Outlast: Whistleblower – la recensione

Outlast è stato una vera e propria sorpresa, al momento dell’uscita, pochi mesi fa. Il titolo sviluppato dai canadesi di Red Barrels è riuscito nel non facile intento di donare nuova linfa vitale a una tipologia di giochi ormai relegata in una nicchia di mercato e caratterizzata da pochi, importanti, esponenti. I raccapriccianti eventi del manicomio di Mount Massive hanno portato al team una fama più che meritata e proprio ora, tra l’uscita del deludente Daylight e quella (futura) di The Evil Within, arriva nelle case dei videogiocatori la prima espansione di Outlast, un DLC dal nome inquietante: Whistleblower.
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La prima cosa che colpisce di questa espansione è sicuramente l’atmosfera, ora molto più opprimente e ansiogena rispetto al passato.

Dal punto di vista narrativo, il titolo si colloca subito prima degli eventi raccontati nel gioco principale e ha come protagonista Waylon Park, un ingegnere informatico dipendente della Murkoff Corporation, che lavora proprio su quegli strani esperimenti di cui conosciamo bene l’esito. L’uomo è ossessionato dal senso di colpa, consapevole del contributo che sta dando alla fiera degli orrori messa in piedi dalla grande corporazione, e decide, quindi, di spifferare tutto alla stampa. Il suo piano purtroppo fallisce e nel giro di poco si ritrova segregato in una cella buia, vittima di quello stesso progetto che aveva contribuito a creare. Nonostante le premesse non si possano definire originali, la narrazione di questo prologo si conclude con una rivolta all’interno del manicomio e con Waylon che, finalmente libero, cerca di scappare una volta per tutte dall’ospedale psichiatrico.
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La prima cosa che colpisce di questa espansione è sicuramente l’atmosfera, ora molto più opprimente e ansiogena rispetto al passato: un level design estremamente complesso e un abuso delle zone d’ombra rendono la ricerca di una via di fuga quasi impossibile. Camere più grandi e con un maggior numero di accessi trasformano la mappa in un vero e proprio labirinto di cunicoli dai quali in ogni momento potrebbe emergere una minaccia. Queste nuove aree si mescolano perfettamente con gli ambienti già visti in Outlast (qui ovviamente riproposti) e creano un’atmosfera rinnovata, capace di trasmettere al giocatore in modo ancora più marcato il senso di disagio e precarietà.

Whistleblower mette in scena un orrore che per certi versi si differenzia da quello visto in Outlast, non perché sostanzialmente diverso, ma poiché legato a un’estetica gore dalle tinte quasi nostalgiche.

Se in passato per sfuggire agli abomini era sufficiente nascondersi nell’ombra e attendere in silenzio, in Whistleblower il gran numero di vicoli ciechi, stretti corridoi e condotti d’aria sgretola ogni certezza, minando profondamente il senso di orientamento del giocatore. Interessante inoltre la scelta di aggiungere un nebbioso ambiente all’aperto, piacevole variazione sul tema che smorza le due ore di pathos e oppressione di cui il DLC si compone.
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Com’era lecito aspettarsi, il comparto audio gioca ancora una volta un ruolo molto importante e, in questo senso, il lavoro svolto dagli sviluppatori è davvero ottimo: fruscii, ringhi e rumori sommessi, coadiuvati da una colonna sonora dosata con il contagocce, riescono ad accentuare il senso di inadeguatezza già trasmesso dalla componente visiva. Non mancano porte che sbattono e improvvisi crescendo della musica, ma questi “trucchetti” sono così ben gestiti nella frequenza da non essere mai percepiti come meri espedienti per mettere paura.
Al di là degli aspetti tecnici, infatti, Whistleblower mette in scena un orrore che per certi versi si differenzia da quello visto in Outlast, non perché sostanzialmente diverso, ma poiché legato a un’estetica gore dalle tinte quasi nostalgiche. Si ha la netta impressione, durante tutto lo svolgimento della trama, che le azioni raccapriccianti di cui si è testimoni non siano fini a se stesse ma il terribile sottoprodotto delle devianze umane. Più sangue, più violenza, più budella non trasformano il nuovo prodotto dei ragazzi di Red Barrels in uno splatter, bensì in un survival horror ancora più intimista. Non è un caso, a mio avviso, che la vittima prescelta per guidare il giocatore all’interno dell’incubo sia proprio uno dei suoi stessi artefici.
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Interessante la scelta di aggiungere un nebbioso ambiente all’aperto, piacevole variazione sul tema che smorza le due ore di pathos e oppressione di cui il DLC si compone.

Rimangono purtroppo alcuni dei principali difetti riscontrati già in Outlast: un’azione eccessivamente lineare alternata a uno script delle scene di maggior tensione non sempre realistico. Nulla che, però, riesca a intaccare il valore di base di questo Whistleblower, un’espansione di qualità nata in un momento della storia dei videogiochi in cui i DLC sono (troppo) spesso solo una strategia commerciale per spillare soldi ai giocatori.
Con questo titolo, Red Barrels ha voluto gettare una luce sugli avvenimenti accaduti nel manicomio poco prima delle indagini di Miles Upshur (futuro protagonista di Outlast) confezionando un prodotto di ottima qualità che, nelle due ore della sua durata, riesce a regalare momenti di puro terrore più di quanto abbiano mai fatto tanti altri giochi horror dediti alla filosofia spicciola del salto sulla sedia.