Steel Seed: lo stealth Sci-Fi “secondo l’Italia” – Recensione PS5

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Sono passati poco più di due anni da quando Storm in a Teacup, team italiano con sede a Roma, ha annunciato Steel Seed. Atteso nel 2024 e poi spostato fino a oggi per permettere ai dev di terminare e rifinire il lavoro, il titolo stealth è uscito oggi 22 aprile 2025 – su PC, PlayStation 5, Xbox Series X e Series S. Abbiamo avuto modo di giocare in anteprima la versione PlayStation 5 così da realizzare questa recensione. Prima di addentrarci nel dettaglio di ciò che offre il mondo immaginato dagli sviluppatori possiamo anticiparvi che il risultato è apprezzabile, sebbene non privo di qualche piccola sbavatura.

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Steel Seed: la sinossi

Sono passati diversi secoli dal nostro presente. L’umanità è sfuggita ai cambiamenti climatici e alla sua totale estinzione grazie al lavoro di uno scienziato. Il dottor Archer, brillante ricercatore, servendosi dell’aiuto di potentissime IA è riuscito a mettere in piedi immense strutture artificiali che potessero mantenere in vita gli umani superstiti (definiti “Seed”) in uno stato di conservazione. Il suo lavoro, però, non è del tutto compiuto. C’è bisogno che qualcuno avvii il “Protocollo Rinascita”. Quel qualcuno potrebbe essere Zoe, figlia di Archer.

È da queste premesse che parte la – tutto sommato semplice – trama di Steel Seed. Zoe, svegliatasi dal suo stato di ibernazione, scopre che il suo corpo è quasi completamente costituito da protesi meccaniche. Al momento del risveglio trova ad attenderla al suo fianco KOBY, un piccolo droide che le farà da supporto in questo compito. Ad ostacolarla, però, le macchine che Archer stesso ha messo a difesa della sua immensa creazione: queste sono programmate per impedire agli intrusi di interferire e Zoe viene riconosciuta come tale. Nel corso della storia, Zoe farà la conoscenza di S4VI (pronuncia Savi), la più raffinata IA realizzata dal padre che le indicherà la strada da seguire per rimettere insieme i pezzi di coscienza lasciati in giro da Archer stesso, unica chiave per avviare il protocollo rinascita.

Ad ostacolarla, dicevamo, i robot di guardia della struttura guidati da Hogo, androide programmato con questo scopo. Da qui in poi eviteremo di raccontare ulteriori dettagli di trama così da non rovinare le sorprese che, vi assicuriamo, non mancheranno.

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Il gameplay: tanto stealth, ma non manca l’action

Partiamo da un presupposto fondamentale: Steel Seed è di base un gioco stealth con elementi action e la cui esplorazione è legata al principalmente al platforming e – in alcuni casi – alla risoluzione di semplici puzzle ambientali. Di base cominceremo il nostro percorso avendo a disposizione un arsenale ristrettissimo: Zoe utilizza principalmente una spada con la quale sferrare attacchi leggeri e veloci o pesanti e caricati; KOBY, invece, può offrirci supporto di fuoco in autonomia oppure potremo indirizzare noi direttamente i suoi colpi (in questo caso non più di tre per volta, che dovremo attendere si ricarichino).

Un armamentario essenziale dunque per spingere il giocatore a prediligere strade sicure ed evitare scontri diretti. L’ispirazione generale viene chiaramente da altri blasonati esponenti del genere (come la serie Assassin’s Creed). I percorsi e i livelli sono studiati per offrire a Zoe diversi punti di copertura dal quale osservare le routine nemiche e scegliere il percorso ottimale da prendere così da non incorrere nello sguardo indiscreto dei robot e – dove possibile – effettuare eliminazioni silenziose che non allerteranno i nemici vicini.

Nel caso in cui però dovesse accadere di venire scoperti comincerà una fase di allerta che sarà possibile affrontare in due modi: a muso duro, tentando di far piazza pulita dei nemici che ci si butteranno addosso; tentando di allontanarsi e passare in una fase di ricerca e poi al successivo ritorno alla normalità. In questo secondo caso, i robot avversari modificheranno leggermente i loro abituali percorsi di pattuglia tentando di coprire un’area più ampia e più velocemente. Insomma, chi abbia giocato un qualsiasi capitolo di Metal Gear Solid non avrà difficoltà a rendersi conto della somiglianza.

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Progressione continua

Procedendo nel corso della storia sarà possibile sbloccare alcune abilità per Zoe e ampliare l’arsenale di Koby. Il droide, ad esempio, potrà fornirci ulteriore supporto mediante l’utilizzo di mine e proiettili in grado di infliggere danni ad area o di preparare alcune aree “glitch” (speciali superfici dove Zoe resterà invisibile alla vista se accovacciata). Zoe, invece, potrà contare sulla possibilità di ricaricare la propria barra di energia in caso di perfect dodge o di infliggere danni pesanti più rapidamente. Per sbloccare suddetti upgrade bisognerà tenere d’occhio due fattori: il primo, raccogliere abbastanza punti glitch (ottenibili eliminando più nemici); il secondo, completare sfide specifiche come l’eliminazione di un certo numero di nemici senza allertarli, eseguire un tot numero di eliminazioni furtive in generale o raccogliere la giusta quantità di documenti nascosti.

Ogni avanzamento renderà certamente più facile il viaggio per giungere ai titoli di coda. In quel senso, a proposito, il gioco si struttura in blocchi a difficoltà crescente col primo pensato con tutta evidenza come metodo per insegnarci al meglio le meccaniche di base. Con l’avvicinarsi al finale poi incontreremo un piccolo picco dal quale nascerà la necessità di un impegno ulteriore e maggior sangue freddo. A tal proposito, avere a disposizione quanti più potenziamenti possibili si rivelerà un bel vantaggio sulle forze avversarie. In particolare, alcuni degli upgrade in campo furtività saranno il top da utilizzare in alcune fasi di infiltrazione. Riguardo i nemici, invece, questi sono potenzialmente abbattibili anche ricorrendo al solo armamentario di base dato che – e questo potrebbe essere non esattamente un pregio – la varietà delle loro caratteristiche risulta comunque limitata. Nota di meriTo: le animazioni d’attacco dei nemici risultano leggibili, eseguire un perfect dodge non è una missione impossibile.

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In conclusione: un bel salto in avanti

Nelle circa 15 ore impiegate per terminare il gioco – comprensive di numerosi retry in alcune fasi più complicate – si è notato come Storm in a Teacup abbia inserito nel progetto non solo tante piacevoli citazioni, ispirazioni e riferimenti, ma anche un buon impianto di base. Lo stealth funziona: osservare il path dei nemici, prendere il proprio tempo per scegliere la strategia di movimento giusta e tentare di evitare al massimo gli scontri frontali rappresentano la miscela corretta per ogni prodotto che voglia aderire a un genere mai fin troppo apprezzato.

A colpire è certamente l’environment di gioco con strutture titaniche che giganteggiano sulla protagonista e sui giocatori offrendo scorci sotto i quali sentirsi – in un primo momento – impotenti. Se invece volessimo individuare un difetto – o identificarlo come tale – potremmo puntare a una trama non del tutto originale, ma pur sempre aderente a canoni ormai stabiliti da parecchio in questo genere di produzioni. Pesa, invece, la mancanza di momenti più alti o che mettano maggiormente alla prova il giocatore. Nel complesso, dunque, la realizzazione risulta buona con pochissime sbavature che poco impienseriranno i videogiocatori alla ricerca di un prodotto sì convenzionale, ma non privo di sfida.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
7.5
steel-seed-lo-stealth-sci-fi-secondo-italia-recensione-ps5Storm in a Teacup si ripresenta sul mercato dopo una lunga pausa dal suo ultimo lavoro con una nuova IP puntando al genere action stealth. La base ludica è buona, ma la trama avrebbe certamente meritato un approfondimento ulteriore. Allo stesso modo, qualche scontro in più al posto dei vari inseguimenti avrebbe potuto essere fonte di ulteriore appagamento.