, ma di fatto non si va da nessuna parte, non riuscendo mai a raggiungere uno dei pianeti che si vedono in lontananza (se non attivando l’animazione del salto gravitazionale, alla pressione del relativo pulsante).

Similmente anche l’atterraggio su un pianeta e l’attracco ad una stazione spaziale o altra nave non avviene in tempo reale, ma, una volta scelto il punto sulla mappa o avvicinatisi abbastanza alla struttura da abbordare, parte una cinematica senza possibilità di intervenire. Sulla carta questo potrebbe essere considerato un difetto, in realtà, vengono automatizzate delle fasi di gioco che, alla lunga potrebbero stancare e, dall’altra, tali cinematiche permettono anche un pizzico di coinvolgimento in più, grazie ad un’ottima regia e un sound design davvero di alto livello.

Anche nel caso dei pianeti, non abbiamo la possibilità di esplorarne l’intera superficie, ma solamente un’area circoscritta (abbastanza vasta), entro cui ci viene data la possibilità di camminare (non sono presenti mezzi di trasporto per velocizzare gli spostamenti).

Contrariamente a quanto abbiamo visto con il volo nello spazio, qui sì troviamo dei veri e propri “muri invisibili”. Nel caso dei pianeti con condizioni più estreme, le condizioni meteo diventano sempre più gravi tanto da portare il nostro personaggio verso la morte, mentre nel caso dei biomi con condizioni favorevoli, ci viene presentato un avviso testuale, che ci comunica che abbiamo raggiunto il limite dell’area esplorabile, proponendoci di tornare alla nostra nave tramite il viaggio rapido.

Onestamente questa ci è sembrata una scelta di design poco riuscita, che spezza davvero tanto l’immersione e la voglia di esplorare. Avremmo preferito che i designer individuassero dei modi più creativi per nascondere questo limite al posto di un banale avviso testuale.

Pianeti e città: cosa c’è da vedere in Starfield?

Starfield Bethesda

I pianeti che abbiamo modo di visitare sono tutti abbastanza ben realizzati e ricchi di dettagli, anche se ci si rende conto che non tutti sono ugualmente ispirati. Alcuni presentano paesaggi ricchi di vegetazione di vario tipo, mentre altri sono caratterizzati da lande brulle e condizioni climatiche avverse.

Davvero ben realizzata la gravità, che influenza in modo tangibile i movimenti del protagonista: all’abbassarsi della gravità, diventa possibile correre più a lungo senza stancarsi, compiere salti più ampi e non subire danni da caduta, cosa che, al contrario, si verifica all’aumentare della forza gravitazionale. Ciononostante, i pianeti (esclusi quelli principali) risultano abbastanza vuoti, con giusto qualche elemento da analizzare e sporadici punti di interesse che però non aggiungono granché all’esperienza di gioco e non crediamo costituiscano uno stimolo a proseguire nell’esplorazione.

recensione starfield

All’estremo opposto si collocano le città che, seppur non tantissime, sono tutte splendidamente realizzate, vibranti, ben caratterizzate e con una elevata attenzione per il dettaglio. Visitandole, abbiamo avuto l’impressione che fossero realmente vive, con i cittadini che le animano, intenti nelle proprie attività quotidiane e con elementi randomici che rendono un po’ più varia ogni visita.

Abbiamo riscontrato la stessa cura anche nella maggior parte degli ambienti al chiuso, siano essi interni di edifici oppure strutture nello spazio: ogni luogo è diverso dagli altri e sono tutti caratterizzati da elementi relativi alle persone che vivono in quel luogo o che lo hanno abitato, in caso delle strutture abbandonate. 

Durante tutte le fasi a piedi, è possibile utilizzare sia la prima che la terza persona e, in entrambi i casi, funziona tutto bene: proprio per testare il sistema di telecamera alle spalle del protagonista, abbiamo deciso di utilizzare la terza persona per la maggior parte del gioco, senza riscontrare particolari problemi, sia durante l’esplorazione, sia durante le concitate fasi di combattimento, al netto di qualche sporadico errore del puntatore nell’evidenziare oggetti a fianco del protagonista, invece che elementi in lontananza.

Gameplay. Non solo GDR!

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Prima di affrontare alcune delle principali meccaniche, dedichiamo un approfondimento alla componente GDR. Starfield ci permette di creare un personaggio da zero, attraverso un editor di personalizzazione abbastanza approfondito ma che si concentra soprattutto sul volto, mentre poche sono le possibilità per il corpo del nostro protagonista. Si può scegliere solo una fisicità maschile o femminile, da declinare, tramite un selettore circolare, tra esile, muscoloso e grosso.

Inoltre, il gioco ci permette di selezionare il suo background, al quale corrispondono i primi punti abilità che vengono assegnati dal gioco in base alla scelta fatta, e fino ad un massimo di tre tratti che influenzano direttamente il modo in cui il protagonista reagisce a determinati eventi che accadono nel corso dell’avventura. Ad esempio, con il tratto “Empatia”, il protagonista si rende conto dei sentimenti del proprio interlocutore e sblocca delle opzioni di risposta aggiuntive; il tratto “Introverso” permette di fare meno fatica decidendo di svolgere le missioni in solitaria.

Il background del nostro personaggio ha una importanza centrale

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Se i tratti hanno un ruolo limitato a giusto qualche linea di dialogo aggiuntiva o a dei piccoli bonus/malus nello svolgimento delle missioni, il background pone le basi del personaggio nel profondo albero delle abilità che è stato introdotto in Starfield. Ciascuna abilità ha quattro livelli di sviluppo, per ognuno dei quali si ricevono dei miglioramenti differenti che possono cambiare sensibilmente l’utilità dell’abilità stessa. Si passa, ad esempio, da un aumento dei danni causati da un determinato tipo di arma, a bonus in termini di salute ripristinata per ciascuna uccisione.

Dato, però, che alcune abilità sbloccano la possibilità di compiere azioni che il personaggio base non è in grado di fare, come la capacità di pilotare navi di livello avanzato o la possibilità di scassinare serrature, diventa fondamentale pianificare con attenzione a quali aspetti del personaggio dare priorità, considerato che non abbiamo trovato la possibilità di redistribuire in modo diverso i punti abilità già assegnati.

Uno degli elementi che abbiamo particolarmente apprezzato è la stratificazione del gameplay sulla base delle abilità che si decide di potenziare: svilupparle conduce a  concreti mutamenti a livello di struttura di gioco, andando ad adattare l’esperienza sulla base della preferenza del giocatore. Ad esempio chi non ama i combattimenti, può concentrarsi maggiormente sulla capacità di persuasione, chi preferisce dedicarsi alla raccolta di materiali, ha delle specifiche abilità da migliorare e così via, in una esperienza, che cerca, per quanto possibile, di adattarsi a ciò che il giocatore desidera fare.

Battaglie spaziali, la verra sfida è tra le stelle

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Se le fasi di combattimento sui pianeti risultano divertenti, grazie al buon sistema di mira e ad un discreto tasso di sfida (dettato più dalla quantità dei nemici che dalla IA degli stessi), altrettanto non possiamo dire degli scontri nello spazio. In questo caso abbiamo avuto l’impressione di non avere gli strumenti per leggere la situazione intorno a noi: negli scontri contro un elevato numero di astronavi nemiche, ci siamo trovati in mezzo ad una raffica di colpi provenienti al di fuori del nostro campo visivo e non in possesso di adeguati  strumenti per evitare il fuoco nemico. 

Sicuramente, con lo sblocco delle varie abilità legati alle astronavi, migliora anche la capacità di sostenere scontri a fuoco più complessi. Riteniamo che da un punto di vista di gameplay questo sia l’elemento meno solido e divertente dell’impianto ludico proposto da Bethesda. Si tratta di un aspetto che potrebbe creare situazioni di leggera frustrazione nei giocatori meno interessati a queste dinamiche e che hanno deciso di non sviluppare questo ramo dell’albero delle abilità. Frustrazione che aumenta, considerando che non è stato previsto un metodo di fuga una volta che ci si trova in un combattimento spaziale. L’unico modo per superare questo momento di blocco è ricaricare il precedente salvataggio, dato che viene effettuato un checkpoint giusto prima dell’inizio della battaglia.

Esplorazione, combattimenti e… che altro c’è da fare in Starfield?

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Tra le tante altre attività possibili, che esulano dalle quest che ci vengono assegnate nel corso della nostra avventura, segnaliamo la possibilità di:

  • esplorare i pianeti dell’universo alla scoperta di misteriose piante e curiosi animali da poter scansionare e inserire così nel database intergalattico;
  • costruire degli avamposti, che diventano degli utili punti per la raccolta di materiali tramite sistemi di estrazione mineraria, ma nei quali è anche possibile impostare degli automatismi utili alla produzione di oggetti da destinare al crafting;
  • dedicarci al crafting, che consente di impiegare le risorse raccolte durante i nostri viaggi per la creazione di varie tipologie di progetti;
  • personalizzare la propria astronave, attraverso un flessibile editor, che permette sia di cambiare solo i pezzi necessari a potenziare il proprio mezzo, sia costruendo la propria nave da zero (che, dobbiamo ammettere, non abbiamo avuto il tempo di approfondire troppo nel dettaglio); 
  • diventare pirati dello spazio, abbordando le navi dei civili, privandole del loro contenuto, da rivendere al miglior offerente (compresa anche la possibilità di vendere merce di contrabbando).

Nel complesso ci è però sembrato che le varie anime del gioco siano abbastanza slegate tra di loro, portando Starfield più verso un enorme sandbox in cui lasciare libero il giocatore di sperimentare, senza dare però degli stimoli concreti a provare tali attività secondarie.

Ad esempio, l’esplorazione dei pianeti, con l’analisi degli elementi in esso presenti, non ha reali conseguenze, se non quello di poter vendere i dati raccolti per guadagnare valuta di gioco, così come il crafting è un elemento di contorno che il giocatore può tranquillamente evitare per tutto il gioco, come successo a noi, che ci siamo dedicati a questa attività solamente nell’endgame. Abbiamo a tal proposito trovato un grosso limite il fatto che vengano considerati per la realizzazione dei progetti solo gli oggetti presenti nel nostro inventario o nell’inventario della nave, entrambi con dimensioni limitate, invece di consentire l’accesso diretto anche al baule presente nel nostro deposito, che non presenta tale restrizione.

Non ami la solitudine? I companion ci sono

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Un altro elemento cardine di ogni opera Bethesda sono il buon numero di comprimari che ci possono anche accompagnare nelle varie missioni: di alcuni di essi faremo a conoscenza fin dalle prime fasi della storia, mentre altri sono sbloccati in fasi più avanzate del gioco o tramite il completamento di missioni secondarie.

Abbiamo molto apprezzato che con i principali personaggi secondari sia possibile instaurare un rapporto di amicizia e di stima, che, per un numero più ristretto, può arrivare alla classica romance che sblocca anche le missioni specifiche. Allo stesso tempo, però, effettuare azioni non gradite al nostro compagno di viaggio, può portare alla rottura definitiva del rapporto.

Bug, glitch, problemi? Starfield ne ha presentati pochissimi, finora

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Da un punto di vista tecnico il lavoro svolto da Bethesda è assolutamente di pregio. Davvero pochissimi i bug che abbiamo riscontrato nel corso della nostra avventura e tutti di minima entità. Giusto da segnalare qualche caricamento un po’ troppo lungo in fase di avvio della partita o di ripristino della partita in caso di morte del protagonista.

Solido il motore grafico che su Xbox Series X (la versione da noi giocata in fase di recensione) riesce a far girare un’importante mole poligonale e con un credibile sistema di illuminazione mantenendo quasi sempre stabile il frame rate. Dobbiamo affermare che il limite di 30 FPS imposto al motore grafico del gioco nella sua versione console costituisce un problema, ma non lo riteniamo così grave da minare l’esperienza nel suo complesso, vista la natura stessa del gioco e considerando che non abbiamo registrato cali nel corso dell’avventura.

L’occhio vuole la sua parte

Ottima la direzione artistica, ben declinata sia negli ambienti di gioco, come abbiamo avuto modo di constatare più sopra, sia nei personaggi che popolano il mondo di gioco, con giusto qualche animazione che risulta un po’ legnosa. Molto interessante anche la varietà di piante e animali che possiamo incontrare nel corso dell’esplorazione dei diversi pianeti, mentre altalenante ci è sembrata la caratterizzazione dei vari mondi, come abbiamo avuto modo di accennare precedentemente.

E anche l’orecchio

Di altissimo livello il comparto sonoro: evocative e di grande impatto la colonna sonora e non da meno ci è sembrato il sound design, con rumori sempre credibili e che ci hanno consentito una totale immersione nell’universo di Starfield. Ottimo anche il doppiaggio (purtroppo solo in inglese, ma sono presenti i sottotitoli in italiano, così come tutti i testi sono stati tradotti nella nostra lingua), con un’enorme mole di righe di dialogo, numerosi attori diversi scelti anche per i personaggi più marginali e una caratterizzazione di stili e accenti diversi, che rendono bene l’idea della multiculturalità che compone le colonie insediate nei vari pianeti.

Forse è il caso di rivedere alcune cose

Bethesda Microsoft Xbox Series X S Recensione

Assolutamente da rivedere il sistema dei checkpoint: non sempre è chiaro quando intervenga il salvataggio automatico nel corso delle missioni, tanto che, alle volte, in caso di sconfitta del protagonista, è necessario rifare dei pezzi di gioco abbastanza lunghi e magari dover superare nuovamente degli scontri già precedentemente affrontati.

Questo vale ancora di più nel caso dell’esplorazione dei pianeti. Alla morte del protagonista si perdono tutti i progressi raggiunti fino a quel momento. Ciò significa che se in fase di esplorazione di un nuovo pianeta si venisse sconfitti per un qualunque motivo, tutti gli elementi già analizzati fino a quel momento verrebbero cancellati, obbligando il giocatore a ripetere dall’inizio il processo (scelta fin troppo punitiva che, a nostro parere, è anche in contrasto rispetto al piacere dell’esplorazione che Starfield intende offrire al giocatore).

In conclusione, Starfield prova a proporsi come punto di riferimento per le avventure nello spazio, senza centrare però in pieno l’obiettivo. Il gioco è splendido da vedere, divertente da giocare ed estremamente coinvolgente.

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Quello che però manca è un’unità tra le anime che compongono l’opera di Bethesda: un po’ gioco di ruolo, un po’ sandbox, ma senza che ci sia un collante che tenga insieme le parti in modo convincente. 

Da citare anche il limite a 30 FPS della versione Xbox Series X, da noi giocata (non presente invece nella versione PC), che deriva probabilmente dal lungo periodo di sviluppo richiesto per il completamento di questo progetto.

Al netto dei difetti segnalati nel corso di questa (lunga) recensione, riteniamo che Starfield sia un titolo davvero valido, in grado di intrattenere i giocatori per un numero elevato di ore e che sa regalare tante emozioni a chi avrà voglia di sviscerare le varie meccaniche proposte.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
9
starfield-un-piccolo-passo-per-bethesda-un-grande-passo-per-gli-open-world-recensione-xbox-series-xCon Starfield, Bethesda ha messo in campo tanta dell'esperienza raccolta negli anni e si prepara a lanciare un gioco dalle molteplici anime. Un po' sandbox, un po' action, un po' GDR, forse manca una vera coesione tra i tanti elementi messi in campo. Regge benissimo il comparto grafico e su console il limite dei 30fps non pesa quanto si temeva. Il rischio maggiore, con un gioco così, era incontrare bug e glitch vari, qui invece assenti. Al netto dei limiti - necessari - il potenziale per trascorrere davvero centinaia di ore in-game è davvero alto.