La nostra recensione di The Last of Us Part II Remastered, in uscita il 19 gennaio 2023.
Proprio come il primo capitolo, da poco tornato in gran spolvero su PlayStation 5 (QUI la nostra recensione di The Last of Us Part I), anche The Last of Us Part II si rimette a nuovo per l’uscita sulla console Sony di attuale generazione.
Due sono le strade per poter rivivere il viaggio di Ellie e Abbie con un aspetto visivo migliorato: acquistare “da zero” il gioco al prezzo di 49.99 euro, sia in versione fisica che digitale, oppure aggiornare la propria copia PS4 con l’esborso di soli 9.99 euro per l’aggiornamento.
A giustificare il prezzo dell’update, oltre all’ovvio miglioramento tecnico, ci sono pure due modalità di gioco secondarie e una buona quantità di materiale extra per approfondire la realizzazione del capolavoro di Naughty Dog.
La prima di queste modalità, sicuramente non per tutti, è la Free Play Guitar. Qui è possibile suonare la chitarra a piacimento, senza essere costretti a selezionare il capitolo specifico. Coi punti normalmente regalati dal gioco si possono anche variare il tipo di chitarra (e di sound) o il personaggio utilizzabile, tra i quali il modello 3d di Gustavo Santaolalla, compositore ufficiale della serie e premio Oscar per la colonna sonora di Brokeback Mountain.
Come detto non parliamo certo del pezzo forte della remastered, ma molti giocatori al tempo si sono parecchio appassionati a questa modalità, a quanto pare davvero ben fatta (scusate, non sono mai andato oltre al flauto della Honer alle medie e con dubbi risultati NdR), e siamo sicuri che apprezzeranno.
La seconda aggiunta invece, ben più sostanziosa, è Senza Ritorno, una sorta di roguelite che sfrutta a pieno lo straordinario gameplay action-stealth di The Last of Us Part II.
La prima scelta che dovremo fare è quella del personaggio da usare. Inizialmente sono disponibili solo Ellie e Abby, ma completando varie sfide si aggiungeranno al roster anche Dina, Jesse, Tommy, Joel, Lev, Yara, Mel e Manny. Tutti i personaggi hanno un loro specifico stile di gioco e un equipaggiamento iniziale differente. Pure i perk e le abilità sono diversi a seconda del personaggio utilizzato: Ellie per esempio è abbastanza equilibrata, Abby un carrarmato che predilige il combattimento in mischia e recupera vita uccidendo nemici in corpo a corpo, Lev ha dei vantaggi nell’utilizzo dell’arco e nello stealth, Dina nella creazione degli oggetti e così via.
Poi dovremo selezionare il livello di difficoltà, da cui dipenderà anche il moltiplicatore di punteggio alla fine di ogni round. Dopo infatti verremo gettati nella mischia per affrontare sei livelli casuali (tratti direttamente dalle mappe del gioco e modificate ad hoc) dove dovremo sopravvivere affrontando le orde nemiche con quello che troveremo in giro.
La base di gioco di Senza Ritorno è ovviamente la stessa della campagna, cioè un action con forti elementi di stealth e di survival dove ogni risorsa raccolta è utile per il crafting. Avevamo qualche dubbio sulla resa del gameplay di The Last of Us Part II in un contesto roguelite, soprattutto perchè il titolo di Naughty Dog è un gioco che ha un’intelligenza artificiale, un level design e un encounter design di livello assoluto, e infatti qualcosa si va a perdere con la semi-casualità. Era inevitabile, ma ciò non toglie che i combattimenti siano comunque soddisfacenti, a tratti esaltanti.
La varietà poi è garantita da tutte le variabili di gioco: dal tipo di mappa al tipo di nemico (WLF o Serafiti, Iene o Infetti), da alcuni modificatori casuali alla tipologia di scontro (in alcuni dovremo resistere una certa quantità di tempo, in altri ripulire l’area e così via, fino a una bossfight finale). Alle quali va aggiunta chiaramente anche la scelta iniziale del personaggio, che cambia nettamente lo stile di gioco da adoperare per ottenere buoni risultati.
La modalità nel complesso ci è piaciuta: il gameplay di The Last of Us Part II dopotutto è ancora ai vertici del videogioco, e la progressione è ben equilibrata e scandita da un sistema di sfide ed elementi sbloccabili intelligentemente calibrato. Verrebbe naturale fare un confronto con l’altra modalità roguelite recentemente aggiuntasi a un titolo PlayStation, cioè il Valhalla di God of War Ragnarok (QUI la recensione), ma Santa Monica era avvantaggiata da un gameplay che meglio si sposava già in partenza all’idea e da un contesto fantasy che ha permesso loro di integrarla alla narrazione, cosa che per Naughty Dog era assolutamente impossibile. Non facciamo dunque l’errore di sminuire Senza Ritorno solo perché Valhalla è migliore, insomma.
Per quel che riguarda il comparto extra sono da segnalare il commento audio all’intero gioco, a cura dei doppiatori principali (Ashley Johnson/Ellie, Laura Bailey/Abby, Troy Baker/Joel, Shannon Woodward/Dina) più Halley Gross (sceneggiatrice) e l’onnipresente Neil Druckmann. Il commento è interessante, anche se dal tono un po’ troppo celebrativo, quasi agiografico. Ma ci sono da dire due cose: primo che gli eventuali lati oscuri dello sviluppo non devono essere certo trattati in questo contesto; secondo che se non ci si celebra un po’ per aver realizzato un capolavoro assoluto come The Last of Us Part II allora quando lo si può fare?
L’altra aggiunta sono tre bozze di livelli poi scartati e non inseriti nel gioco. Il primo è ambientato a Jackson, proprio agli inizi dell’avventura; il secondo nelle fogne di Seattle e presenta una sorta di semplice enigma ambientale con lo scorrere dell’acqua come protagonista; il terzo riprende invece la scena di caccia al cervo del primo The Last of Us, ma con un cinghiale come preda.
Tutti e tre i livelli sono chiaramente incompleti, mancano animazioni, voci e quant’altro, ma sono accompagnati da dei commenti audio da parte dei designer incentrati sui motivi che hanno portato all’eliminazione. Davvero molto interessante andare a capire i perché dietro ad alcune scelte (spoiler: c’entrano praticamente sempre il ritmo e il ritorno in termini di investimento di tempo), vi consigliamo di giocarli. E ne avremmo voluti pure di più.
L’ultimo aspetto da analizzare è quello tecnico, e anche qui non possiamo lamentarci. Certo, il cambiamento in termini di resa visiva rispetto all’originale (specie se lo si era rigiocato su PS5 in retrocompatibilità) non è così netto, ma indubbiamente c’è. Lo si può notare principalmente nella maggiore qualità delle ombre e nei dettagli in lontananza, più che su quelli in primo piano.
Il framerate poi è sempre stabile: a 30fps nel caso si scelga la modalità qualità con rendering a 4k o a 60fps nel caso della modalità prestazioni, che renderizza il gioco a 1440p con upscaling a 4k. Presente pure una terza modalità con framerate sbloccato per i possessori di tv con VRR.
Al di là delle varie considerazioni sulla rimasterizzazione comunque The Last of Us Part II era già un titolo tecnicamente molti anni avanti rispetto al resto dei videogiochi, e ancora sa lasciare a bocca aperta. Di fatto, per molti aspetti (vedasi le animazioni facciali) non è ancora stato raggiunto nonostante i tre anni sul groppone.
In definitiva, The Last of Us Part II Remastered fa quello che deve fare: lima ulteriormente un gioco non ancora invecchiato di un solo attimo a livello tecnico e aggiunge al pacchetto alcuni extra e modalità graditissime a un prezzo più che abbordabile (ricordiamo: 9.99 euro per l’aggiornamento da PS4, 49.99 comprato nuovo).
Per ulteriori considerazioni sul gioco in sé invece vi rimandiamo alla recensione di tre anni fa (che trovate QUI in formato testo e QUI in video), dopotutto non è cambiato niente da allora. The Last of Us Part II era un gioco da 10 nel 2020 esattamente quanto lo è oggi.